La meta può aspettarmi

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Avevo camminato per ore o almeno a me erano sembrate ore, il cielo però era ancora chiaro come se il tempo si fosse fermato, che cosa stupida! Esiste lo scorrere del tempo in questo posto oppure è tutto nella mia testa? Inconsciamente mi ero diretta verso le pozze, un luogo che frequentavo soprattutto d'estate e in cui non andavo da mesi ormai. Era un posto stupendo, incontaminato e tranquillo, era il mio paradiso terreste. Percorsi il sentiero lentamente con una strana sensazione allo stomaco, cercai di scacciare l'agitazione che mi stava assalendo. Avevo il diritto di godermi questi miei ultimi attimi sulla terra, sono morta troppo presto e non avevo concluso niente nella mia vita. Non mi accorsi nemmeno di essere giunta al capolinea, la prima pozza era davanti a me, calma con le sue acque fredde e limpide. Ma quella non era la mia meta, i miei occhi erano solo per le rocce, per quelle rocce che nascondevano una delle meraviglie del mondo.

"Mi perseguiti?" sbuffai, vedendo il piccoletto seduto sulla prima pietra.

Henry in risposta continuò a muovere le gambe sospese in aria, si stava godendo la tranquillità come avevo intenzione di fare anche io prima di vederlo. Mi avvicinai a lui e mi sedetti accanto.

"Scusami per prima" borbottai.

"Scuse accettate, perché siamo qua?"

"A dire il vero non so, volevo andare in un posto in cui mi sentissi in pace e mi sono ritrovata qua".

Henry annuì come se fosse tutto chiaro, io quando ero così piccola non ero così intelligente come lo era lui.

"Non ti mancano i tuoi genitori?" domandò d'un tratto lui.

"Certo che mi mancano. Vorrei abbracciarli e rassicurarli, chiedere scusa e..." mi fermai un attimo, capendo cos'era il nodo che provavo allo stomaco.

Sentivo la mancanza dei miei genitori, sentivo la mancanza dei miei amici, sentivo la mancanza di vivere.

"Anche a me mancano" mormorò lui.

Sorrisi dolcemente e lo strinsi in un abbraccio, mi ero dimenticata completamente che era solo un bambino costretto a subire i miei attacchi.

"Pace fatta?" mi domandò, guardandomi di sottecchi.

"Pace fatta" risposi.

"Allora continuiamo il gioco?"

No! Avrei voluto urlare ma mi morsi la lingua in tempo, dovevo calibrare le mie parole per non ferirlo.

"Quanto ho perso?"

Davanti alla sua espressione sbigottita domandai: "Quanto del mio passato è stato cancellato?"

Henry esitò un attimo, sembrava che stesse riflettendo ma io ormai sapevo che quello sguardo stava a indicare che mi stava nascondendo qualcosa.

"Henry..."

"Abbastanza, non so dirti quanto precisamente ma molte cose sono state cancellate sia dai tuoi ricordi che da quelli di chi ti conosceva" rispose lui, sospirando.

Mi alzai in piedi e guardai verso la mia meta, dovevo raggiungere la cima, aprire le braccia e sentire la brezza sfiorarmi il viso.

"Okay, finiamo questa partita" sussurrai involontariamente.

La meta poteva ancora aspettarmi.
Henry tirò da non so dove la famosa tavola del gioco, le figure erano posizionate come all'ultima sua mossa.

"Qual è l'obiettivo di questo gioco, Henry?"

"Sta a te decidere Sarah, cosa sei disposta a perdere per vivere?"

Avrei fatto tutto il possibile per vivere di nuovo, ma sapevo che era impossibile. Sicuramente non era quello che intendeva Henry e allora che significato avevano le sue parole? Perché doveva essere tutto così contorto? Sospirai lentamente sfiorando il cavallo.

L'acqua mi circondava, ci misi un po' per capire di essere tra le profonde acque della pozza. Guardai il mio volto, ci stavamo fissando a vicenda ma ero certa che lei non poteva vedermi, ad un tratto chiuse gli occhi.


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