3. Hamburger e giraffa

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Se c'era una cosa che odiavo era la puzza di fritto che rimaneva impregnata nei vestiti, proprio non la sopportavo. Indovinate dove lavoravo? Al McDonald. A fine turno tornavo a casa che puzzavo di patatine fritte e ketchup e mi ritrovavo costretta a buttare tutto in lavatrice e lavarmi con la striglia per i cavalli. Però mi serviva un lavoro stabile: ero stata la terza dipendente ad essere assunta nel fastfood e come tale avevo un contratto a tempo indeterminato con orari fissi, perciò non mi potevo lamentare. Il mio turno era quello serale, dalle 18:00 alle 24:00 e mi ero abituata a tornare tardi, anzi, spesso raggiungevo i miei amici in quale pub o discoteca dopo il lavoro e non mi pesava più di tanto.
Quella sera però non sarei uscita con i miei amici: Zayn era impegnato ad architettare il nuovo colpo ad Atlanta e June lo aiutava, Niall ci aveva raccontato che avrebbe portato a cena fuori una ragazza che aveva conosciuto per caso due giorni prima, Louis aveva espressamente detto che non aveva voglia di uscire, Harry non sapevo cosa stesse facendo e Liam si era offerto di venirmi a prendere dopo il lavoro e di passare una serata a casa mia in totale tranquillità.
«Uno Spicy Burger e una patatina!», urlò Abby ai ragazzi in cucina. Abby era la mia migliore amica, oltre che collega, ovviamente. Quello che mi piaceva di lei era la schiettezza e la sincerità; era una ragazza molto semplice, non usava grandi vestiti e trucchi, anche se con il fisico che aveva poteva tranquillamente indossare abiti stretti e tacchi alti, ma il suo abbigliamento preferito era leggins e felpa.
«Ecco a lei la sua ordinazione», porsi gentilmente l'Happy Meal e la Coca cola alla mamma che teneva per mano sua figlia per poi procedere con il cliente successivo.
«Un Crispy McBacon e una Coca-cola», digitai velocemente l'ordinazione sul monitor e la inviai alla cassa che stampò lo scontrino che porsi al ragazzo davanti a me.
«Quattro dollari e cinquanta»,  sorrisi e mi voltai subito verso la cucina urlando il nome del panino. «Scusa, Ab», sfiorai il braccio della mia amica che si spostò facendomi raggiungere la spillatrice della bevanda. Senza perdere il ritmo e tempo continuai a servire clienti il più velocemente possibile senza però commettere errori ed essendo paziente con le persone maleducate che, purtroppo, mi ritrovavo a notare fossero sempre di più.
Un'ora e mezza più tardi mi stavo sfilando schifata la mia divisa nello spogliatoio.
   «Programmi di questa sera?», chiese Abby passandosi una mano tra i capelli ricci e crespi molto afro che io adoravo.
   «Mi passa a prendere Liam», spiegai scrollando le spalle e spruzzandomi il deodorante spray sotto le ascelle.
   «Strano!», esclamò retoricamente lei afferrando il deodorante dal mio armadietto.
   «Non dire così! Lo sai che abbiamo un buon rapporto io e lui!», mi giustificai infilando i jeans.
   «Certo che avete un buon rapporto, infatti mi chiedo se non sia qualcosa di più di un'amicizia», spiegò tirando su la cerniera della felpa.
   «Non c'è nulla se non un'amicizia, tranquilla», le poggiai una mano sul braccio e mi fu impossibile non notare la differenza tra le nostre carnagioni: io ero pallida mentre la sua era di parecchi toni più scura.
   «Certo», annuì poco convinta. Era inutile provare a spiegarle che non c'era nulla di sentimentale tra me e Liam, tanto quando partiva con un'idea era impossibile cambiarla.
   «Tu con Christopher?», domandai infilando le Vans.
   «Non si è più fatto sentire», sospirò e chiuse l'armadietto bruscamente e vi si appoggiò con la schiena.
  «Scrivigli tu se ti manca», suggerii.
  «È inutile, non mi risponderebbe. Mi sta evitando, capisci?», mi spiegò gesticolando, come suo solito. Christopher era il suo fidanzato, ma avevano litigato un paio di giorni prima a causa di una stupidaggine: lei era stanca per via del turno serale e non aveva voglia di andare a festeggiare il loro anniversario sulla casa sul lago di lui, così aveva proposto di partire la mattina e di passare la sera a casa, lui si era arrabbiato e ora la stava ignorando.
   «Non potrà evitarti per sempre!», esclamai mettendomi la borsa in spalla.
   «Certo, ma fino a quando lo farà io starò con il dubbio che mi abbia lasciata!», ribatté precedendomi nell'uscire dallo spogliatoio.
   «Allora chiedigli qual è la vostra situazione attuale, no?»,attraversammo la sala con i tavolini e uscimmo in strada.
   «No! Tu con Drew l'avresti mai fatto?»,  mi voltai di scatto verso di lei.
   «Lo sai che non mi va di parlare di Drew!», la ammonii.
   «Lo so. Lo avresti fatto?», mi chiese nuovamente.
   «Sì, e ti ricordo che l'ho fatto!», sbuffai. Parlare di Drew era l'ultima cosa che volevo fare. La nostra rottura non era stata tragica, questo è da mettere in chiaro, ma l'argomento "L'ex di Megan" era un tabù. Per me quando una storia finiva era finita, non si poteva più riaprire. Io non chiudevo il capitolo, chiudevo direttamente il libro e lo bruciavo. Con Drew, però, il libro non era stato gettato nelle fiamme, così quando ci eravamo ritrovati qualche mese prima ed eravamo finiti nello stesso letto mi ero chiesta cosa sarebbe successo tra di noi, cosa fossimo. Ne avevamo parlato e avevamo stabilito che eravamo semplicemente degli ex. Non amici, non conoscenti. Ex.
   «Ora devo andare, Liam mi sta aspettando. A domani, Abby», le scoccai un bacio sulla guancia e lei fece lo stesso, poi mi infilai nella macchina del mio amico. L'aria condizionata dava sollievo dal caldo torrido che in quei giorni opprimeva la città e a rendere ancora più piacevole quel momento era I got my mind set on you che stava passando alla radio.
«Com'è andata al lavoro?», mi chiese gentilmente Liam mettendo in moto l'auto.
«Tutto nella norma. Hai incontrato Niall oggi?», gli chiesi. La settimana prima, quando Zayn ci aveva detto che il colpo sarebbe stato ad Atlanta, Niall aveva chiesto a Liam di aiutarlo a fare qualcosa di "segreto" che nessuno tranne loro poteva sapere.
   «Sì, alla fine non era nulla di così misterioso, ma lo sai com'è fatto il biondo...», sospirò scuotendo la testa.
«Ho comprato il gelato», disse poi cambiando discorso.
   «Ma io ti amo!», esclamai ridendo. «Alla stracciatella?», domandai speranzosa: io adoravo il gelato alla stracciatella!
   «Stracciatella e melone, alla gelateria dell'angolo», rispose compiaciuto e fiero di sé.
   «Ancora meglio!», alzai leggermente il volume della radio e mi sistemai più comodamente sul sedile. Abbassai il finestrino e slegai i capelli: un'altra delle mie fisse. Non c'era niente come il vento tra i capelli, la sensazione che mi dava era... unica! Mi sembrava quasi di poter volare, e tutti almeno una volta nella vita abbiamo desiderato farlo.
   «Alza il finestrino o ti viene una polmonite e poi Zayn chi lo sente se l'autista è malata?», ridacchiò Liam. Chiusi gli occhi e mi sporsi di più verso il finestrino.
   «C'è Harvey, non sarà un problema. E poi è giugno, non posso prendere la polmonite a giugno, che diamine!», scossi la testa e continuai a bearmi del vento.
   «Tra l'altro, come va con Harry?».
   «Come dovrebbe andare? Mi scoccia solo che Zayn pensi che io non sia in grado di fare da sola questo colpo: ho fatto quello in Messico, santo cielo!», mi rimisi composta quando Liam inizio a rallentare per poi parcheggiare davanti al palazzo in cui abitavo.
«A questo proposito...», iniziò la frase e poi, guardandomi, decise di non continuarla. «Niente, lascia stare».
«A questo proposito cosa? Vai avanti Liam», lo incitai.
«No. Saliamo?», i suoi occhi imploranti mi convinsero ad aprire il portone del palazzo ma mi appuntai mentalmente di proseguire il discorso più avanti.
«Quali sono i programmi per questa sera, quindi?», chiesi salendo le scale. L'ascensore si era rotto il giorno prima e nessuno era ancora intervenuto per sistemarlo e rimetterlo in funzione.
«Film e gelato, direi», annuii e aprii la porta d'ingresso del mio appartamento. Il caldo era soffocante e avrei voluto tornare indietro ma mi feci coraggio ed avanzai velocemente verso la finestra per spalancarla.
«Non sapevo che avessi trasformato casa tua in una sauna!», esclamò divertito Liam.
«Pensa, non lo sapevo nemmeno io», sbuffai e mi tolsi la maglietta dirigendomi in camera mia per mettere qualcosa di meno stretto e pesante della maglietta che indossavo. Uscii dalla stanza un minuto dopo in mutande e con una canottiera leggera e sufficientemente lunga da coprirmi il sedere. Quando arrivai in cucina trovai il mio amico che chiudeva il cassetto dove tenevo le posate da cui aveva preso due cucchiaini. Mi avvicinai e aprii la vaschetta di polistirolo del gelato, immersi il cucchiaino nel gelato alla stracciatella e poi lo misi in bocca. Mi feci scappare un verso di apprezzamento che fece scoppiare a ridere Liam.
«È solo gelato! Non c'è nessuno che ti sta facendo ditalino!», mi prese in giro continuando a ridere. Liam era molto schietto. Eccessivamente alcune volte. Bene, quella era una di quelle volte.
«Il film puoi guardarlo sul balcone dal tuo telefono, se vuoi», risposi con tono pacato strappandogli la vaschetta dalle mani e andando a sedermi sul divano.
   «Ma così non potrei mangiare il gelato!», ribatté raccogliendo un po' di gelato con il cucchiaino facendomi alzare gli occhi al cielo.
   «Forza, Liam, scegli un film», lo incoraggiai.
   «Mi sembra una serata perfetta per Una notte da leoni, non ti pare?», non aspettò nemmeno una mia risposta e si alzò per prendere dalla mensola il dvd del film. Avevamo visto quel film almeno... una decina di volte? Forse era poco, il terzo della serie era il nostro preferito e ormai sapevamo anche le battute a memoria.
Liam fece partire il film e io mi accoccolai sulla sua spalla, iniziò a muovere le dita su e giù per il mio braccio mentre io ridevo per le battute di Alan e il suo strano modo di fare.
   «Dai, ma come fa! Ha appena decapitato una giraffa!», esclamai stendendo un braccio in direzione del televisore.
   «È Alan, lui può», ribatté semplicemente Liam ridendo appena.
   «Sì, ma povera giraffa! Non penso nemmeno che sia leg... aspetta!», cercai di capire da dove provenisse la vibrazione del mio cellulare, e quando vibrò per la seconda volta capii che era sotto il mio sedere. Afferrai il cellulare e lo sbloccai.
   «Chi è?», chiese Liam senza prestare particolare attenzione.
   «Non lo so...», aprii il messaggio, anzi, i due messaggi.
"Ciao Megan, sono Harry. Domani continuiamo a mettere a posto la macchina?".
"Mi sono appena ricordato che domani ho un altro impegno programmato da tempo".
Rimasi a fissare lo schermo allibita pensando a cosa rispondere.
   «Tutto ok?», mi chiese Liam osservandomi.
   «Sì, certo», mi affrettai ad inviare la risposta e bloccai lo schermo.
Continuammo a guardare il film e mangiare gelato ridendo e godendoci l'atmosfera tranquilla e distesa che si era creata. Quando sullo schermo del televisore comparvero i titoli di coda, e io mi feci scappare uno sbadiglio, Liam si alzò dal divano e si stiracchiò pronto a lasciare il mio appartamento.
   «Se vuoi puoi fermarti qui, domani tanto devo venire al garage a mettere a posto la macchina», suggerii.
   «Va bene, però dormo io verso la finestra», risi e andai in camera mia. Liam trascorreva sovente la notte da me, un po' perché mi veniva a prendere al lavoro spesso e un po' perché non mi voleva lasciare a casa da sola, di notte. Non che mi potesse succedere qualcosa, io non ero certo una di quelle ragazze che non si sanno difendere: avevo gestito benissimo il colpo a Tijuana dell'anno scorso e quello a Parigi dell'anno prima. Avevo lasciato il cuore in Europa e non vedevo l'ora di tornarci, chissà, magari con quel nuovo colpo che Zayn stava mettendo in piedi avrei potuto concedermi un' altro viaggetto: non sarebbe stata una brutta idea. Nel caso sapevo dove andare, avevo sempre desiderato, fin da bambina, di andare in Italia.
   «Allora buonanotte», mi salutò Liam distogliendomi dai miei sogni ad occhi aperti.
   «Buonanotte», ricambiai e appoggiai la testa sul cuscino chiudendo gli occhi.
«Liam?».
   «Sì, Meg?».
   «Niente, buonanotte».
   «Buonanotte», ripeté. Non sapevo perché lo avevo chiamato, avrei solo voluto chiedergli più informazioni sul colpo, io non sapevo praticamente nulla. Mentre mi appuntavo mentalmente di chiederglielo il giorno dopo mi addormentai cullata dalle braccia gentili di sogni piacevoli.

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