Capitolo 10 - Fraintendimenti e sentimenti

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Rosse sono divenute le mie lacrime,
E il mio vino è giunto a maturazione;
I miei occhi si dissetano con una bevanda
Che assomiglia a quella della coppa.


Phichit piangeva. Sembrava che non fosse in grado di fare altro da un'ora a quella parte. Yuuri in compenso aveva smesso di cercare di allontanarlo dalla sua stanza, dopo una decina di tentativi andati in fumo. Erano le dieci e la notte era appena iniziata, la strada verso l'alba, appena imboccata. Yuuri sospirò e si sedette sui cuscini, guardando fuori dalla finestra. Le stelle che puntellavano il cielo scuro gli ricordarono la notte che aveva passato alle terme con Victor. Scosse la testa ma l'immagine non svanì. Sentì una lacrima scivolare silenziosa sulla sua guancia destra.

"Secondo gli antichi, il viso di un uomo può essere diviso in due parti. La parte destra è quella 'femminile', ha i tratti morbidi, è dolce e delicata. La parte sinistra è invece quella maschile, caratterizzata da linee più marcate e decise. È per questo che, quando piangiamo, versiamo sempre la prima lacrima dall'occhio destro", aveva raccontato Victor.
"Non ci credo", aveva replicato Yuuri, perdendosi nelle iridi chiare di Victor. Il Re aveva sorriso e Yuuri aveva notato come quel semplice movimento si era spinto fino a coinvolgere i suoi occhi.
"Dovresti, perché è la verità".

Yuuri accennò un sorriso. Victor aveva ragione, la sua lacrima era scesa dall'occhio destro.
Si girò e vide che Phichit si era finalmente addormentato sul suo letto.
Yuuri non avrebbe chiuso occhio, quella notte. Sarebbe stata l'ultima, e non aveva intenzione di sprecarla così. Preferì lasciarsi andare alle sue ansie e alle sue angosce, fedeli compagne della sua vita.
Iniziò a riflettere sul suo comportamento e più ci pensava più si accorgeva che, forse, aveva esagerato. Era saltato subito alle conclusioni, senza nemmeno dare il beneficio del dubbio a Victor. Alla fine, era la sua parola contro quella di un soldato. E di Phichit, aggiunse una vocina nella sua testa. Yuuri si prese la testa fra le mani. Tutta quella situazione lo aveva travolto con la violenza di un macigno che rotola da una montagna. Non capiva come potesse essere successo. E ora avrebbe pagato per la sua sconsiderazione. L'idea di lasciare Phichit gli spezzava il cuore più di ogni altra. Avrebbe dovuto stare più attento, invece era stato egoista. In quel modo aveva condannato anche l'amico a una vita infelice. Si sentì ancora più in colpa.
E avrebbe lasciato Victor. Ma cosa andava a pensare? Alla fine non gli era sembrato affatto dispiaciuto di condannarlo a morte. O forse sì? Yuuri non lo sapeva con certezza. I ricordi si sfumavano e le risate si mescolavano ai pianti.
Yuuri sentì una morsa dolorosa al centro del petto. Qual era il vero motivo per cui aveva assalito Victor in quel modo? Non aveva il coraggio di dare una risposta decente a quella domanda. Ma la risposta c'era. Ed era enorme, grande almeno come una piramide, ma lui si ostinava a guardare la sabbia che la circondava, ignorando il monumento che si ergeva di fronte a lui. Yuuri era un esperto in quello. Ignorare i problemi. Ignorare ogni volta che in quel tempo passato a Palazzo aveva sentito il suo cuore battere più velocemente del normale, ignorare gli sguardi che si rincorrevano in sala mentre ballava e le sensazioni intense di quando sentiva le mani di Victor su di sé. Per non parlare della voglia di provarle ancora e ancora, fino ad esserne sopraffatto. Ignorare come il Re avesse continuato a dire che no, non era stato lui a ordinare quel massacro insensato. Ignorare la voce che nella sua testa continuava a ripetergli che Victor era innocente.
Yuuri singhiozzò. Perché il destino doveva essere così crudele con lui? Cosa aveva fatto di male? Si era innamorato di Victor. Si era innamorato del suo carnefice.
Si asciugò le lacrime. Ammetterlo non aveva più importanza se tanto di lì a qualche ora avrebbe avuto un cappio intorno al collo.
Si ricordò dell'ultimo desiderio e improvvisamente seppe cosa avrebbe chiesto. Avrebbe urlato davanti alla corte intera che lo amava. Se ci fosse stata anche solo una minuscola parte di umanità in quel Re, ogni volta che avesse pensato a lui si sarebbe sentito un po' in colpa. E quello gli bastava.

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