Capitolo VII
Quella sera Belle stette nella sua stanza, seduta sul davanzale della finestra ad ammirare il giardino alla luce della luna.
Quello che era accaduto alle viole non appena le aveva bagnate l'aveva lasciata con mille domande, alle quali non sapeva trovare risposta. Dalla finestra entrava una piacevole brezza notturna, che faceva tremare la fiamma della candela appoggiata sul pianoforte e muoveva delicatamente i boccioli di viola, richiusi su loro stessi, addormentati. Belle si avvicinó al rampicante che avvolgeva parte del pianoforte e osservó attentamente un piccolo bocciolo: le venne in mente come con un solo tocco il padrone avesse fatto appassire un'intera pianta quel pomeriggio in giardino. Curiosa, sfioró con delicatezza il bocciolo e subito una luce chiara lo avvolse, facendolo sbocciare.
Perchè il suo tocco non lo aveva fatto appassire mentre quello del padrone si? Perchè, quando li toccava lei, i fiori sbocciavano? Belle era profondamente confusa.
Guardó l'orologio a pendolo accanto al letto: segnava le otto e mezza: era ora di cena.
La ragazza scese nella sala da pranzo e trovó un posto apparecchiato a capotavola, circondato da vassoi e coppe contenenti ogni tipo di prelibatezze. Si sedette, ma non toccó cibo: aveva troppe domande per la testa, e il fatto di non poter in alcun modo avere delle risposte la turbava profondamente.
Riflettè a lungo sulla scelta da prendere, infine si alzó da tavola e guardando dritto davanti a sé disse con voce chiara:
-Se per voi non è di troppo disturbo, desidererei che questa sera cenaste con me.Il cuore le batteva all'impazzata, ma non aveva paura: sapeva che il padrone non le avrebbe fatto del male.
Dopo qualche minuto sentì bussare al portone della sala; la porta si aprì per metà, ma non entró nessuno.
-Desiderate che questa sera io ceni con voi?
Chiese timidamente e con una certa sorpresa una voce gentile aldilà della porta.
-Si, vi prego di sedervi al tavolo con me. Dopotutto siete il padrone di casa, non è affatto consono che lasciate che un'ospite possa fare ció che le pare e piace nel vostro castello.
-Se è quello che desiderate sarà fatto, ma non dimenticate che se la mia presenza dovesse infastidirvi non esiteró ad andarmene.
Il padrone, nascosto nel suo mantello nero, entró nella sala, si sedette difronte a Belle e non appena alzó lo sguardo, il candelabro davanti a lui si spense, nascondendogli il volto.
-Non credo che vogliate vedermi.
Spiegó la Bestia.
Belle continuó a guardarlo.
-Vi sbagliate.
Rispose con tono deciso.
-Vi ho chiesto di cenare con me anche per potervi vedere: è da quando sono arrivata qui che non ho visto altro che la vostra ombra. Desidererei vedere in volto la persona con cui dovró passare il resto della mia vita.
Continuó sicura, ma con tono gentile.
La Bestia abbassó il capo.
-Mi stupite, Belle. Questa mattina vi ho chiesto di voltarvi, ma avevate una tale paura di me che non avete mosso neppure un muscolo, adesso siete voi che mi chiedete di farmi vedere da voi. È strano, non trovate?
Belle non seppe cosa rispondere.
-Vorrei solo accertarmi di una cosa.
La ragazza intuì che la Bestia la stava guardando con aria interrogativa ma allo stesso tempo curiosa.
-Volete accertarvi nuovamente che chi vi sta davanti sia davvero un mostro? Ebbene, non ce n'è bisogno. La creatura orrenda che avete visto ieri esiste ed è seduta proprio difronte a voi.
Disse in tono ironico ma triste il padrone.
-So bene quello che ho visto ieri, ma non è di questo che voglio accertarmi.
Lo sguardo della Bestia, sebbene fosse nascosto dal buio, si fece ancora più curioso, e Belle lo avvertì.
I due stettero qualche minuto in silenzio, poi il padrone sospiró, alzó lo sguardo e il candelabro si riaccese, illuminando la sua mostruosa figura: il volto era ancora oscurato dal cappuccio, ma non era questo che Belle voleva vedere, bensì la ferita sul suo braccio. I due si guardarono per un po', con un po' di imbarazzo, poi Belle chiese gentilmente:
-Come sta la vostra ferita?
La Bestia la guardó con aria stupita.
-Come?
-Vi ho chiesto come sta la vostra ferita.
Continuó la ragazza.
Egli stette qualche minuto immobile, in silenzio, poi rispose:
-Non so di cosa stiate parlando.
Belle era sicura che avrebbe risposto così.
-Sareste così gentile da mostrarmi il vostro braccio destro?
Il padrone la scrutó con gli occhi nascosti nell'ombra, ma la ragazza avvertì che nel suo sguardo c'erano stupore e diffidenza.
Dopo qualche minuto, spinto dalla curiosità di Belle, il padrone poggió il braccio destro sul tavolo, poi la guardó:
-Come vedete non c'è nessuna ferita.
-Vedo.
Rispose Belle con tono gentile.
Ora era tutto più chiaro: aveva ricevuto la risposta a tutte le sue domande.
Quelle viole, quei piccoli e delicati fiori apparentemente normali avevano in verità un potere sul padrone che neanche lui poteva controllare. Quando aveva rinchiuso suo fratello era perché aveva colto una viola; quando l'aveva colta lei, invece, aveva sentito un potente ruggito provenire dall'interno del castello; la Bestia le aveva detto che sia lei che suo fratello sarebbero potuti essere causa di dolore o addirittura di morte per lui, poiché sapevano qualcosa che avrebbe potuto danneggiarlo gravemente, e infine quel pomeriggio aveva visto una profonda ferita sul braccio del padrone, che era magicamente scomparsa quando Belle aveva curato il rampicante della fontana.
Ora conosceva il motivo per cui non avrebbe più potuto lasciare il castello: nel caso in cui le viole fossero state danneggiate, la Bestia sarebbe stata sfregiata da terribili ferite, che avrebbero potuto portarlo addirittura alla morte, e se qualcuno fosse venuto a conoscienza della sua esistenza e del potere dei fiori che avvolgevano l'intero castello, per lui non ci sarebbe stato scampo.
Il padrone la osservó con attenzione mentre Belle rifletteva.
-E dunque ora avete capito tutto.
Disse con tono freddo e rassegnato.
-Si, ora ho capito.
Il silenzio ripiombó nella sala.
-Dunque ora saprete come sbarazzarvi del mostro che vi ha rovinato la vita.
Belle stette in silenzio.
-Cosa importa ormai. Non ho più nulla da perdere. Fate di me quel che volete, non ha più importanza. Per me non c'è più motivo di vivere. Vorrei soltanto, se me lo permetterete, esprimere un ultimo desiderio prima che facciate quel che dovete.
Belle rimase in attesa.
-Vorrei che mi perdonaste.
Apparentemente poteva sembrare, ad occhi piuttosto insensibili, che Belle fosse rimasta impassibile a quelle parole, ma il suo cuore scoppiava, scoppiava di tristezza, di stupore, di confusione, di compassione. Non avrebbe mai creduto che una creatura del genere potesse provare questi sentimenti, che potesse chiederle perdono per quello che aveva fatto, che potesse desiderare di morire perchè non aveva più nulla, né nessuno. Ora aveva la possibilità di vendicarsi di ciò che aveva fatto, per se stessa e per suo fratello, ma Belle prese un'altra decisione, nobile come il suo animo, poichè aveva finalmente capito di non essere capitata lì per caso, e che c'era qualcuno che aveva bisogno di lei più di chiunque altro al mondo.
In quel momento le parve di scorgere nel buio il volto di sua madre, attraversato da un dolce sorriso.
La Bestia si alzó da tavola e si diresse verso il portone.
-Io non faró nulla di tutto questo.
Lo bloccó Belle.
Egli rimase immobile con la zampa appoggiata alla maniglia della porta.
-Non ho intenzione di raccontare nulla a nessuno.
Il padrone si voltó lentamente verso di lei, senza staccare la zampa dalla maniglia.
-E perché mai non dovreste?
Rise tristemente.
-Non ho fatto altro che rovinare la vostra vita e quella di vostro fratello. Ne avreste tutto il diritto.
Anche Belle si alzó da tavola.
-No, vi ho detto che questo non accadrà. È vero, ho passato tre giorni di inferno, pensando a tutto ciò che ho perso, a mio fratello, alla mia vita. Peró adesso io vi perdono, perchè so il motivo per cui avete fatto questo, perchè non ci avete lasciati andare.
La Bestia si voltó completamente verso di lei, guardandola con il volto coperto dal cappuccio nero.
-Perchè l'ho fatto?
Domandó con la voce rotta.
-Perchè non avete perso la speranza.
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Il principe maledetto
Romance"Nonostante sapesse che lui non avrebbe sentito nulla, la fanciulla gli prese il volto tra le mani, accarezzandolo dolcemente, e con tutto l'amore che provava per il suo principe maledetto appoggió delicatamente le proprie labbra sulle sue, in un ba...