- Mi sono sempre spinto a Nord. Forse perché sono nato in un ipotetico Nord di dove sto e ne sento il richiamo, quello che ulula. Il sole e lo spirito del Sud non sono elementi a me estranei, eppure ho sentito sempre il richiamo di andare a Nord.
Il banale - ricorda il Signor K - è sempre volgare e la volgarità è una cosa che il Signor K aborre, rifugge come lo sguardo di un creditore o di una mala compagnia in un viale deserto la sera.
Ovviamente il Signor K è consapevole dei cliché mentali, delle ottusità e delle fissazioni della cultura del Nord, ma non gli appartengono, anzi sono una forma folclorica d'intrattenimento che lo spinge a conoscerli, non se ne sente assorbito, non ne fa parte!
Assorbe in quanto riesce a disfarsene. Conosce perché sa che dimenticherà.
Invece il proprio mondo K lo riconosce bene, quei richiami stereotipati nelle sue orecchie come un clacson sotto casa alla sei di mattina, sempre gli stessi, da una vita!
Non riuscendosi a conformare, per impossibilità di conformazione genetica, questi gli risuonano striduli, fastidiosi, occupanti un posto nella mente che potrebbe essere occupato meglio dal distillare cristallino di un'acqua del sole di primo mattino, un fiume che zampilli dalla sorgente di una roccia da cui lui si possa dissetare.
Sono come la prassi dal medico: il timpano, il battito, gli occhi, il cuore, la lingua, i riflessi, al fine di rilasciarti un certificato che giustifichi la tua libera scelta di non andare.
E così i partigiani, il fascismo e l'antifascismo, Falcone e Borsellino, le Hogan o le Converse, gli occhiali da sole, il pronto distogliere lo sguardo delle donne, come una forma d'imposta pudicizia, il nero e il grigio dei cappotti, l'immenso tragitto che compiva il Signor K da pendolare, verso il luogo dove doveva riempire il suo tempo, le moleskine o i barber shop.
I due amici sono sul tappetto preso dall'usato a Fleamarket, a Mauerpark. Al Signor K ricorda il Barras, un mercato di strada, di fine settimana, interno nell'East End di Glasgow; il concetto è sempre nell'archetipo del "tumulo", relativo ai commercianti che vendevano le loro merci disposte in cumuli sui carretti trainati a mano.
Le merci sono come l'esperienze della vita. Credi ti serviranno a qualcosa. E allora indossi una nuova storia in mezzo ad una piazza che non hai mai visto prima, perché credi che quel nuovo paio di pantaloni cambierà l'opinione che hai di te stesso davanti lo specchio, ma è sempre lo stesso sguardo degli altri che predomina il tuo. Si vendono illusioni e si comprano grazie.
All'improvviso è un'irresistibile bisogno di rivederla. Ma rivedere chi? Il Signor K non lo sapeva, anche durante le sedute non me l'ha mai saputo spiegare ed io conseguentemente non so farlo a voi, ma era sicuro che lei ci fosse, lì ad aspettarlo. Era tutto allineato verso la morte, verso l'illusione.
Le lancette dei secondi giravano e il Signor K viveva i secondi come fossero giorni. Improvvisamente di fumare ne aveva abbastanza, stare lì con agenti patogeni esterni che artificialmente ti portano in uno stadio di personalità del quale tu non sei padrone. E il Signor K odiava tutto ciò che non era libertà assoluta, un pezzo di hashish non era comparabile con l'inforcare una bicicletta e spararsi contro il vento nelle strade di Berlino alle tre del mattino, quella sfida sempre accesa con il freddo, quel bisogno mai estinto di mandare a fanculo chiunque provi ad accennare una regola... ed eccolo tra le onde della libertà, sfiorando come spuma sulla riva l'avventura, affiorare le correnti urbane, sotto i lampioni, a cercare sulla cartina il modo di raggiungerla. Ma raggiungere chi?
K non lo sapeva, ma pedalava. Pedalava, pedalava perché dove andare, correre, sfilare come acqua nel torrente, olio sul vetro, ghiaccio sul marmo sempre più forte, veloce, libero e al freddo: amico integro, forte, l'unico che non cede alle lusinghe. Le mani sui manubri si fanno rosse. Ancora. Andare. Passaggi dentro un sottopassaggio, salti sopra un ponte, le scale e il taglio per il parco... troppo freddo!
Il Signor K ha sempre delle idee pronte per l'uso, si diverte a sentire il bisogno di pensare praticamente. Quella notte si ricordò di altre notti, allora si fermò e si tolse i calzini dai piedi per mettere al caldo le mani. Poca roba, perché quando il freddo tira, il misto lana/cotone non basta, ci passa in mezzo e ci vuole l'isolante. E i secchioni sono sempre un buon rigattiere dove puoi trovare le cose al giusto prezzo. Ecco due belle buste di plastica.
E iniziò di nuovo a rincorrerla. Ma chi? Il suo sogno si è fatto donna. Mani, gambe, piedi, seni femminili. Cervello da donna. Cervello pratico. Cervello che capisce. Abituato alle richieste. Siamo ancora troppo lontani. L'ora è quella che ognuno debba camminare da solo, ma non si sa per dove e K giustamente pensò bene di sedersi.
Eccola. Si siede. Il bar della cugina del suo migliore amico. Lei lavora da poco a Berlino e la sua gelateria sembra una contraddizione in termini, ma è ancora aperta e lui chiede un bicchiere d'acqua.
L'aspetta per una birra e una chiacchierata. Il Signor K osserva e di conseguenza agisce.
Il Signor K tornò stordito da quella sera, perché il vento del Sud era comunque freddo e quieto, lui amava come un fuoco da bivacco il vagabondo la sera ma anche divampare per un'ultima volta, con la fiamma più alta per lasciarsi poi spegnere per sempre. Nessuno lo sorprendeva. Nessuno lo alimentava. Nessuno lo assecondava. Nessuno lo sopportava
ed io mi aspetto allora, che il Signor K torni da me.

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Le storie del Signor K
JugendliteraturLe storie sono quelle del signor K, un pendolare renitente, il quale ogni mattina si alza e va a lavoro. E chi è il Signor K? Non lo sappiamo. Le storie si scrivono nel momento in cui avvengono e le possiamo conoscere nel mentre queste storie vengon...