"Città piene di luci con persone spente."
~Ellen
Era da ore che guardavo il soffitto, ne ero sicura. Quando mi sono svegliata, era pomeriggio e adesso completamente buio. Sospirai frustrata e misi le mani sul volto. Venni distratta dal mio stato di depressione, dalle più dolci delle melodie. Tesi le orecchie e mi misi seduta; qualcuno stava suonando il pianoforte. Senza esitare, mi alzai dal letto e a piedi scalzi, uscii dalla camera. Mi feci guidare da quella scia di musica e mi imbattei in una grande sala, completamente vuota, con al centro solo un pianoforte a coda. Klaus era li, di spalle, che carezzava i tasti del pianoforte come se fossero dei fiori delicati. Mi avvicinai piano, fino ad arrivare a qualche passo da lui. Continuò a suonare, indifferente della mia presenza dietro di se. Chiusi gli occhi, beandomi di quelle note calde quanto fredde. Di una cosa sono sicura, questa è una sinfonia di Beethoven. Troppo concentrata e rilassata, non notai che la musica era cessata. Aprii gli occhi e il cuore sussultò dalla sorpresa. Klaus era davanti me, a pochi centimetri dalla mia faccia. Il cuore minacciò di uscirmi dal petto.
-Vedo che ti piace il pianoforte.- disse guardandomi ancora più intensamente, quasi a farmi mancare il fiato.
-Vedi bene.- dissi io, cercando di non sbilanciare il mio temperamento e mantenere la compostezza. Ebbi la forza di fare qualcosa, e andai indietro. Lui per fortuna non si avvicinò, restò li a guardarmi. Ad un certo punto mi chiese
-Hai fame?- adesso che ci penso, ne ho, ed anche molta. Annuii pensierosa e lo seguii da qualche parte dell'enorme casa. Ci sedemmo uno di fronte l'altro nel grande tavolo e confusa, aspettai in silenzio non so cosa per dieci minuti. Da non so dove, spuntò un ragazzo, che mi servì un piatto coperto. Ecco cosa stavamo aspettando, che ci servissero la cena. Sollevai il coperchio e ringraziai il cielo per quello che avevo davanti: tacchino con patate. Avendo molta fame, era il minimo che potesse saziarmi. Mangiai tutto in silenzio, sentendo il suo sguardo su di me, ma feci finta di non accorgermene. Mangiai l'ultima forchettata del mio piatto e una domanda attanagliò la mia mente, però decisi di aspettare un passo da lui.
-Che ne dici se ci accomodiamo in salotto?- mi domandò lui. Come immaginavo, avrebbe detto qualcosa, so che è a conoscenza delle mie domande. Acconsentii e insieme a lui, entrai in una stanza altrettanto grande, con divani di pelle rosso scuro, di cui mi innamorai subito. Io mi sedetti sul morbido divano circolare e lui di fronte a me, su una poltrona abbastanza grande da poter ospitare a sedere due persone.
-Parla pure.- disse lui, capendo il mio disagio. Mi schiarii la voce e dissi
-Sei un vampiro?- strinse le labbra in una linea dura e portò alle labbra il bicchiere contenente un liquido rosso, che sperai non fosse quelle che pensavo, cioè sangue.
-Si, lo sono.- mi morsi il labbro, nervosa. Adesso i miei dubbi sono fondati e quello è sangue.
-Perché anche tu hai il gene? Di solito lo eredita solo un figlio.- domandai ancora, senza timore ormai. Mi guardò fugace e disse
-Giusto, vedo che sei informata. Il problema è che solo un figlio per ogni coppia erediterà il gene, soprattutto se uno dei due non ce l'ha. Se sono in due ad averlo, con più probabilità nasceranno più figli che lo hanno, poi ovviamente ci saranno quelli che lo faranno ereditare ai futuri figli, sai come funziona, c'è sempre, indipendentemente dai fattori dominanti o meno che un individuo dimostra. Torniamo a me: io sono nato da un padre diverso, d'altronde un vampiro, ed è successo che anche io l'ho ereditato. Ecco il motivo per cui ti dicevo che avendo lo stesso gene, per non porre fine alla nostra dinastia, procreando avremmo avuto più possibilità di fare figli che hanno il gene.- rimasi perplessa, ma compresi che voleva dirmi. Ancora un po' scioccata, annuii e non diedi peso all'esempio di me e lui insieme che mi aveva portato. Improvvisamente pensai a Brian; ero sicura che mi stesse cerando e che fosse preoccupato.
-Continuo a non capire perché mi hai rapita.- dissi a quel punto io.
-Io non lo reputerei come tale, però se la pensi così, va bene. L'ho fatto semplicemente perché non potevo entrare nella tua vita e dirti: ciao, sono tuo fratello, quello che credevi morto. Così mi hai riconosciuto subito e mi hai creduto, e poi... avresti dovuto vivere con me.- disse, facendomi incupire.
-Klaus, io...- venni interrotta da lui che disse
-Lo so, ma sono troppo egoista per lasciarti ritornare da lui.- cercai di riprendere il controllo su di me e dissi
-Saranno tutti preoccupati a casa mia, fammi tornare da loro.- fece un sorriso amaro e mi rispose
-Così correrai tra le braccia del tuo adorato Brian?- a quelle parole stetti zitta, abbassai la testa e strinsi i pugni sulle ginocchia.
-Allora preparati ad avermi nella tua vita, Klaus, ma di certo contro la mia volontà.- dissi a denti stretti. Mi alzai e a passo svelto, mi inoltrai negli immensi corridoi dell'abitazione, entrando in una camera da letto completamente estranea, chiudendomici a chiave. Mi buttai sul letto e un ennesima volta, scoppiai a piangere.

STAI LEGGENDO
Blood Attraction
Fantasy*SCENE DI SESSO ESPLICITE* Ellen è una ragazza di diciotto anni. Il padre, un noto imprenditore e fondatore di una famosa marca di auto sportive, si occupa di lei. La madre purtroppo è morta dieci anni fa, lasciandola sola ancora troppo piccola. È l...