Capitolo III
Leonard era in viaggio da ore, e ancora non era uscito dalla foresta, anzi, sembrava che si stesse addentrando sempre più in profondità. Pensó che sarebbe già dovuto arrivare presso qualche osteria o locanda, ma era da ore che gli pareva di girare in tondo. Era molto stanco e il sole era già tramontato da un pezzo, così decise che sarebbe andato avanti ancora per poco, poi si sarebbe fermato a riposare per la notte. Tra le fronde scure degli alberi iniziava a sferzare una brezza gelida che lo fece rabbrividire. Quella notte avrebbe fatto freddo e non aveva nulla per accendere un fuoco né per coprirsi più di quanto non fosse già; non poteva certo dormire all'aperto. Avanzó ancora per qualche minuto finché non intravide sotto le foglie secche, che avevano coperto come un caldo mantello il terreno, un sentiero che prima d'allora non aveva notato, così lo imboccó, sperando che potesse condurlo fuori da quella maledetta foresta. Non appena l'ebbe imboccato si accorse di qualcosa di strano: gli parve di non essere più nella foresta, ma in un giardino: le piante sembravano diverse e più curate, per quanto il buio gli permettesse di vedere. Non passó molto tempo prima che arrivasse alla fine del sentiero; ad un tratto scorse delle luci: pensó di essere finalmente arrivato a una locanda, ma non ci volle molto prima che si accorgesse che quello che aveva davanti non era una semplice taverna, bensí enorme castello.
Le nere e altissime torri si confondevano con il manto scuro della notte e pareva che il castello fosse un gigante addormentato, pronto a destarsi e mostrarsi in tutta la sua potenza. Non gli pareva di aver mai sentito parlare di un castello abitato nella foresta, sapeva soltanto di quel vecchio castello abbandonato, del quale si raccontavano le storie più svariate e inverosimili, riguardo una bestia, o qualcosa del genere. Poichè ormai era notte fonda e la temperatura s'era notevolmente abbassata, Leonard si avvicinò al possente gigante di pietra, pensando di chiedere al padrone un rifugio per la notte; liberó il cavallo dal calesse, lo portó nella stalla, che era un edificio sul lato destro del giardino, e si avvicinó esitante all'immenso portone del palazzo. Bussó una prima volta, ma non udì alcuna risposta; bussó una seconda, questa volta con più decisione, ma ancora nulla. Non sapendo che fare, aprì con fatica il possente portone di quercia, che, non appena fu entrato, si richiuse con fragore alle sue spalle.
Leonard si guardó intorno: si trovava in un immenso salone, rischiarato solamente dalla luce di un elegante camino che splendeva dalla parete destra e illuminava l'intera sala. Sul soffitto, retto da possenti colonne di marmo lucidissimo, erano appesi dei meravigliosi candelabri d'oro e di cristallo, ricoperti da enormi ragnatele e almeno tre dita di polvere. Il pavimento della stanza era decorato con motivi floreali, raffiguranti fiori e frutti meravigliosi, che si diramavano per tutto il salone, come fossero piante rampicanti; dalla parte opposta del portone si ergeva una grandissima scala di marmo che all'estremità superiore si divideva in due; questa era illuminata dalla debole luce lunare che passava attraverso la splendida vetrata sovrastante, che raffigurava diverse scene di guerra e la sala del trono.
Leonard non sapeva che fare:
"Dovrei aspettare qui o chiamare il padrone di casa?" pensava, quando d'un tratto sentì un rumore di passi, e dal ramo sinistro della scala vide comparire una figura scura. L'attesa che l'ombra, che probabilmente era quella del padrone del castello, parlasse, parve a Leonard un tempo infinito; d'altronde, lui non sapeva proprio cosa dire: s'era presentato in casa altrui su due piedi e senza invito.
Dopo un tempo interminabile, la figura, che non s'era mossa d'un centimetro da quando era arrivata, parló per prima, con una voce terribilmente bassa e cupa:
-Voi chi siete?
Leonard sentì un brivido percorrergli la schiena.
-Mi...Mi chiamo Leonard Chevalier, signore, e sono un umile mercante. Mi sono perso nella foresta; non sapevo dove andare e quando sono giunto presso il vostro castello ho pensato di chiedere umilmente la vostra ospitalità per la notte...
La figura, che ancora non aveva accennato a muoversi, fece un profondo respiro, che a Leonard sembró più un ruggito soffocato, poi riprese:
-Sia come chiedete. Questa notte alloggerete sotto la mia protezione, ma devo chiedervi di rimanere nella vostra stanza e non gironzolare per il castello dopo che vi sarete dovutamente saziato. Ripartirete domani mattina all'alba.
Detto questo, la figura scomparve nell'oscurità da dov'era giunta e Leonard rimase impalato in mezzo al salone.
Diede un'occhiata in giro e vide uno spiraglio di luce provenire da una porticina socchiusa, così si avvicinó e l'aprí: era una stanzetta piuttosto piccina, poco adornata ma tenuta in grande ordine e al centro vi era un robusto tavolo di mogano; era apparecchiato per una sola persona, ma era completamente ricoperto d'ogni pietanza immaginabile.
Leonard divoró con foga quanto più riuscisse a mandare giù, e dopo essersi dovutamente saziato, dalla stanchezza, si addormentó sulla sedia, con la testa appoggiata al tavolo.Il giorno seguente si sveglió in una lussuosa camera da letto, in uno splendido letto a baldacchino color porpora. Aprì le finestre per sentire l'aria fresca del mattino accarezzargli viso e per vedere l'alba che in quel cielo terso e fresco pareva un esplosione di fuoco; quando abbassó lo sguardo vide lo splendido giardino del castello, nel quale crescevano rigogliose le piante più strane e meravigliose che Leonard avesse mai visto in tutta la sua vita, ma quello che lo colpì di più fu l'immensa distesa di viole che ricopriva l'intero giardino, le mura del castello e addirittura parte della stanza dove aveva dormito. Non poteva credere ai suoi occhi. Erano meravigliose.
Si preparó in fretta, scese la grande scalinata di marmo e si fermó sull'uscio. Si voltó in cerca della figura del padrone per ringraziarlo della gentilissima ospitalità, ma non vide né sentì nessuno.
Uscì richiudendo dietro di sè il pesante portone e si avvió per il grande viale alberato che conduceva al cancello d'entrata, fece uscire il cavallo dalla stalla, montó in sella e si avviò verso la cancellata.
Immediatamente gli balenó in mente un pensiero: a sua sorella Belle avrebbe certamente fatto piacere ricevere al suo ritorno a casa una di quelle stupende viole, che avrebbero potuto piantare insieme nel loro adorato giardino. Così si avvicinó alla pianta più vicina:
accarezzó delicatamente i morbidi petali di una viola appena sbocciata, ancora luccicante di rugiada, la cui pianta era avvolta ad un vecchio albero di tiglio; ne prese lo stelo tra due dita, e con un rapido movimento la colse. Immediatamente il fiore appassì, si seccó tra le dita di Leonard e dallo stelo inizió a sgorgare un rivolo di sangue.
Il ragazzo era sbalordito, ma quel che lo terrorizzó davvero fu un terribile ruggito, proveniente dall'interno del castello.
Bloccato come da un potente incantesimo, il ragazzo non ebbe la forza di muoversi dopo aver udito quel boato animalesco, ebbe solo l'impulso si guardarsi alle spalle e vedere dietro di sè l'enorme sagoma del padrone.
A stento si teneva sulle zampe posteriori e premeva la sua orrenda zampa contro il braccio, dal quale scendevano rivoli di sangue nero. Il cappuccio, dal quale uscivano due robuste corna ricurve, era tirato giù in modo tale da non mostrare il viso del mostro, ma non nascondeva lo sguardo della creatura: due occhi azzurri come il colore del cielo che si riflette sul ghiaccio lasciavano trasparire un dolore tremendo, causato dalla terribile ferita che gli solcava il braccio.
Leonard rimase pietrificato a quella vista; lasció cadere a terra il fiore rinsecchito e udì un sussurro proveniente dalle fauci della Bestia:
-Tu... tu hai scoperto il segreto delle viole... non ti permetteró di lasciare questo castello... adesso che sai qual è...la debolezza della Bestia...
Leonard venne afferrato con forza dalle potenti zampe del mostro e venne trascinato all'interno di quel castello che fino a qualche momento prima era stato la sua salvezza.
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Il principe maledetto
Romans"Nonostante sapesse che lui non avrebbe sentito nulla, la fanciulla gli prese il volto tra le mani, accarezzandolo dolcemente, e con tutto l'amore che provava per il suo principe maledetto appoggió delicatamente le proprie labbra sulle sue, in un ba...