Fatine del cuore

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Domnika si svegliò di soprassalto, il vetro umido e freddo premuto sulla guancia scivolò sulla sua pelle. La jeep filava solitaria lungo una strada dissestata, non molto lontana dalla statale di Skotlotsk.

<<Hey tesoro! Ci siamo quasi!>> disse sua madre dal sedile anteriore, una bionda signora sulla quarantina. Domnika sbirciò fuori dal finestrino, scorgendo enormi esemplari di abete rosso che si estendevano a perdita d'occhio lungo tutta la strada, lasciando filtrare la costante luce della breve estate boreale.

La jeep attraversò una bella radura fiorita ed arrivò di fronte ad una graziosa casetta di legno, circondata dal verde della taiga. Era da molto che Domnika sognava di trascorrere lì le vacanze estive, ma a causa degli impegni lavorativi dei genitori dovette aspettare fino ad allora. Fu però un'attesa molto premiata, era persino il suo decimo compleanno, e non avrebbe sognato modo migliore per festeggiare, se non correndo tra le foreste e le corolle in fiore piene di farfalle multicolore.

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Nonostante qualche asse scricchiolante, la casa era comunque in buone condizioni: i Volkov erano piuttosto facoltosi, ed avevano già provveduto ad inviare sul posto una governante e un'impresa di pulizie.

Domnika sistemò le cose nella sua stanza, si spazzolò i lunghi capelli biondi e scese nel grazioso soggiorno affacciato sulla taiga, dove fece merenda con pane e marmellata di mirtilli.

<<Mamma!>> disse la bambina con la bocca imbrattata di marmellata: <<Raccontami ancora delle fate!>> <<Tesoro, conosci a memoria quella storia!>> rispose sorridendo la donna <<Non ti verrà a noia a furia di ascoltarla?>> <<Eh dai...>> insistette Domnika <<...Ti prego!>> <<Ok, d'accordo...>> cedette la donna <<...E' successo più o meno quando avevo la tua età, in un tratto di bosco non lontano da qui. Io e zia Aleksandra, quando ancora stava bene , giocavamo ogni estate tra questi prati e questi boschi. Quel giorno stavamo giocando con la palla, quando mi parve di intravedere uno sbatter d'ali, simile ad una libellula, ma più grande! Seguii la direzione in cui mi parve che fosse andato a finire.... ....ed in fine le vidi! Piccole e graziose donnine grandi al massimo quanto un merlo!>> Domnika sospirò di gioia e sorrise, sua madre le aveva sempre raccontato quella storia, fin da quando era molto piccola, anche per questo motivo Domnika era molto felice di trovarsi in quel luogo magico.

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Eleganti insetti ronzavano attorno alle grandi margherite e alle campanule viola della radura, mentre Domnika avanzava a passo gioioso verso il verde di una foresta di larici e abeti rossi. Aveva già un'idea chiara di dove andare, una volta imboccato il sentiero nella selva: "Se sarai fortunata anche tu potrai vederle!" le aveva detto sua madre.

Costeggiò per una decina di minuti un bel ruscello dalle acque limpidissime, all'ombra delle chiome delle grandi conifere. Si chinò ad un tratto per raccogliere alcune fragoline dall'aspetto delizioso ed alcuni graziosi fiori di bosco, con l'intento di fabbricare una coroncina. D'improvviso però, uno strano ronzio la fece sussultare, facendole rialzare immediatamente lo sguardo. La bambina vide solo una figura fugace, ma ciò bastò a riempirle il cuore di gioia, e le diede la carica necessaria a voler scoprire il mistero. Cautamente, seguì la direzione verso cui la presunta fatina si era dileguata, camminò silenziosamente tra cespugli di bacche, scrutando dietro i tronchi degli alberi in cerca di ciò che stava cercando.

Udì il cuore batterle forte dall'emozione, ma fu una sensazione molto strana in realtà, nonostante non stesse più nella pelle dalla gioia, appoggiandosi la mano sul cuore si rese conto che non batteva poi così forte. Non ebbe però modo di pensare ad altro: giusto una decina di metri di fronte a lei, una piccola donnina alata e rosa vestita, planò elegantemente, probabilmente per atterrare qualche metro più avanti, dietro ad un cespuglio di bacche rosse.

Domnika, tutta eccitata, seguì la fatina nella vegetazione. Ma quando svoltò l'angolo, si trovò di fronte una scena raccapricciante: una specie di piccolo altare, in mezzo a due grossi abeti, cosparso qua e la di strani ammassi gelatinosi e insanguinati, alcuni dei quali in putrefazione, mentre altri parevano muoversi. Ma niente fu così terribile, come ciò che accadde un istante dopo....

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Quando Domnika rientrò a casa, erano ormai le undici di sera passate, anche se a giudicare dalla luce del sole avrebbero potuto benissimo essere le tre del pomeriggio.

La bambina si sbatté la porta alle spalle, richiamando l'attenzione dei genitori: <<Oh! Ti sei decisa a tornare finalmente!>> sbottò suo padre affacciandosi dal soggiorno, un omone dall'aria severa: <<Si può sapere dove ti eri cacciata?>> <<Dai Denis...>> si intromise sua madre <<...non sgridarla così! E' la prima volta che esce da queste parti! E poi è estate, lascia che si diverta un po'! In questa parte di foresta non ci sono né lupi, né orsi, né tigri! Cosa mai potrebbe capitarle?>> poi rivolgendosi direttamente alla bambina: <<Ti sei divertita tesoro?>>

Domnika squadrò un istante i suoi genitori, poi si avvicinò a loro, e con tono arrogante e spocchioso disse: <<Andate a quel paese! Voi insieme a tutti gli altri! E al diavolo la vostra foresta!>> i suoi genitori si impietrirono, era la prima volta che Domnika pronunciava frasi tanto sgradevoli. Preso dall'ira, suo padre le mollò un manrovescio in viso. Domnika rise di cuore e scappò in cucina, dove si mise a spaccare piatti e bicchieri senza apparente motivo.

<<Tesoro! Smettila! Quelli erano i piatti della nonna!>> strillò sua madre con le lacrime agli occhi, mentre la bambina scaraventava contro la parete una pila di piatti finemente decorati: <<Lo so!>> rispose lei con un sorriso smagliante, continuando a spaccare stoviglie per tutta la stanza: <<Basta!>> tuonò suo padre, assestandole un altro ceffone <<Sei una bambina senza cuore!>>

Domnika rise ancora più intensamente, poi, d'un tratto, parve perdere i sensi e si accasciò sul pavimento.

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Inutili furono i soccorsi. Quando si accorsero che Domnika non respirava più, i genitori chiamarono immediatamente un elisoccorso, unico modo per raggiungere abbastanza in fretta l'ospedale più vicino. Ma nemmeno se l'ospedale si fosse trovato ad un passo dalla casa, la bambina avrebbe potuto avere qualche speranza.

L'orrore che pervase gli occhi del medico fu qualcosa che il padre di Domnika non dimenticò mai. Quando il dottore convocò i Volkov, impiegò molto tempo prima di svelare loro ciò che aveva scoperto dall'autopsia. Sembrava impossibile, ma la bambina non aveva più il cuore.

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Ripresi un poco dallo shock, i Volkov decisero di farsi riportare nella casa per riposare un po'. Era tutta la notte che non chiudevano occhio, o forse anche tutto il giorno?! Beh, non era facile da stabilire, ma era certo che avessero bisogno di riposarsi e di stare da soli.

Seguì un lungo e indefinito periodo di silenzio, né Denis né Svetlana osarono parlare di ciò che era successo.

Il silenzio durò per ore ed ore, forse giorni: in casa Volkov lo scorrere del tempo era ormai un dettaglio irrilevante. Fino a che il cellulare di Denis non squillò...

Mentre ascoltava, Denis sgranò gli occhi ed aprì la bocca per la sorpresa. Scambiò alcune frasi di poco conto con il suo interlocutore ed infine agganciò la telefonata, voltandosi verso la moglie e guardandola dritta negli occhi: <<Era l'ospedale di Skotlotsk.... tua... tua sorella... Aleksandra si è svegliata dal coma... dopo tutti questi anni... >>

Svetlana sorrise di gioia, singhiozzò per la sorpresa mentre fiumi di lacrime le solcavano il viso. Si strinse forte al marito, piangendo a dirotto, per poi rivolgere un cenno di assenso alle tre piccole donnine alate che la guardavano da fuori la finestra di soggiorno.

Le fatine annuirono a loro volta, spiccando poi il volo verso la foresta, dove un nuovo piccolo cuore pulsava nel suo ultimo battito, sopra ad un altare all'ombra di due abeti.

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Salve a tutti! Chiedo umilmente perdono in ginocchio per l'assenza ... Spero di poter aggiornare con costanza..

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