La festa di Joyce (parte 1)

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Il bacio di Alex era una cosa che avrei voluto ricordarmi prima di morire, valeva la pena provare quel brivido di sentirsi viva quando lo ero veramente. 

"Ho un rimpianto" mormorai.

Nello stesso attimo in cui lo dissi, la frase "Nessun rimpianto" scomparve dalla scacchiera. Sbattei gli occhi davanti a quella meraviglia, sfiorai il legno duro e sentii una lieve imperfezione, una piccola cicatrice indelebile. Distolsi lo sguardo e lo immersi in quegli occhi neri impassibili, speravo di leggere una risposta a quello che era accaduto, ma notai solo un luccichio di sofferenza.

"Cosa significa?" domandai lentamente, temendo di scoprire il motivo dell'accaduto.

"Sei una persona normale con rimpianti, come tutti".

Non potei fare a meno di notare il tono di accusa, mi stava nascondendo qualcosa. Henry non sembrava felice, anzi avevo l'impressione che la cosa gli desse fastidio.

"Henry...".

"Penso che non sia l'unico rimpianto della tua vita, c'è qualcos'altro che turba la tua anima inquieta, qualcosa che non hai detto mai a nessuno perché ti facevi schifo da sola. Sapevi di avere sbagliato, lo sapevi ancora prima di commettere quell'errore eppure non hai fatto nulla, hai lasciato scorrere tutto".

Le sue parole suonarono duramente, c'era rabbia e qualcos'altro che non riuscii a distinguere. La sua frase arrivò come uno schiaffo, improvviso e doloroso, era l'ultima cosa che mi aspettavo da Henry.

"Non puoi dirlo seriamente..." iniziai, ma fui subito interrotta.

"Certo che posso, Sarah. Tu sai bene che quello che ti sto dicendo è la verità, tu ti meritavi di morire. L'hai detto tu stessa, ti era indifferente se vivere o morire. Vivevi passivamente, non hai mai lottato per la vita, non sai nemmeno cosa vuol dire".

Henry si alzò in piedi e mi fissò con intensità, il suo labbro tremava mentre i suoi occhi avevano uno strano scintillio, era l'ultima persona da cui mi sarei aspettata un discorso del genere. Volevo smentire ciò che aveva detto, volevo dirgli che per me tutto quello che facevo aveva un significato, ma non era vero. A me non importava di nessuno, nemmeno di me stessa. O almeno lo pensavo, ora non ero più sicura che fosse così. Non avevo ancora trovato un motivo per cui lottare, per cui vivere, ma sapevo con certezza che per me era importante lasciare qualcosa alle persone che mi hanno voluta bene, questo poteva significare solo una cosa: mi importava di loro. Come mi importava di Henry, non volevo ferirlo o deluderlo. C'era qualcosa che ci legava e non volevo che quel qualcosa si spezzasse, mi stavo aggrappando a quella certezza come a un salvagente. 

"Mi dispiace Henry, davvero, ma non riesco. Lo so che a te sembra tutto così chiaro, limpido, facile eppure io vedo solo nero dove tu mi indichi lo spiraglio di luce. Vorrei davvero essere la ragazza dolce, altruista e perfetta, ma quando provo ad esserlo mi rendo conto di fingere, di essere qualcuno che non sono. E' assurdo, lo so, però è così. Io non sono la coraggiosa Sarah Flex, io sono... Non lo so nemmeno io chi sono in realtà e questo mi fa paura. Sì, Henry, io ho paura".

Ce l'avevo fatta a dirlo e, prima che lui potesse replicare, divorai il suo cavallo bianco con il mio alfiere. Sapevo cosa dovevo fare, c'era una vita da cambiare e, per la prima volta, non era la mia.

Osservai il giardino pieno di adolescenti, il rimbombo della musica era frastornante. Attraversai la strada e mi immersi in mezzo alla folla, in cerca di me stessa. Non ci misi molto a trovarmi, ero in mezzo alla pista a ballare con Chris. Mi soffermai ad osservare il vestito nero che mi lasciava le spalle scoperte e arrivava a malapena a metà coscia.

Quella non ero io, ora lo sapevo.

Stavo ridendo mentre lui mi sfiorava i fianchi, il braccio, le labbra. Le emozioni che avevo provato in quel momento non erano paragonabili a quelle che avevo vissuto mentre Alex mi baciava, ma allora non lo sapevo. Sentivo il cuore battere, mentre l'alcol scorreva nel mio sangue, caricandomi di sentimenti contrastanti. Volevo di più, volevo sentirmi viva.
Ero così concentrata sui miei movimenti che non mi accorsi nemmeno di Maggie e Sebastian. Osservai quest'ultimo, indossava una camicia bianca che fasciava il suo fisico da atleta e un paio di jeans neri. Stava sussurrando qualcosa all'orecchio di Maggie, indicando me e Chris che ballavamo. Dal suo sguardo malizioso mi immaginai cosa avesse potuto dirle.
Maggie si sporse per stampargli un bacio sulle labbra, lui l'avvolse tra le sue possenti braccia e fu allora che distolsi lo sguardo. Erano bellissimi insieme e li invidiavo tanto.
Sarah si accorse di loro, spintonò scherzosamente Chris e  insieme si avvicinarono alla coppietta innamorata. Mi avvicinai anche io, volevo sentire le loro voci, non riuscivo ad essere sazia dei ricordi.

"Sei stupenda, Sarah" mormorò Maggie.

Lei fece una lenta giravolta su se stessa. Ero davvero carina quella sera, forse un po' volgare, ma perfettamente a mio agio. 

"Mi gira la testa e ho voglia di ballare" urlò Sarah, scoppiando a ridere.

"Amico dovevi tenerla d'occhio, non ubriacarla" commentò Sebastian, tirando una pacca a Chris.

I loro sguardi dicevano più delle loro parole, ma Sarah non si accorgeva di nulla. In quel momento non stavo pensando a nulla, solo a divertirmi e godermi la serata. Sentii lo stomaco stringersi in una stretta quando vidi Alex entrare in casa. Non ero andata a salutarlo, non ero nemmeno certa di averci parlato quella sera.

"Dai ubriacona, andiamo a divertirci".

Maggie l'aveva afferrata, spingendola in mezzo alla folla. Le osservai divertita, se non fosse per quella festa loro sarebbero state ancora amiche, o forse no. Maggie era l'unica vera amica che avessi avuto nella mia vita, l'unica persona a cui avevo aperto il cuore, prima di decidere di spezzare il suo. 

"Maggie non mi sento bene".

Sarah si fermò, impallidendo.

"La accompagno in bagno".

Sebastian si era offerto gentilmente, nonostante le sue battute perverse a doppi sensi era un ragazzo gentile, sempre pronto ad aiutare. E soprattutto sapeva quanto Maggie odiasse l'odore del vomito.

"Okay, io vado a prepararle un caffè".

Vidi Maggie allontanarsi seguita da Chris. Perché Chris non si era offerto di aiutarmi? Ah già, io non volevo che lui mi vedesse in quelle condizioni. Sebastian invece poteva, non era la prima volta che mi avrebbe tenuto i capelli mentre vomito l'anima in un water. 
Mi morsi il labbro, a cosa mi ero ridotta quell'estate? Volevo essere come tutte le adolescenti, volevo prendermi una sbronza, non ricordare più nulla, non provare più nulla. Volevo ballare fino a sentire i piedi doloranti in quelle scarpe scomode. 

"Attenta Sarah, non puoi vomitare addosso alle persone".

Lo disse con fermezza, mentre mi sosteneva e mi accompagnava in bagno.

"Mi dispiace Seb. Ti dovrò un caffè" borbottò.

"Siamo arrivati a cinque caffè, prima o poi li esigerò tutti".

Sarah sorrise. Entrai con loro nel bagno e mi osservai mentre mi chinavo sul water e rimettevo. Sebastian chiuse la porta per garantirmi la privacy e riempì un bicchiere con l'acqua. 
Si sedette accanto a lei e le raccolse i capelli in una lunga treccia. Sarah vomitò nuovamente, la gola le ardeva spiacevolmente.

"Tieni, principessina, bevi un sorso".

Lei obbedì. Bevve un sorso e poi appoggiò il bicchiere per terra, scivolò sul pavimento e si mise di fronte a Sebastian. Poi, d'un tratto, scoppiò a ridere. Era tutto così assurdo nella sua, mia, testa.

"Perché ti riduci così, Sarah? Cosa fuggi?"

Lei scosse la testa e non rispose, non avrebbe permesso a nessuno di placare il caos che c'era in lei. 
Feci un passo verso di loro, mi ricordavo vagamente la scena eppure sapevo cos'era successo in quel bagno. 
Sebastian si sporse verso di lei, per toglierle una ciocca di capelli che si era incollata al suo volto. Sarah non fiatò, la sua vicinanza la destabilizzava. Lo lasciò fare, guardando quegli occhi marroni sempre sorridenti. Avrebbe voluto essere come lui, fregarsene di tutto, ma non ci riusciva. Sebastian non si allontanò, appoggiò le labbra sulle sue in un bacio disperato e pieno di desiderio. Lei non lo rispinse. Le sue esili braccia circondarono il suo collo, si spinsero tra i suoi capelli scuri, affamati di contatto. Lui l'attirò verso di sé, facendo collidere i loro corpi.

<<Sarah, pensa a Maggie. Sarah, ti prego non farlo. Non te lo perdonerai mai>>.

Era sbagliato, io e Sebastian stavamo commettendo un errore imperdonabile. Le nostre labbra non avrebbero nemmeno mai dovuto sfiorarsi. Stavo tradendo Maggie, stavo tradendo la nostra amicizia.






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