Arrivai a casa, spinsi con forza la bici nel garage sul retro contro le altre bici facendole cadere tutte; ignorai il disordine che avevo creato e ritornai sul davanti della casa camminando in fretta e furia.
Mia mamma doveva avermi sentita sbattere la porta del garage perché quando arrivai davanti alla porta vidi che era socchiusa. Entrai e salutai, mio fratello rispose pigramente, probabilmente si era svegliato da poco, mentre dei miei genitori non c'era traccia.
«Dov'è la mamma?» chiesi a Michele.
«A fare la spesa con papà.» mi rispose lui aprendo gli occhi.
«Ah, ok.»
«Tutto bene? Sei bianca come un cadavere!»
«Sí, sí sto bene!» sbottai con troppa foga, o per meglio dire rabbia. Sí ero arrabbiata, perché la verità mi era stata sbattuta in faccia e io non l'accettavo, faceva troppo male.
Non riuscivo a capacitarmi come questo fosse possibile, come io potessi essere...diversa.
Mi chiedevo se ero davvero cambiata, perché dovevo esserlo per aver attirato l'attenzione degli asgardiani. Ma io mi sentivo diversa? Potevo ancora considerarmi umana?Si lo ero, e lo avrei dimostrato a me stessa. Non importava quali prove avrei dovuto superare, non avrei lasciato a niente e nessuno di cambiarmi, di rendermi una schiava del mio stesso potere o una super eroina troppo indaffarata a salvare il mondo da dimenticare chi fossi; avrei fatto di tutto per non dimenticare chi ero davvero, qual era il mio vero io e dove si trovasse la mia casa.
Certo, potrei percorrere da sola questo percorso, ma non dovrei mai dimenticare il punto di partenza: la mia famiglia, il luogo in cui sono nata e cresciuta, perché è lì che ho conosciuto me stessa la prima volta e che sono cresciuta, ricevendo l'amore dei miei genitori e il sostegno di mio fratello, perché è lì che ho potuto incontrare i miei eroi, coloro che mi hanno insegnato il valore della vita e quello dell'amicizia, che mi hanno insegnato a non arrendermi mai e a lottare sempre per quello che credo sia giusto e a difendere chi ne ha bisogno.
Ma ancora non riesco a capacitarmi del fatto di essere diventata una persona fuori dal comune. "Cosa sono io?"
«Isterica. Ma che hai oggi?» domandò mio fratello facendomi scendere dal mondo delle nuvole dove mi ero persa riflettendo su me stessa e su chi sarei stata.
Roteai gli occhi alla sua affermazione e mi diressi in camera mia chiudendo la porta, isolandomi da tutto il resto nel mio piccolo rifugio, la mia area off-limits, l'unico posto dove potevo isolarmi dal mondo che c'è là fuori, dove potevo essere me stessa e non ciò che gli altri volevano vedere, semplicemente me.
Mi sedetti sul letto e mi rannicchiai avvicinando le gambe al petto e stringendole con le braccia; abbassai la testa appoggiandola sulle ginocchia, lasciando finalmente scendere lacrime amare sul mio viso. Mi sentivo imbrogliata, intrappolata in un mondo finto, una mera illusione; mi sentivo distrutta, debole, vulnerabile al punto da poter essere ferita dal solo tocco di una piuma.
«Cazzo! Cazzo! Cazzo!» urlai prendendomi la testa fra le mani e tirandomi i capelli come per sfogarmi facendomi male.
Ero a pezzi, mi sentivo come se il mondo mi fosse crollato addosso, come se una tempesta stesse infuriando dentro di me e non riuscissi a placarla. A cosa avrei dovuto credere ora? Era tutto finto, tutto solo un'illusione, una bugia? E a che scopo poi?
Sentii il campanello suonare e poi il rumore di passi e della porta che si apriva. "Saranno tornati mamma e papà. Che palle! Ora mi toccherá mettere via la spesa e mi vedranno ridotta in questo stato. Che merda la mia vita. Oggi è proprio un giorno di merda, da dimenticare."
STAI LEGGENDO
Marvel: AVATAR - La custode dell'universo TEMPORANEAMENTE SOSPESA
FanfictionIlaria è una ragazza normale che vive a Verona con la sua famiglia. A differenza delle sue compagne di classe non le importa niente dei trucchi e dei vestiti, perché il suo unico interesse sono i film sui supereroi. Già, è una nerd. Quello che però...