campania, Napoli: un fantasma nel castello

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Il Castello di Castellammare: fantasmi napoletani

Si dovrebbe dire 'Castellamare di Stabia', ma la dizione napoletana porta tutto al raddoppiamento e ad una simpatica e giocosa esagerazione.

Per questo il bel paese della provincia partenopea che si protende sul blu del Tirreno viene chiamato in realtà Castellammare.

Vicino al lido è la fortezza, con la sua gran torre rotonda, difficile da espugnare.

La rocca di Castellammare fu a lungo inutilmente assediata, a metà del Quattrocento, durante il regno di Ferrante I d'Aragona, al tempo della 'Congiura dei Baroni'.

Il corteggiamento di un cavaliere nemico aprì un varco nel cuore di una castellana e una breccia tra le mura del Castello. L'amore riuscì a fare quel che le macchine da guerra non erano riuscite a fare.

Di notte la donna, non bella ma follemente innamorata, spalancò le porte all'esercito avversario, andando incontro al suo promesso sposo.

Subito dopo scoprì che il bel cavaliere si era solo servito di lei, per le ragioni della guerra.

La fortezza era stata espugnata e la castellana veniva accusata di tradimento dai difensori del maniero, mentre l'uomo dei suoi desideri rifiutava le profferte della donna.

Non le restò che uccidersi, per poi vagare in forma spettrale tra le mura del Castello.

La si vede ancora e la si sente in particolare in un salone, con il soffio della sofferenza e del senso di colpa.

Ma nel tragico c'è sempre un piccolo spazio per il comico, a Napoli specialmente.

Fa tristezza, ma anche un po' fa ridere l'immagine della donna piantata all'ultimo momento. Nella tradizione popolare e nei proverbi c'è spesso l'allusione scherzosa alla 'zita della rocca', una donna brutta da cui l'uomo fugge, all'ultimo momento.

Del suo sogno impossibile, a Castellammare, ride la stessa 'zita della rocca', perché il fantasma si tormenta, ma poi sghignazza, di sè e degli altri. Con un riso beffardo spaventa d'improvviso gli uomini in visita turistica al Castello e si vendica con loro.

E' forse la stessa risata con cui la disincantata Napoli si difende dalle lusinghe e dalle esagerazioni dell'amore.

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