VILLA AZZURRA il manicomio dei bambini

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Villa Azzurra si chiamava il manicomio dei bambini, chiuso definitivamente nel 1979 dopo essere stato un lager per decenni. Sul confine fra Grugliasco e Collegno, oltre il cancello dell'ex ospedale psichiatrico femminile, subito a destra ricompare come un castello di fantasmi, anche se non ha nulla del castello, tanto meno di azzurro, ora più che mai, ridotta a una struttura fatiscente. L'ingresso principale è diventato un antro. Guardando verso l'alto leggi ancora cosa doveva essere: «Sezione medico-pedagogica».

Tutt'intorno il complesso di padiglioni Anni 30 è stato riutilizzato: sedi di laboratori Arpa, dell'Asl 5 e 3 (proprietaria del complesso) per studi epidemiologici e centri di accoglienza, il 118 centrale operativa, Anpas, Soccorso alpino, Piemonte protezione civile e il Consorzio Piemonte Emergenza. Solo quell'angolo di mattoni e vetri rotti, un po' celati da una fila di pini oltre una traballante rete di recinzione, resta abbandonato a se stesso. Segno indelebile di un senso di colpa collettivo per avervi lasciato migliaia di bambini, a 120 per volta, a loro volta abbandonati a metodi aguzzini gestiti da medici aguzzini e infermieri che, per divenire tali, avevano bisogno di due soli requisiti: attestato di «sana e robusta costituzione» e la licenza elementare.

Ieri, oltre quel cancello si son visti carabinieri, polizia giudiziaria e tecnici dell'Arpa, a cercare i resti dei rivestimenti in amianto di tubazioni e controsoffitti. La sede provinciale del «polo amianto» dell'Arpa sta dall'altra parte del vialetto: di che preoccuparsi se non di un problema ambientale, serio, quando là dentro non sono restati che muri sbrecciati?

Se quei muri potessero parlare e «raccontare» quei bambini. Erano per definizione gli «ineducabili». La formula giuridica per rinchiuderli, anche ai 3 e ai 4 anni d'età, era «pericolosi a sé e agli altri», i medici sottoscrivevano. Per gli infermieri erano più semplicemente «arnesi». Oggetti che venivano spesso e volentieri legati ai cancelli del giardino interno, ai termosifoni bollenti d'inverno, al letto e non solo per la notte. Ci fu chi subì questo genere particolarmente crudele di contenzione per giorni e giorni di fila, immobilizzato da cinghie di cuoio ai polsi e alle caviglie. Allentato solo se un'infermiera provava pena per bambini «colpiti» da diagnosi altrettanto terribili.

{Casa del custode}

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{Casa del custode}

Il manicomio dei bambini c'era già prima del 1938, quando vennero trasferiti nella nuova «Villa Azzurra» 20 bambini degenti sino allora in un reparto di isolamento di «Collegno». Ma è stato solo nel 1964, con la nomina a direttore del professor Giorgio Coda, che in quella struttura la violenza fine a se stessa assurse a dignità di scienza con fini terapeutici. Coda faceva lottare i bambini fra loro sino allo sfinimento; Coda ricorreva agli «elettromassaggi pubici», quando, trascorsa una notte legati al letto i piccoli avevano bagnato le lenzuola.

Gli elettrodi applicati ai loro genitali dovevano servire, con il passaggio di corrente nei corpi dei bambini, a farne scattare il controllo, la volontà, l'educazione. Nel manicomio degli adulti Coda aveva sperimentato il metodo su etilisti e gay.

La foto di una bimba di 10 anni, legata al proprio letto, nuda, come Gesù in croce, gli occhi teneri e rassegnati, fu pubblicata dall'Espresso il 26 luglio 1970 e fece scoppiare lo scandalo. Anche se le autorità sanitarie e amministrative degli ospedali pschiatrici di Torino (da cui Villa Azzurra dipendeva) già sapevano, e da tempo, come fu ammesso al processo di Coda.

Ora. Giorgio Rabino, direttore dell'Asl 3, dice di essere in trattativa con l'Università che vorrebbe realizzare nell'edificio una residenza per studenti. Una buona e utile idea. Non si sente il bisogno di un antro nero per evocarne gli orrori passati per tutti tranne per chi li subì. Che fine han fatto la bimba della foto choc e tutte le altre creature «ineducabili»?

{Questa stanza si trova all'entrata, purtroppo tutte le foto che avevo fatto le ho perse dopo aver resettato il mio vecchio telefono, comunque, mi pare siano le cucine)

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{Questa stanza si trova all'entrata, purtroppo tutte le foto che avevo fatto le ho perse dopo aver resettato il mio vecchio telefono, comunque, mi pare siano le cucine)

Gerardo, l'ultimo a lasciare il manicomio, negli Anni 80, vive in una comunità della collina. Ha 54 anni e qualche volta parla. Come un bimbo. Aveva 7 anni l'ultima volta che scappò da Villa Azzurra per correre dallo zio in via Frejus. Sapeva ancora orientarsi nello spazio. Dopo è stata solo notte.

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