"Nonostante sapesse che lui non avrebbe sentito nulla, la fanciulla gli prese il volto tra le mani, accarezzandolo dolcemente, e con tutto l'amore che provava per il suo principe maledetto appoggió delicatamente le proprie labbra sulle sue, in un ba...
I due si guardavano, l'uno negli occhi dell'altra. I loro cuori battevano all'impazzata, questa volta non per l'imbarazzo, ma a causa di una sensazione completamente nuova. Lui era così... diverso da come se lo immaginava e da come lo aveva visto fino a quel momento Belle: non faceva paura, non incuteva timore. Aveva due splendidi occhi gentili, che lasciavano trasparire tanta bontà e nobiltà d'animo, tanta generosità e gentilezza che avrebbero potuto disarmare chiunque. Il suo aspetto, per quanto mostruoso potesse essere, non intimoriva né infastidiva Belle, che finalmente aveva imparato a fidarsi di lui e aveva capito che per quanto potesse incutere timore, il suo cuore era buono e nobile. Lei era davvero bellissima. I suoi morbidi capelli castani contornavano un viso semplice e pulito, impreziosito da due grandi e lucenti occhi verdi. Gli rivolgeva un sorriso dolce e sincero: non aveva più paura di lui. Per anni aveva vissuto una vita di dolore e solitudine, dimenticato dal mondo e intrappolato nel corpo di un mostro, ma forse ora era finalmente tempo di ricominciare, di rinascere. Possibile che una creatura così bella e angelica potesse accettarlo, senza essere intimorita dal suo aspetto? Forse si. Forse poteva davvero ricominciare a vivere, ma questa volta da uomo, non da Bestia. -Non è stato così terribile dopotutto, o sbaglio? Disse sorridendo Belle. -No... infatti. Entrambi non poterono fare a meno di sorridersi a vicenda, ancora increduli ed emozionati. Poi il padrone fece un profondo respiro e le sussurró in tono sincero e riconoscente: -Vi ringrazio, Belle.
***
Per Belle, dopo diversi giorni di tristezza e paura, ora tutto era cambiato, ma per Leonard ogni giorno pesava come un macigno sul cuore, distrutto dalla mancanza della sorella e dal senso di colpa che lo affliggeva per averla lasciata in balia di un mostro. Non sapeva cosa fare. Come avrebbe potuto aiutarla? Lei ormai era nelle sue grinfie, e nel caso gli fosse venuta la folle idea di fare ritorno a quel maledetto castello, lei ci avrebbe rimesso la vita. Aveva ripreso ad ubriacarsi, più di prima; spesso si svegliava lurido e dolorante nei vicoli più bui del paese e, dopo essere riuscito a rimettersi in piedi, girovagava per la notte come un vagabondo, senza meta, solo. Tante, tantissime volte aveva tentato di convincere i compaesani ad aiutarlo a salvare la sorella, ma chi poteva mai credere alle assurde storie di bestie e magia di un povero ubriacone? Non gli rimaneva nulla: né soldi, né dignità, né l'unica persona a lui cara. Portava un peso enorme sul cuore, che ogni giorno aumentava, aumentava sempre di più, e poco a poco si trasformava, diventando sempre più logorante e marcio, fino a portarlo alla disperazione, o forse... alla pazzia: non riusciva a sopportare il pensiero che per colpa sua Belle si fosse condannata ad una vita di orrori per salvarlo: dopo aver perso entrambi i genitori, per un proprio stupido errore, era riuscito a perdere anche sua sorella. Questi pensieri, queste angosce, lo divoravano sempre di più, facendogli marcire l'animo e il cuore, facendogli perdere il senno. Se non avesse ucciso la Bestia, pensó, allora si sarebbe ucciso lui stesso, ma questo non sarebbe successo, perché il mostro avrebbe pagato per avergli rovinato la vita.
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Erano cambiate davvero tante cose in così poco tempo: qualche settimana prima Belle non osava nemmeno metter piede fuori dalla propria stanza per paura di incontrare la Bestia, ora invece si ritrovavano a passare interi pomeriggi insieme. Al padrone piaceva moltissimo sedersi sul prato accanto a Belle mentre lei disegnava: osservava con attenzione i tratti sicuri della matita che segnavano la carta, come se li stesse memorizzando, inoltre sembrava che non si stancasse mai di guardarla dal momento che, sebbene talvolta la ragazza restasse intere ore con la mano attaccata alla matita, egli non si muoveva di un centimetro né fiatava, per non deconcentrarla... e questo a Belle, per quanto trovasse strano ammetterlo, piaceva molto. Un giorno, mentre la fanciulla era intenta a ritrarre un colorato cardellino che sguazzava divertito nell'acqua della fontana, il padrone si sedette accanto a lei, estrasse da una tasca interna del mantello matita e blocco, e si mise a disegnare insieme a lei. Belle interruppe subito il proprio lavoro e lo guardó stupita: benché le sue zampe potessero essere un po' d'intralcio, i suoi tratti erano sicuri e morbidi e lei non potè fare a meno di posare il proprio materiale e, questa volta, avvicinarsi a lui per osservare con stupore come creasse un magnifico ritratto, pulito e leggero. Era davvero stupendo. -Non immaginavo che amaste disegnare! Esclamó stupita. Il padrone le rivolse un sorriso compiaciuto: -Ci sono tante cose che non sapete di me. Anche Belle sorrise. -Avete ragione. La ragazza riflettè un momento. -Una di queste è il vostro nome. -Come? -È da un po' che sono qui al castello, ma ancora non so come vi chiamate. La Bestia stette a guardarla un attimo, poi si decise: -Adam. Il mio nome è Adam. L'espressione di Belle si fece più curiosa e concentrata, come se volesse ricordare qualcosa. -Adam... -...Si? -Si... è un bellissimo nome. Si riscosse subito. -Beh, ti ringrazio. E così erano passati dal "voi" al "tu". Belle ne fu contenta. -Di niente... Adam.
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Un pomeriggio inizió a piovere, ma in un istante la semplice pioggia si tramutó in tempesta, così i due furono costretti a passare il pomeriggio all'interno del castello. Si rifugiarono in un caldo salone, alla luce di uno splendente caminetto: l'inverno era alle porte e il freddo non aveva tardato ad arrivare. Belle era accanto alla finestra ad ascoltare il rilassante scroscio della pioggia; in lontananza si scorgevano le montagne boscose avvolte dalle nuvole e dalla nebbia, il cielo era di un grigio plumbeo che sembrava opprimere tutto ció che gli sottostava e i lampi rischiaravano la buia notte nella quale era stata inghiottita la luce del giorno. Si stringeva in un caldo mantello scuro che le aveva donato il padrone e guardava assorta lo spettacolo che quel pomeriggio la natura aveva voluto mettere in atto. Pensava a suo fratello. -Va tutto bene? Le chiese gentilmente il padrone. Belle si volse verso di lui con un'aria triste e sconsolata. Gli rivolse un mezzo sorriso. -Si... sto bene. Era piuttosto evidente che non fosse così. -A cosa pensi? La fanciulla sospiró. -A mio fratello. Il padrone abbassó lo sguardo. Sapeva benissimo che la colpa della tristezza della fanciulla non era altro che sua. -Deve mancarti. Una lacrima sfioró la guancia di Belle, ma se l'asciugó in fretta, perchè lui non la vedesse. -Moltissimo. Adam la guardó dispiaciuto, poi anche il suo sguardo si perse nella pioggia. -Vorrei mostrarti una cosa. La sua voce era calda e tranquilla, ma Belle non potè fare a meno di percepire una nota di profonda tristezza nel suo tono.
Il padrone la guidó per lunghi corridoi, enormi sale e saloni e alte scalinate, finché non giunsero davanti all'enorme scala di marmo nero dell'ala Ovest. Quando arrivarono, Belle si irrigidì: la Bestia le aveva espressamente vietato di avvicinarsi a quel luogo proibito, ma ora lui stesso l'aveva condotta lì. Cosa voleva mostrarle? -Non avere paura. Furono le uniche parole che le rivolse il padrone. Dopo essere saliti percorsero ancora un ampio corridoio, non particolarmente lungo, finchè non raggiunsero un enorme portone di mogano, rilucente di splendidi intarsi dorati che lo ricoprivano interamente.
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Non appena furono arrivati, il padrone poggió la zampa sul battente dorato, raffigurante la testa di un leone, ma esitó ad aprire: rimase qualche momento con lo sguardo perso nel vuoto, come se si fosse pietrificato. Belle non disse nulla: ebbe la sensazione che quello che stesse per mostrarle fosse qualcosa di molto personale e doloroso per lui, quindi volle lasciargli tempo e non mettergli fretta. Infine il padrone parló, con tono fermo ma al contempo preoccupato, rivolgendosi a Belle. -Belle... -Si...? Rispose a voce bassa la fanciulla. -Come ti ho già detto, ci sono tante cose che non sai di me, e molte di queste sono particolarmente dolorose da ricordare... La ragazza stette in silenzio, guardandolo con aria interrogativa, ma con la sua solita dolcezza. Allora la Bestia riprese, tenendo sempre lo sguardo rivolto nel vuoto: -...ma c'è qualcosa che vorrei mostrarti, perché credo che sia giusto che tu ne sia a conoscenza. Detto questo, il padrone guardó la ragazza, come se volesse accertarsi che fosse pronta; lei lo scrutó con i suoi grandi occhi verdi, e, vedendo quanto fosse turbato, gli poggió delicatamente una mano sul braccio. Quel gesto valse più di mille parole. Allora la Bestia spalancó il portone e una fioca luce illuminó i loro volti.