Capitolo 10

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"Ho capito che gli abbracci ti possono salvare.
Che due mani possono non farti precipitare.
Che al mondo c'è ancora qualcuno per cui vale la pena rischiare."

~Brian
Ormai era da qualche ora che dormiva tra le mie braccia e non le levavo gli occhi di dosso. Non potevo ancora credere che finalmente fossi riuscito a baciarla e a stringerla a me, la desideravo più di qualsiasi cosa. Mai avrei pensato di provare qualcosa per una ragazza così odiosa. Più mi respingeva e più impazzivo per lei, non potevo farci niente.
Ormai la sera era calata da un pezzo e finalmente la vidi muoversi contro il mio petto e aprire i suoi magnifici occhi color oceano. Subito li puntò verso i miei e in contemporanea ci regalammo un sorriso. Fece una faccia davvero stranissima, si mise seduta con una mano sullo stomaco e mi fece preoccupare. Stava per caso male? Improvvisamente, con tutta la serietà di questo mondo, disse
-Ho fame.- scoppiai a ridere, facendo si che sul suo volto spuntasse una smorfia offesa. A quel punto dissi
-Per carità, corriamo subito a mangiare, non vorrei rischiare che mi mangiassi.- mi diede un leggero pugno scherzoso sulla spalla, si alzò e scalza scese in cucina. La seguii e la vidi prendere qualcosa dal frigorifero: del pollo cucinato a pranzo. Lo riscaldò nel microonde e lo divise in due piatti, porgendomene uno. La ringraziai e mi sedetti difronte a lei. Mangiammo in silenzio, lanciandoci sguardi di tanto in tanto. Cenammo tardi, verso le 21.30, a causa del nostro "riposino". Quando finimmo, le arrivò una chiamata. Dopo aver lanciato uno sguardo allo schermo, rispose al volo, alzandosi da tavola. Sentii tutta la conversazione, anche quello che diceva chi era dall'altra parte del telefono. Andare a ballare? Una buona idea.
Quando Ellen tornò in cucina e aprì la bocca per parlare, la precedetti e dissi
-Certo che vengo, è da un po' che non mi diverto.- mi guardò spaesata, poi capì come avevo fatto a sentirla e disse
-Felice che ti voglia divertire, ma chi te lo dice che ti voglio portare con me?- mise una mano sui suoi fianchi perfetti e con un ghigno stronzo sul volto, mi guardò sfidandomi con lo sguardo.
-Non mi aspettavo niente ma siccome è una discoteca pubblica posso andarci quando voglio.- dissi strafottente, ghignando. Sbuffò e se ne andò in camera sua, sicuramente a prepararsi. Feci lo stesso io, mettendo una t-shirt nera e un jeans blu scuro, con le Adidas superstar. Subito dopo scesi in soggiorno, trovando Ellen già pronta, meravigliandomi della sua velocità e della sua bellezza; la mangiai con gli occhi da capo a piedi. Indossava un fascia stretta rossa che le ricopriva a malapena la fine delle costole che metteva in risalto le sue forme che avrebbero fatto invidia anche ad una modella; un paio di pantaloncini neri corti a vita alta, strappati alle estremità che le stringevano le curve in un modo divino; infine dei tacchi a spillo rossi completavano il tutto. La guardai estasiato, trattenendomi dal non saltarle addosso e finalmente riuscii a guardarla in faccia. Si tirò il labbro inferiore con i denti, facendomi trattenere il respiro per un attimo.
-Sai? hai un brutto vizio...- sussurrai guardandola negli occhi.
-Quale?- domandò lei ricambiando lo sguardo.
-Quello di farmi impazzire anche solo guardandomi.- dissi avvicinandomi a lei. Il suo telefono, interruppe quel momento. Le era arrivato un messaggio, quindi prese il cellulare che aveva in tasca e lesse.
-È arrivato Max.- disse rimettendo in tasca il telefono. La guardai confuso, chi era Max?
-È un mio amico, su andiamo.- disse capendo la mia confusione. Un amico? Improvvisamente mi sentivo nervoso.
Uscimmo di casa e salimmo su una Audi parcheggiata davanti casa sua. Lei salì davanti e a me toccò dietro.
-Buonasera bambolina.- disse il tizio dandole un baciò troppo vicino alla bocca. Ora capisco, probabilmente voleva morire. Mi lanciò uno sguardo dallo specchietto retrovisore e domandò ad Ellen.
-E lui, chi è?- chi ero io? Chi era lui.
-Lui è un amico di famiglia.- disse con disinvoltura. Quella frase non so perché, ma mi fece un male terribile. Il tizio che voleva la faccia rotta si accorse della mia espressione infastidita e mi regalò un sorrisetto soddisfatto. Giuro che lo picchio.
Finalmente arrivammo e scendemmo dalla macchina. La musica si sentiva già dal parcheggio e si prevedeva una serata davvero interessante, o almeno lo credevo.

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