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Come and take me over, welcome to the game

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Come and take me over, welcome to the game

Will the current drag me down and carry me away?

Suddenly the light begins to fade

-breaking benjamin; hopeless




La mia prima volta con te, e in assoluto, fu orribile. Un vero incubo. L'avrei ricordata ancora nitidamente, con paura e dolore, nonostante sarebbero passati tanti mesi e, dopo quella prima, si sarebbero susseguite tante altre sessioni simili.

Chissà quanto baccano feci solo io quella volta... Pensai anche al fatto che indubbiamente anche gli altri condomini avrebbero sentito le mie urla e i miei ansiti ma, in una situazione del genere, non me ne preoccupai minimamente. Non m'importò di nulla. Per quanto mi riguardava avrebbero potuto pensare ciò che volevano.

Mi morsi la lingua per non urlare più del dovuto e strinsi il lenzuolo sotto di me con tutte le mie forze. Caddi contro il materasso affondando il viso nel cuscino mentre le tue mani continuarono a stringere forte i miei fianchi e accompagnare i tuoi movimenti. M'infilai una mano tra i capelli madidi di sudore e li tirai più forte che potei concentrandomi sul dolore da me provocatomi anziché su quello da te inflittomi. Funzionò ma per poco. Strizzai gli occhi e soffocai un altro grido, l'ennesimo, tappandomi la bocca con l'altra mano, quella che fino a quel momento era stata impegnata a stringere il lenzuolo, quando ancora una volta spingesti forte dentro di me.

Il respiro venne a mancarmi quando inaspettatamente insinuasti una tua mano tra i capelli sulla mia nuca, tirasti forte fino a farmi rialzare dalla mia posizione. Ti chinasti su di me interrompendo momentaneamente i tuoi movimenti e ti avvicinasti con le labbra al mio orecchio.

"Io sono questo" soffiasti tra gli ansiti e io gemetti a quelle parole.

Facendomi inclinare il capo mordesti il mio collo e ricominciasti a muoverti in modo ancora più frenetico, colpendo ripetutamente un mio punto preciso. Credetti fermamente che, dopo quello, sarei finito d'urgenza in pronto soccorso. Perché fece troppo male e quella fu la sensazione più spaventosa e dolorosa che avessi mai provato. Sudato e al limite dello stremo, sussultai e sperai che quell'agonia passasse presto e in effetti, dopo quella che mi sembrò un'eternità, passò lasciando posto però al nulla. E, non riuscendo a sopportare nient'altro, persi i sensi.




Mi risvegliai stordito e coperto malamente solo per metà, con le lacrime ormai secche ai lati degli occhi e sulle guance e un dolore insopportabile tra le gambe. Richiamai il tuo nome ma nessuno rispose. Tu non c'eri e l'orologio digitale posato sul comò segnava le ventitré e cinquantaquattro. Era tardissimo e io ero rimasto incosciente per molte ore.

Scostai le coperte per alzarmi ma quando lo feci quasi mi mancò il respiro. Portai istintivamente una mano a coprirmi la bocca mentre sbarrai gli occhi, allarmato. Ebbi paura di ciò che incontrò il mio sguardo. Ritrovai il lenzuolo sotto di me e l'interno cosce sporchi di liquido seminale, il tuo, e sangue, il mio. Tanto sangue. Ebbi paura di ciò che mi avevi fatto, di ciò che io ti avevo consapevolmente lasciato fare.

Mi rialzai dal tuo letto gemendo ad ogni minimo movimento, raggiungendo il bagno della stanza zoppicando. Mi diedi una ripulita facendo attenzione a non muovermi troppo e, dopo aver raccattato i miei indumenti per l'appartamento, mi rivestii faticosamente impiegando più tempo del previsto. Il mio cellulare suonò in una tasca dei miei jeans e lo recuperai.

'Sei svenuto e ho dovuto finire da solo Non è stato divertente, Jeon. Per niente. Adesso sono fuori a sbrigare delle faccende personali, vattene prima che ritorni all'appartamento.'

Dopo aver letto quel tuo messaggio sentii il desiderio di piangere ancora, di averti lì davanti a me per prenderti a schiaffi e poi di prendere me a schiaffi. Perché dopotutto non ero stato proprio io a prometterti che avrei fatto tutto ciò che volevi?

Aveva fatto male, un dolore non quantificabile, eppure per un breve istante avevo sentito qualcosa di diverso dal costante turbamento che non mi aveva mai abbandonato. Mi era quasi piaciuta quella rudezza, quell'insana passione. L'avevo trovata travolgente, così come avevo riscoperto te maledettamente eccitante. Era stato immorale, sporco ma allettante.

E per questo ero arrabbiato soprattutto con me stesso, perché nonostante tutto un po' mi era piaciuto.

Ma per quanto ci pensassi e ripensassi, ormai era successo e non potevo più ritirarmi. Non potevo più tirarmi indietro dopo tutto quello che era accaduto, dopo quello che mi era stato portato via e non avrei più riavuto indietro. Avrei continuato e basta.

Quando ritornai al dormitorio quella sera tardi, dolorante e privo di forze, quasi caddi in ginocchio appena aprii la porta d'ingresso. Fu Jimin ad afferrarmi prontamente, prima che riuscissi a schiantarmi contro il pavimento.

"Jungkook!" mi richiamò, allarmato, abbandonando i libri sulla sua scrivania e aiutandomi a rimettermi in piedi. Mi sorresse, mi aiutò ad entrare e a sfilarmi le scarpe. "E' tardissimo. Dove sei stato?" domandò richiudendo la porta.

Non gli risposi e dopo aver riacquisito quel minimo di stabilità mi diressi verso il mio letto in fondo alla stanza. Come potevo dirgli che la persona della quale avevo capito di essere innamorato mi aveva ridotto in quello stato? Avrebbe detto che quello non era amore, che era solo qualcosa di puramente malato. Qualcosa che mi avrebbe presto fatto a pezzi psicologicamente e, continuando di questo passo, anche fisicamente. Forse era vero. Tu non mi amavi, ma io sapevo per certo di amare te.

"Sei stato con Taehyung?" azzardò. Cercai in tutti i modi di soffocare il rumoroso lamento che uscì fuori dalle mie labbra appena mi sedetti sul mio letto, ma non ci riuscii e Jimin capì all'istante. "Cosa ti ha fatto?" domandò, servendosi di un tono più dolce rispetto a quello usato precedentemente, sedendosi accanto a me ma non ebbe mai bisogno di una risposta concreta.

Bastarono le lacrime che riaffiorarono dai miei occhi, per la seconda volta durante quella sera, per far sì che mi abbracciasse senza chiedere più nulla. Mi accarezzò i capelli e io piansi come un bambino mentre le azioni da te compiute poche ore prima ritornarono a torturarmi la mente. Le detestai profondamente e detestai me per essere stato così sciocco e ingenuo. Desiderai non averti mai seguito e non averti mai conosciuto.

"E' un mostro, Jungkook, un animale. Ti prego, promettimi che non lo vedrai più. Giurami che ti terrai alla larga da lui."

Jimin, seppur volesse aiutarmi a stare meglio, mi sbatté la verità in faccia e io presi a singhiozzare, abbracciandolo a mia volta e cercando in lui conforto. Mi diede la protezione che tu non mi avevi trasmesso e che probabilmente mai mi avresti fatto provare. Annuii, promettendo tacitamente.

Ma, mio malgrado, quella notte mentii.

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Addicted {vkook}Where stories live. Discover now