10. No e contrattare

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Puzzavo di patatine fritte, come tutte le sere da parecchio tempo. Mi sfilai la maglietta del McDonald e la sistemai dentro al mio armadietto.
«Quindi tu hai la sua bandana?», Abby sollevò un sopracciglio e io sbuffai. Le avevo raccontato della serata precedente almeno cinque volte.
«Sì, lo hai capito ora?», legai i capelli e mi chinai per infilare le scarpe.
«Avevo capito già dalla prima volta che me lo hai raccontato, però mi piace darti fastidio», fece spallucce e la guardai male.
«Sei simpatica, davvero», mi misi la borsa in spalla e la aspettai per uscire.
«Programmi per stasera?», mi chiese mentre attraversavamo la sala con i tavolini.
«Penso che andrò a dormire, tu e Cody invece?», le diedi di gomito ridacchiando, Abby scosse la testa e mi sorrise.
«Ti dirò tutto domani», il tono solenne con cui lo disse mi fece storcere il naso.
«Magari i dettagli te li puoi risparmiare», spinse la porta del negozio e fummo investite dalla calda aria estiva. Ci salutammo e poi io girai a sinistra e lei a destra.

Mentre tornavo a casa in macchina potei osservare come la città fosse continuamente attiva. Ragazzi e ragazze camminavano insieme dirigendosi, probabilmente, verso un pub o una discoteca e mi fu inevitabile pensare a come tutto fosse cambiato all'interno del nostro gruppo. L'arrivo di Harry (come avevo già detto e presupposto) aveva stravolto la situazione.

Abbassai la frizione, cambiai la marcia e frenai fermandomi davanti al mio condominio. Uscendo dall'auto vidi con la coda dell'occhio quella di Harry, segno che era in casa. Sospirai pensando alla sera prima ma scossi la testa come a far andare via quei pensieri: avevo bevuto più del dovuto e mi ero fatta sopraffare dalle circostanze, cosa che io non facevo mai.

Premetti il bottone dell'ascensore con il numero del mio piano e aspettai che le porte si aprissero. Quando arrivai al pianerottolo del mio piano notai con stupore che Liam era davanti alla mia porta. Rimasi ferma per qualche istante pensando a quali fossero le mie opzioni: tornare di sotto, ignorarlo e sbattergli la porta in faccia oppure sentire cosa aveva da dirmi. Considerato che lui rimaneva sempre quello che consideravo come un fratello maggiore, mi avvicinai e quando fui a due passi dalla sua figura, rivolta verso la porta, lo chiamai.

«Liam», si voltò sorpreso e mi guardò studiando il mio stato d'animo.
«Meg», fece un passo verso di me e io presi un respiro che lo fece fermare. Infilai la chiave nella toppa e feci scattare la serratura aprendo la porta, quando fui dentro al mio appartamento mi voltai verso di lui.
«Entra», più che un invito sembrò un ordine e mi feci presente che avrei dovuto addolcire il tono se volevo avere una conversazione normale con lui.

Liam attraversò la porta e se la chiuse alle spalle. Sentivo i suoi passi che mi seguivano in cucina dove posai la borsa sul tavolo. Aprii il frigo e presi una birra, stavo per afferrarne una anche per me ma poi cambiai idea e indirizzai la mia mano verso uno succo di frutta. Porsi la birra a Liam, ancora in piedi sulla porta della cucina.
«Ti puoi sedere se vuoi», mi sforzai di essere gentile anche se stavo pensando "Perché non mi hai detto niente?".
Liam fece strisciare la sedia sul pavimento e ci si sedette. Bevve un sorso di birra e poi parlò.
«Sono passato ieri sera ma non c'eri».
«Ero da Harry», mi giustificai.
«Sono contento che tu l'abbia accettato», risi appena.
«Non è mica un figlio illegittimo a cui ho concesso la maternità», mi appoggiai al piano da lavoro.
«Lo so, ma mi sembra che ci sia una certa intesa tra di voi», a corto di parole scossi la testa e cambiai discorso.

«Mi ha parlato del piano, ho fatto delle piantine più dettagliate in base a quanto mi ricordavo e mi aveva detto Drew», mi guardò stupito.
«Quindi hai deciso di aiutarci?».
«No, sono ancora arrabbiata con Zayn», risposi.
«E con me?», chiese cautamente.
«No, non più. Ma vorrei sapere perché non mi hai detto nulla, l'unico che mi ha dato qualche indizio è stato Harry, e June ovviamente», lui annuì.
«Ho detto io a Harry di fartelo sapere, Zayn sospettava che io te lo dicessi e mi aveva detto che nel caso mi avrebbe sbattuto fuori», strinsi le labbra in una linea dura e annuii. «June, invece, ha solo un senso di protezione verso di te perché sei l'altra ragazza dal gruppo», si alzò dalla sedia e mi si avvicinò. Mossi un passo verso di lui e mi ritrovai improvvisamente tra le sue braccia che mi stringevano stretta.

«Ti voglio bene, Liam», sussurrai sulla sua maglietta.
«Anche io te ne voglio, Meg», mi baciò dolcemente i capelli e mi allontanò.
«Film?», proposi.
«Solo se hai il gelato».
«Io non ho ancora mangiato, prendiamo una pizza?».

Upside down |H.S.|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora