Capitolo 4

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Mi aiuto' a prendere i cocci di porcellana da terra e a gettarli nella pattumiera

Il cancello del condominio lo avevano ormai chiusto visto l'orario.

Mi aveva chiesto gentilmente se poteva restare a dormire per la notte ed io, sbigottita dalla richiesta, acconsentii.

Aveva insistito all'idea che lo lasciassi dormire sul divano e non nel mio letto, ma sembrava scortese da parte mia lasciarlo dormire su un piccolo divano scomodo.

«Ally, sul serio, non è scomodo. Starò benissimo e il calore del camino mi terra' al caldo» insinstette ancora

«Sicuro? Perchè durante la notte puoi anche venire in camera e buttarmi dal letto» scherzai

«Lo farò, se questo ti zittisce, lo farò» ridacchio' mentre sistemava le coperte sul divanetto giallo.

«Ehi!» Lo colpii sulla spalla giocosamente facendo il broncio.

Alzo' le mani in segno di resa e scosse la tesa ridendo

«Và a letto Ally, è tardi»

Eseguii la sua richiesta annuendo e diressi in camera.

Quando arrivai sospirai profondamente sedendomi al bordo del letto.

Ragazzi, che serata!

Ero andata completamente fuori di testa, avevo rotto di tutto, mi ero ferita da sola, avevo pianto per la miliomesima volta e chi si presenta fuori la finestra?

Louis sotto le vesti di un angelo che mi rassicura e consola dolcemente.

Il suo tocco delicato sul mio viso, il suo petto caldo e le sue forti mani che cingendo la mia vita mi avevano fatto svolazzare le farfalle nello stomaco mi fecero sorridere timida come non mai

Era tutto vero? Era davvero qui disposto ad aiutarmi?

E se non l'avessi mai incontrato?

Se non si fosse presentato nel momento in cui la mia parte buia stava prendendo il sopravvento?

In questo caso dovevo ritenermi fortunata ad avere al mio fianco un ragazzo deciso a salvarmi anzichè scappare spaventato a gambe elevate.

Poggiai la testa sul cuscino e coprii il mio piccolo corpo con un pesante piumone.

Guardai istintivamente il soffitto con le mani unite al petto.

«Papa' se questa è una benedizione, allora per favore rendimi felice» sussurai chiudendo gli occhi sperando che la mia supplica potesse essere ascoltata.

*

Erano le tre e mezza ed io mi ritrovavo a camminare per la stanza avanti e indietro, con gli occhi sbarrati e le mani strette alle radici dei capelli.

Il mio cuore per poco non usciva dal mio petto quando l'incubo che avevo fatto prese posto davanti ai miei occhi.

Macchine schiantate, nuvole grigie, e una mano che debolmente cadeva a terra priva di forza.

Persone che urlavano con tutta la forza che avevano in corpo, altre che piangevano silenziosamente.

Stavo rivivendo l'incidente di mio padre e lacrime non fecero che cascare velocemente lungo le mie guance.

Non riuscii a fermare un singhiozzo che uscii dalle mie labbra dal momento che misi una mano sulle bocca.

Mi accasciai a terra, in un angolo freddo della stanza mentre con forza stringevo le mie gambe al petto, supplicando i miei incubi a sparire per sempre.

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