23. Licenziarsi e patto

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Quando suonò la sveglia di Harry e lui si stiracchiò nel letto, io ero già sveglia e con gli occhi ben aperti. Rimasi immobile fingendo di dormire ancora, ricevetti il solito bacio sulla testa – ogni mattina ne ricevevo uno – e  poi mi girai verso di lui sospirando.
   «Buongiorno», gli sorrisi e mi alzai dal letto andando a preparare la colazione. Uova strapazzate e caffè per lui, bagel con formaggio spalmabile e succo di arancia per me. Apparecchiai la penisola della cucina con la tovaglietta verde e il coltello – per me – e la tovaglietta gialla con forchetta e coltello – per lui –.
Avevamo preso ormai delle abitudini che si manifestavano in gesti abituali.

Mentre il bagel si tostava leggermente e il caffè veniva su, girovagai per l'open space sprimacciando i cuscini del divano, sistemando i telecomandi sul tavolino basso, aggiungendo un paio di gocce di essenza rilassante al pout-pourri di fiori secchi che avevo vuotato dentro una ciotola che era finita sul tavolino da caffè davanti al divano e poi mi ritrovai a svuotare il posacenere che avevo lasciato sulla finestra la sera prima. Presi in mano la sigaretta a metà e la misi tra le labbra per accenderla, poi cambiai idea e la riposai nel posacenere con un sospiro.

   «Da quando fumi così tanto?», mi chiese Harry depositando un bacio sulla mia guancia.
   «Non so, da quando è diventato uno sfogo, immagino», arricciai il naso disprezzando la mia cattiva abitudine e posizionai nuovamente il posacenere sul davanzale.
   «Puoi sfogarti con me, lo sai», Harry mi seguiva con lo sguardo ma evitai di incrociarlo.
   «Sì, lo so», versai il caffè nella tazza di  Harry e gliela porsi.
   «Grazie», prese la tazza e si sedette su uno sgabello. «Allora perché non me ne parli?», voleva davvero affrontare il discorso di prima mattina mentre io ero ancora in pigiama?

   «Oggi vado a lavoro ma torno per pranzo, mi passi a prendere?», gli chiesi spalmando con un coltello la crema di formaggio sul bagel.
   «Va bene», sospirò. «Meg?».
   «Uhm?», alzai gli occhi e gli sorrisi innocentemente.
   «C'è qualcosa che non va?», fece il giro della penisola e mi abbracciò da dietro.
   «No, va tutto bene», lo rassicurai accarezzandogli il dorso delle mani.
   «Non sei convincente», mormorò sul mio collo prima di lasciarci un bacio.

Mi voltai e lo abbracciai. Lo strinsi talmente forte da avere male alle braccia e inspirai il suo profumo fresco di limone con quel sentore caldo tipico delle caldarroste. Mi accarezzò la schiena e mi lasciai coccolare per qualche istante.
   «Baciami», lo supplicai con le lacrime agli occhi, ma lui, fortunatamente, non lo notò. «Ti prego».
Mi accarezzò dolcemente le labbra con le sue ma io gli sfiorai il labbro inferiore con la punta della lingua e lui dischiuse la bocca. Ci baciammo intensamente appoggiati alla penisola in un groviglio di braccia.

   «Ti vengo a prendere a mezzogiorno», mi sussurrò allontanandosi e sedendosi su uno sgabello. Mi sedetti sulle sue gambe e facemmo colazione abbracciati, poi mi andai a cambiare e lui sistemò i piatti sporchi nella lavastoviglie. Harry mi raggiunse in camera mentre io mi agganciavo il reggiseno e ricevetti un'occhiata maliziosa. Avrei voluto avere più tempo per poter passare un momento di intimità con lui, ma era tardi e mi limitai a chiedergli di agganciarlo al posto mio. Infiali velocemente una canotta e un paio di jeans e lo baciai ancora una volta prima di uscire rapidamente di casa.

Mentre guidavo verso il McDonald dove lavoravo, chiamai Liam. Rispose al terzo squillo.
   «Devo parlarti», dissi in tono brusco e lui acconsentì ad ascoltarmi pazientemente.

***

La chiacchierata con Liam mi aveva portata ad altri pensieri e altre preoccupazioni, però di una cosa ero sicura e decisi che almeno quella l'avrei conclusa.

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