Capitolo 7 - Parte 1/2

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Senza neanche guardare dietro di me, vedendo la porta quasi al punto di chiudersi e scomparire davanti ai miei occhi. Tentai di allungare la mano per ributtarmi nuovamente dentro: "No! Eiron".

Per quanto ci provassi quelle braccia continuarono a bloccarmi. Guardai dietro di me, vedendo con sorpresa mio fratello Zack. Portando le mie mani sulle sue braccia che mi tenevano bloccato a lui, dissi allarmato: "No! Lasciami Zack, devo andare! Lasciami, subito".

"Calmati Alastair. Sei impazzito? Dove credi di andare in queste condizioni e da solo?"

"Non mi importa, devo salvare Eiron, subito!" Dissi angosciato.

"Come pensi di fare con quei due? Non hai visto quanto sono potenti? Non puoi niente contro di loro, figurati io. Abbiamo bisogno di un aiuto più potente. Quindi prima dobbiamo pianificare qualcosa di concreto e poi andremo a salvarlo".

Ribellandomi a lui: "No! Non posso aspettare così tanto. Lasciami andare!"

Vedendo la mia insistenza Zack, con forza tentò di trascinarmi il più lontano possibile da quella porta, per poi farmi mettere con la schiena rivolta sul prato con una delle sue mani poggiate sul mio petto cercando di bloccarmi a terra e l'altra sul mio polso destro in modo da tenermi fermo.

In seguito, guardandomi con preoccupazione: "Non ci penso neanche di lasciarti andare così, senza avere la speranza di rivederti. Ti aiuterò a salvare Eiron, ma con una tattica, non così alla cavolo. Hai capito bene?!"

"E come pensi di poter riaprire quella porta? Non ho altra scelta se non andare adesso! Quindi lasciami subito". Pronunciai quelle parole con così affanno, mi sentivo come svenire, cosa mi stava succedendo? Poteva essere l'effetto di qualcosa che avevano fatto a Eiron?

Respirando affannosamente portai la mia mano sinistra sulla mia fronte sentendomi in un certo senso stordito. Osservando gli occhi di Zack, notai quanto si fosse accorto del mio malessere e soprattutto del mio silenzio innaturale.

Alleggerendo la prese su di me: "Ehi, stai bene Alastair?"

Non risposi a quella domanda, i miei occhi in poco tempo si ombrarono e senza poter sentire o vedere altro le mie forze mi abbandonarono, dandomi il modo di non reagire più, insieme ai miei occhi che si chiusero facendomi rimanere inerme a qualsiasi cosa.

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Me ne stavo nella mia cameretta dell'orfanotrofio a scrivere sulla mia fatina che stava raccogliendo un mazzo di fiori nel giardinetto di quella piccola casetta dove aveva incontrato quel ragazzo come lei. Prese quelli più belli e profumati, per poi portarli all'interno per rivedere quell'ometto che le aveva fatto battere il cuore. Era proprio così, ogni volta che lei lo vedeva non faceva altro che imbarazzarsi e sentirsi il cuore battere a mille, era per caso il momento giusto per definire quel sentimento come amore?

Distaccai un attimo i miei occhi dal quaderno, guardando fuori dalla finestra. In quel momento si illuminarono vedendo Aishia venuta a trovarmi all'orfanotrofio, ormai sapeva che vivevo lì e che poteva venire da me quando voleva, naturalmente senza farsi notare da nessuno. La vidi chiamarmi chiamarmi con la mano, cercando di farmi capire di scendere per andare da lei.

Visto che era pomeriggio e tutti i bambini stavano dormendo, tranne me. Mi diressi verso la porta della camera, cercando di non farmi vedere dalle due signore che si curavano di noi bambini. E senza neanche far rumore mi diressi con passo veloce verso il cortile dell'edificio. Per poi correre dal cancello d'entrata. Al di fuori c'era Aishia che mi stava aspettando sorridente e allo stesso tempo preoccupati che qualcuno potesse beccarci in flagrante per il mio allontanamento.

La tigre alataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora