"Ducunt fata volentem: nolentem trahunt" ed il Signor K lo sente montare, come un'onda che si alza e si dipana sulla spiaggia, nel suo stomaco. Questo lui lo ha interpretato come brocardo guida, lasciandogli un leggero senso di vuoto, uno stridore che gli fa l'eco di un'angoscia di vivere che K non sa cos'è ma lo divora. Troppo difficile. Sfuggente. Appartato è il capire.
Con l'inizio dell'estate il Signor K è sempre preda delle donne, giunchi che danzano sinuosi al vento, nello spazio aperto d'una prateria che lascia in attesa il sormontare d'agosto, quando la sera i coloni rientrando a casa, con i loro cappelli di paglia e con le mani ne smuovono dei giunchi la delicata punta, come questi perdono i polloni, lungo il corso d'acqua nei perimetri dei campi, così l'armonia estetica delle donne che in estate si lasciano andare a se stesse.
Impercettibili giochi di vibrazioni nell'aria polverosa la sera, ora luccicante e vigorosa dalla rugiada la mattina, prendono improvvisi spruzzi intensi la notte, al sorgere dell'umidità.
Forme. Forme sinuose. Forme sinuose e onde, onde che danzano, danzano o stan ferme, stan ferme immobili, immobili nell'aria leggera, come leggere appaiono esse stesse e grandi.
Eppure K pensava anche alla sua ex e ci stava male. Poteva fare così, poteva dire colà, poteva fare meno, poteva fare di più: anche se sa che non erano fatti l'una per l'altro lui credeva che fossero in qualche modo uniti da un sottile filo rosso. E malgrado tutto dimostri che non è così il Signor K, forse perché da funzionario pedante e vittima di una società troppo veloce, energica, giovane, sprint, light e simpatica per lui, era portato a fantasticare... Lei non lo chiama, ma cambia foto profilo ai suoi social. Perché - il Signor K si chiede di continuo - è così noioso?
Bisogna dire che non è un tipo semplice K. Anzi, piuttosto il contrario! Non voglio dire antipatico ma è come se, alle persone, apparisse come una scure di 130 chili tra capo e collo, costretta a portarla. Tutt'altra cosa di leggero!
Il Signor K, innanzitutto, crede di più agli antichi che ai moderni: fino all'età dei trent'anni non lesse mai niente di un autore se questo non fosse almeno deceduto da cinquant'anni, opponeva un rifiuto snob. Lo snobismo gli complicò non poco gli studi. Nondimeno non ammetteva interlocutori con i quali confrontarsi viventi, opponeva un rifiuto presuntuoso. La presuntuosità gli complicò all'epoca i rapporti con i professori.
Il Signor K non sapeva bene reggere il confronto. Appena qualcuno lo contraddiceva era su tutte le furie. Gli unici dai quali accettava di cambiare opinione erano gli autori dei libri, i quali dovevano essere morti, peccato non parlassero. Ora, sta migliorando. Piano piano, ammette che anche gli altri possano avere un minimo di capacità di ragionamento che non sia semplicemente un rispondere a degli istinti fisiologici.
Il Signor K non rispettava nessuno per questo. O meglio, trattava tutti come suoi pari. Dagli insegnanti, ai passanti, dai genitori agli inservienti nelle amministrazioni pubbliche, fino, nemmeno a parlarne, i suoi coetanei, i quali, per lui, ancor'oggi andrebbero dai dodici ai quarantasei anni. Quindi in teoria li rispettava ma la gente è strana, alcuni non vogliono esser trattati come pari. Non si sa perché. K pensa a problemi personali d'autostima.
Così facendo è triste. E in questi pomeriggi d'estate in cui è solo e triste, a lavorare come un ossesso sui documenti che deve redigere per guadagnarsi quella promozione a cui punta da tempo, non ammette cedimenti o sbadigli, lavora, lavora e lavora. Ma solo e triste. Come lo può essere una persona frustrata.
La solitudine per il Signor K è come un amante: da tenere nascosta. Non lo eccita come una moglie, con la quale costruire qualcosa. Lo eccita più come la libertà, il gusto del proibito, un momento intimo dove stare finalmente senza tabù, sporchi, bere birra e fare rutti.
La sua solitudine appunto era come questa immaginaria amante. Non gliene fregava nulla. Poteva fare quello che voleva. Ma momentaneamente, perché poi non gli sarebbe bastato. Aveva bisogno di confronto. Di sicurezza, sprono, ispirazione e responsabilità, le quali sente di avere e ricerca nell'altro in eguale misura.
Purtroppo il Signor K ha il vizio di amare anche le amanti. Solamente in maniera diversa. E quello che più non sopporta è il dare alla realtà due pesi e due misure.
E in quei pomeriggi assolati, di quando le strade anch'esse son sole, andava ripensando la sua ex, rientrando a casa. Come mai ci pensava, su quei vagoni tristi di quei treni ricolmi e pesanti? Come mai non le va a chiedere di tornare assieme!?
Il Signor K ricorda e tutti i ricordi acquisiscono un'importanza enorme, come pure lui gli dette quando erano insieme, ma che lei probabilmente non l'ebbe reputata vera o tale.
Il Signor K le disse "ti amo" ma a modo suo. Le disse che le voleva bene, che amava "proteggerla", nel senso romantico del termine, non sessista. Anche K sognava una ragazza che lo proteggesse! Avrebbe lottato al suo fianco al fine di arrivare dove volevano...ma certo anche questo a modo suo. Con le sue debolezze.
Ricordiamoci sempre che è in cura da uno psichiatra! Il Signor K aveva dei chiodi fissi nel cervello ed erano i suoi ideali: che possiamo riassumere come anarco-amanti ma anche come liberal-asolutisti. Diciamo oscillava. E questi come in una transustanziazione si riversavano nell'ontologia del Signor K.
Il Signor K non ammette servilismi, odia qualsiasi forma, di Stato, sistema, società attuale o esistita, non ammette razzismi, classi, gerarchie, servilismi, ipocrisie, falsità, abbrutimenti, volgarità; non crede al lavoro, alle guerre, alla politica, agli schieramenti ideologici, organizzazioni no-profit, aiuti umanitari, volontari, dichiarazioni di beneficenza, di partito, d'etichetta, società alternative, fedi, teorie apodittiche o senza dubbi; trova grandi cazzate la chiesa, l'università, la scuola, i centri commerciali, i rave-party, la televisione, i pub, le discoteche, i concorsi, l'orientamento sessuale, i negozi, il nozionismo, l'esercito, i confini, il tempo; il Signor K ricerca solamente la bellezza.
E così ripensare tutte quelle volte che avevano mangiato la pizza il venerdì sera guardandosi Criminal Minds a letto gli fece malinconia. Quei gesti, quei litigi e quelle carezze erano acqua che scrosciava da una conduttura esplosa, che passava e andava via.
E quel bisogno di dire al mondo che erano insieme, non c'era più? era divenuto inutile? Qualcosa, qualcuno da evitare? Come si fa allora - si chiede K - ora ancora a credere a qualcuno? Come si fa ad avere il coraggio. Se tutte le parole spese e quelle più importanti soprattutto, sono già state dette; e se non sono più che un abbaglio? Che senso ha, fare affidamento ancora su chi vive? Avrebbe dovuto riparlare con Chiara. Il Signor K aveva deciso che potrebbe essere la sua salvezza. In qualche modo.

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Le storie del Signor K
Teen FictionLe storie sono quelle del signor K, un pendolare renitente, il quale ogni mattina si alza e va a lavoro. E chi è il Signor K? Non lo sappiamo. Le storie si scrivono nel momento in cui avvengono e le possiamo conoscere nel mentre queste storie vengon...