Sprofonda sulla poltrona verde, il cuoio s'inarca e mostra delle grinze che seguono convergendo nel punto centrale dove prevale il peso della schiena dorsale posta a piombo, perpendicolare, alla massa a perno del sedere e della speranza celebrale; K inizia a parlare.
- Non ho più uno zaino. Non ho più una musica, una mia musica, i sentimenti per le donne sono ancora acerbi e confusi, mi si accavallano come cruciverba in cui cerco una soluzione per mettere fine, eppure è come se ognuna non raggiungesse quel punto tale che mi farebbe inerpicare e sporgermi, tanto da lasciare la mia confort-zone e percepirla, danzarci, corteggiarla, amarla. E mi risulta penoso, questo non convenzionale vivere, questo concentrato diviso.
Non sono più abituato a viaggiare, toccare luoghi e mani per quell'istante tipico del viaggiatore ed esser poi pronto a lasciarle. A questa legge mi sono dovuto abituare, con questa regola sono cresciuto: vuoi che le cose durino per sempre? Niente dura per sempre, vivi distaccato, come se niente ti appartenesse e appena senti l'odore della fine, lascia andare, sciogliti nell'acqua che scola, nel rivolo di pioggia scompari, quella coda di vita che cola lungo le grondaie dei tetti, precedi la fine, rimani con l'eterno, il momento sospeso; fingiti nei ricordi, dove nessuno te li potrà toccare, quei momenti. Quando decidi di fermarti, invece, vorresti che le persone rimanessero per sempre. E non più ogni albero potrà rappresentare una tappa del viaggio.Mentre faceva di questi discorsi, nella sua mente, era ritornato all'attesa del controllore. Verso la stazione Tiburtina, il treno Orte-Fara Sabina. Era concentrato. Concentrato ad ogni rumore, ogni tacco contro il suolo che si staccava con incedere deciso era un potenziale pericolo. Il Signor K viveva da anni oramai una sua personalissima storia, dibattuta e molto discussa, con i controlli. Doveva stare concentrato per non far sì che sfuggisse a se stesso, al perdersi chi era, doveva aversi sotto controllo, e, come il controllo abbia la capacità di togliere ogni piacere al vivere, il Signor K stava morendo e lo sapeva molto bene.
Ora, il Signor K, era già sul autobus, mi riferiva costantemente via Skype i pensieri. Il giorno dopo la nostra ultima seduta, dove mi comunicò della partenza, avvertii una melanconia in quel suo obbligo a cui doveva sottostare, che se stesso gli imponeva come percorso, come momento di sospensione.
- Sono sul bus. Sono le ore 22.01. Fuori ci sono 20 gradi. Non sono tra i primi posti, questo, nella mia esistenza, devo iniziare ad accettare come costante. Priscilla è una falsa luce che non riflette, ma vive di riflesso. Attendo smentite.
Il viaggio come dimensione d'incontro e di vortice, triste ancora, alcuni pochi gesti il viaggiatore che riesce a tornare deve atomizzare, altrimenti non ha mai finito di viaggiare.
- Ore 7.30, il mattino dopo. 9 gradi. Dormito poco, ma non male. Priscilla è rientrata nel mio vivere, in questo momento, direi, salvificamente all'attenzione del mio cuore, sedandolo, catturato e intrattenuto. Capisco che per lei mi devo rendere indipendente. Chissà se lo è anche per me!? Chissà se non lo sono già, per me! Ore 8.45. Controllo passaporti... in Austria!?!
La nebbiolina della condensazione acquea notturna si mischia all'evaporazione umida della mattina, al primo calore la rugiada presto si arrende, così da impregnare da sotto l'intero paesaggio, intorno la strada, alberi, piante e montagne e finisce per cingere a corona mentale i suoi sogni, che romanticizzano il controllo, trasformandolo in speranze.
Certamente Priscilla ha un'impostazione più spontanea, la mia più incredibilmente scientifica. Lei è, o sembra, più saggia, gioiosa e sicura, matura. Io meno di tutto, appaio, o sembro o sono. Alle 9.50 il bus riparte. Ci hanno fatto scendere e controllato documenti e bagagli.
Alle 11.00 ho la coincidenza a Monaco con un altro autobus che mi porterà a Berlino, spero di farcela a prenderlo. Sono le 10.30 e mancano 30 km, dovrei arrivare in tempo.
Alle ore 11.20 il Signor K was in the own way - sull'autobus - to Berlin!
Attraversando le Alpi si poté render conto di quante persone tengono alle proprie radici locali, soprattutto se impervie e defilate dal resto globale. Ebbe l'impressione di quanti nelle città della piana della Baviera erano vestiti, chi ancora, ostinatamente, di un recupero dell'abbigliamento originale e chi invece dava l'impressione di una mente più pronta all'avventura, all'espansione, all'essere e ritrovarsi liberi, con menti e cuori emancipati e senza turbe e freni dei pettegolezzi e del tanto triste, quanto famoso, turbamento dell' 'altrimenti cosa può pensare la gente!?!'.
Le ragazze tingevano l'aria e risuonavano con i loro suoni più gradevoli, attraverso gli occhi, per chi prestava orecchie, di un fascino infantile e lucente risplendeva nel circondario e colpiva, come il barlume improvviso e accecante di un raggio di sole s'uno specchio d'acqua: cristalli biondi, da quanto biondi erano i loro capelli di luce diamantina e dai riflessi di neve.
- Ore 14.02. Mi sono svegliato dopo un'ora e mezza di sonno e per la prima volta dopo tempo mi sono svegliato felice. Il viaggio era cominciato, finalmente, pericolosamente libero... perché ero in movimento... o forse perché la presa elettrica dov'è era attaccato in carica il cellulare, ora, funzionava. Quanto avrei voluto conoscere Priscilla a 20 anni, quando eravamo dei puri abbozzi di fame e forme ribelli, incontrata forse in viaggio avremmo viaggiato ensemble ...mentre ora sono troppo triste, mi sono rotto le palle di vedere rigato il mio volto interno, sempre, di sangue.
Il Signor K era un viaggiatore, non più un pedante funzionario della Cosa pubblica ora, se lo raccontò molte volte. Lui appella questi momenti come fossero inevitabili capitolazioni spaziali inaspettate, quasi che ogni volta cadesse quasi per caso in viaggi backpack.
...eppure anche quella volta c'era un qualcosa di drammaticamente lancinante nel lasciare un luogo ed entrare in un altro...fortuna lo spazio di decantazione del trapasso in cui si poté ritrovarsi, distillato, raffreddato era certo, sapeva dove avrebbe dormito. Perciò il cambiamento stava per annunciarsi meno traumaticamente: più il travaso è lungo e meglio ci si discosta e s'approccia il luogo nuovo e soprattutto se uno ha dove dormire già è per metà sempre a casa.
L'autobus viaggiò tutta la notte e poi tutto il giorno dopo, come un fuso lanciato s'un telaio. Fendette i cambi climatici come filamenti di lana che lasciava sulla scia; bucò la nebbia, attraversò i campi, parti di foresta e nella fonda notte scura e smaltata del cielo nero e di blue, l'autobus, camminò ancora. Camminava, correva, mentre tutto si faceva distante, fin dopo la Baviera, quando K iniziò ad avvertire quel malessere di non potersi fermare, di non poter avere il tempo, la forza e la sicurezza per conoscere la regione di Monaco e così il viaggio continuò senza altra direzione che l'avanti e K si prefisse di ritornarci un giorno da cittadino.
Dopo 22 ore di strada percorsa ecco il Signor K a Berlino. Ad accoglierlo una figura slanciata, con i pantaloni tagliati appositamente al malleolo, forse per ferire coscienziosamente gli hipsters che in quella città avevano trovato il loro specchio, rossi a righe i pantaloni e arancioni, sotto una maglia di lana colorata a strisce quante ne ha l'arcobaleno e il giubbotto di pelle nera come gli stivali e i capelli lunghi sopra la montatura grande degli occhiali da vista e un cappello da cowboy. Fu bello, per il Signor K, ritrovare un volto amico che non vedeva da tempo. Fu la giusta cosa Liz in quel momento.
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Le storie del Signor K
Teen FictionLe storie sono quelle del signor K, un pendolare renitente, il quale ogni mattina si alza e va a lavoro. E chi è il Signor K? Non lo sappiamo. Le storie si scrivono nel momento in cui avvengono e le possiamo conoscere nel mentre queste storie vengon...