Una nuvola passeggera è subito evaporata dalla Stazione Tiburtina alle 8.30 questa mattina, ma il cielo continuava ad essere nero e burbero e il Signor K ha deciso di prendere la metro B e poi da Termini la A fino a Barberini, dove, dato che anche oggi è in ritardo, avrebbe preso un bus per tre o quattro fermate, a secondo se il bus fosse stato express o no. K oggi ha saltato lo psicologo e le sue pulsioni ne hanno preso la firma.
Al Signor K la metro non piace, perché è buia e sottoterra. Soprattutto il cambio gli scoccia. Il Signor K oggi è nervoso. Ed è nervoso quando è triste. La sua non è una tristezza che porta le persone a dire poveraccio questo e ad incoraggiarlo. A lui scoccerebbe! Perché s'imbarazzerebbe, crederebbe che l'altro lo sta dicendo per convenzione, per non fargli palese che proprio non gliene fregasse nulla. E a K alle formalità non sa che rispondere.
La sua è come una costante linea su cui una ballerina ha mosso tutti i suoi passi. La linea è una costante che gli attraversa il campo sensoriale. Ci convive. La cosa interessante è che la malinconia scompare non quando è felice, bensì quando K lavora. In quel caso s'anestetizza. Almeno è produttivo si ripete.
Il Signor K però sa quanto possa essere dolce la tristezza e la dolcezza è data dalla malinconia. La malinconia è una tristezza nata da un tempo felice. Potrebbe quasi dire che la sua è una tristezza felice. A volte gli manca, perché tutto sommato la malinconia gli fa vedere il mondo, lo fa guardare. Sente la vita. La sente pulsare.
Tum tu-tum - tu-tum!
K ha anche notato però che se si dedica completamente alla sua balia, come già è successo, poi gli sembra lo stesso di sentire il vuoto sotto i suoi piedi e non sentire più la vita. Da questo gli è venuto l'orribile dubbio di non essere un artista. L'artista infatti evita il lavoro come giudicato inutile e si dedica al suo di lavoro che lo soddisfa maggiormente.
Il Signor K invece se non lavora nella sua stanzetta e a fine giornata non rifà il pendolare, gli assale di nuovo la sensazione d'essere inutile.
K ha escogitato un sistema per non annoiarsi. Lui cerca ragazze delle quali innamorarsi, ma non ossessivamente, non vi preoccupate. L'ossessione al tempo di FB ci ha fatto capire che esiste e ora se ne ha il terrore: "non sia mai che gli altri siano imperfetti come me" Rimuginiamo mentre arrugginiamo: "noi lo siamo ma per vari motivi, non siamo malati, ma gli altri probabilmente si" Lo saranno. Lo sono. Si sa.
Questo succede, mentre pensa all'attentato del 22 maggio 2017 a Manchester.
Insomma K, imparata a nascondere l'ossessione, sta fermo e aspetta le farfalle nello stomaco, posarsi accanto come di solito le crisalidi lo fanno s'un petalo. Un modo per riempire il vuoto. Come il giorno prima con la serba.
Sulla metro legge su Whatsapp cosa scrivono le donne, scuotendo la testa quando non ne condivide il contenuto, ne apprezza l'odore o il contrario quando ritiene che il profumo sia banale, ne osserva i capelli, gli occhi se sono buoni, se sono vivi.
Non sa perché ma è attratto da quelle ragazze che gli si vede la vita esplodergli dentro.
Così resta immobile, ogni movimento sa che per quanto naturale possa essere gli potrebbe risultare fatale. I giapponesi infatti ne hanno fatto un cult esportato in tutto il mondo: le pulsioni sessuali degli uomini nelle metro.
Così sa, per contratto legale sociale tacitamente osservato, che deve stare fermo. E così fa. Meno male! Qualcuno direbbe. Vorrei vedere!! Qualcun'altro osserverà. Gli scossoni e il libero arbitrio femminile faranno il resto, K dice nella metro.
E così s'annoda con la mano sinistra alla sbarra rossa orizzontale, posta perpendicolare ai quattro sedili e con quella destra s'avvinghia alla maniglia di tela dello zaino, che correttamente ed educatamente tiene non sulle spalle, ma ai piedi.
La metro grigia parte. Così facendo aspetta la fermata K. Oggi cosa è successo vi chiederete! Ebbene al Signor K una signorina non bionda, oramai è abituato, vivendo in Italia lo ha dovuto fare ...nemmeno tinta, non varrebbe, gli si è posta adiacente con le spalle al petto. Tragedia. Per il Signor K oramai erano sposati, destinati.
Ma il Signor K, come già detto, in queste occasioni, non che le disdegni anzi, ma essendo timido e avendo molti tabù e fobie, apprese dalla sua comunità sociale, rimane fermo, bloccando anche il respiro. Lascia che l'andare indietro nelle ripartenze dopo le frenate o i rallentamenti e l'andare avanti nelle accelerate, facciano il loro dovere e forniscano motivo o piacere dell'approccio.
Chissà, s'inizio a chiedere K, se la signorina, mora e nemmeno con i capelli lisci ma mossi, stava provando le stessa sensazione d'euforia, di mandare tutto a fanculo e andarsene con lui, conoscersi un po', con una birra, anche di mattina che fa! Per poi alzarsi e insieme volare come aquiloni sulla spiaggia e correre, mano per la mano, in un campo verde, davanti un orizzonte acceso, sotto un sole giallo, caldo.
Poi il Signor K si ricordò che non lo avrebbe mai potuto fare, perché non lo avrebbe mai chiesto e molto difficilmente la ragazza gliela avrebbe saputa far intendere, quella sensazione d'euforia, anche fosse stata contraccambiata. Troppi tabù da entrambi. Troppo strano.
Anche le ragazze sono soggette a regole sociali e K lo sapeva: le donne l'istinto sessuale lo hanno dovuto imparare a sublimare in vista d'un bene sociale, d'una considerazione, d'un rispetto, d'una sicurezza e d'una complicità, intesa e condivisa. L'uomo con il tempo anche, ma meno. Libera però una dona lo è molto più. O forse l'uomo semplicemente non è abituato, né al confronto e né a liberarsi dei pochi dettami sociali impartitili.
L'euforica corsa nei campi elisi sarebbe stata anche dura, perché le donne la birra la mattina non la bevono. Chissà perché si chiede il Signor K. Naturalmente anche questo è un costume e non un gusto. La birra stessa è un costume e non un gusto. La sociologia senza generalizzazioni non esisterebbe. E nemmeno il gusto.
Così K sconsolato scende a Termini e poi a Barberini, dove non incontrerà più nessuna di suo gradimento che gli sì accosterà inavvertitamente.
Una bicicletta vecchio stile, ma tenuta bene e legata ad un palo, con i fili dei freni dipinti bene di rosso e le corone anch'esse tinte di rosso, catturò la sua attenzione.
Rimase a fissarla all'angolo di una Chiesa legata. L'immagine gli fece venire alla mente le streghe e se quella ragazza in realtà lo avesse voluto rapire veramente, sulla sua scopa ocra-paglia, di vimini e portare via, in universo verde di smeraldo? Tutta così nera.
Era tutto nero quel giorno. La bicicletta, i capelli mossi della ragazza come una strega, il cielo. Evidentemente la ragazza non centrava, ma le streghe in giro con tutto quel nero, c'erano.
La ragazza dalla statura piccola, ma non minuta, dai capelli mossi, ma non spumati, dagli occhi neri e piccoli, come i seni e dalle labbra turgide, belle, vive e rosa, senza rossetto, l'aveva ancora nella testa, quando arrivò alla stanzetta del suo ufficio, nel terminale immise la sua password e lei scomparve.
Aveva inizio il suo lavoro da pendolare. Evaporata la nuvola bella. Accese il monitor a led.

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Le storie del Signor K
Teen FictionLe storie sono quelle del signor K, un pendolare renitente, il quale ogni mattina si alza e va a lavoro. E chi è il Signor K? Non lo sappiamo. Le storie si scrivono nel momento in cui avvengono e le possiamo conoscere nel mentre queste storie vengon...