Capitolo III

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Arrivai in spiaggia con 10 minuti di ritardo circa, non avevo nessun orologio ma lo sapevo per certo. Fortunatamente Eledhwen non si era ancora fatto vivo.
Il mare era stranamente calmo e piatto; il cielo, quasi del tutto nero, era cosparso qua e là da qualche nuvolone grigio, ma per fortuna non pioveva. Mentre aspettavo mi sedetti sulla spiaggia a contemplare la luna, lo facevo sempre, sin da bambino, quando non riuscivo a dormire; ovviamente nessuno lo sapeva, Ruben mi avrebbe preso in giro per il resto dei miei giorni o più.
I miei pensieri furono interrotti da una voce gentile alle mie spalle
-"sei venuto, alla fine".
Eledhwen si sedette accanto a me sulla sabbia umida e cominciò a guardarmi con quei suo occhi verde abete, poi lentamente si sporse verso di me. Oh no, non ora. Non era nè il luogo né il momento giusto. Dovevo impedire che le nostre labbra si incontrassero.
-"Come mai hai deciso così tardi di venire a cercarmi?". Decisi di chiedere. Molto random.
Lui si bloccò e mi guardò con aria delusa, poi con mio grande stupore sorrise. Dio, te lo bacio quel sorriso.
-"sei sempre stata una persona che vuole sapere tutto, ma non a tutto c'è una risposta". Ecco la fata che c'è in lui. Ma poi cosa ne poteva sapere di che tipo di persona ero io?
lo studiai, partendo dal viso ora rivolto verso il cielo notturno, passando poi al collo, dove potevo scorgere una vena pulsare.
Constatai che Indossava un paio di pantaloni ocra sbiaditi, tenuti su da una cintura in cuoio nero, la maglietta che portava era lisa dal tempo e notai che era a piedi scalzi. Da sotto la maglia potevo intravedere un motivo di foglie che si snodava sino al bacino, dove veniva interrotto dalla vita dei pantaloni, poi poco più in giù...
-"tu mi ami?". Chiese tutto a un tratto.
Rivolsi il mio sguardo a lui e sono più che sicuro che arrossii.
Eledhwen mi stava fissando con un sorrisetto sghembo in volto, da quanto tempo stava guardando me che guardavo lui sbavando?
-"senti Eledhwen, la Pace Fredda...".
-"tu mi ami, vero o falso?".
Me sentii avvampare. Immaginavo già il mio bel colorito malva. Non risposi e abbassai lo sguardo.
Lui si mise a gattoni sulla sabbia e mi fissò.
-"sanno che sei gay?". Domandò spiazzandomi.
-"prego?"
-"oddio Jasper non fare il finto tonto, lo sanno si o no?"
-"no, non lo sa nessuno". non volevo io stesso accettare questo fatto, figuriamoci Alicia e i Verlac. -"mi odierebbero, più di quanto non facciano adesso..."
-"scappiamo." disse di punto in bianco -"Ti porto ovunque vorrai andare, faremo tutto ciò che vuoi ". Lo disse in un tono che quasi mi convinse, del resto, cosa c'era i male nel voler dedicare la propria vita al piacere? Ma poi mi ricredetti.
-"Eledhwen non posso, mia sorella...non posso lasciarla qui, poi mi toglierebbero le rune se scoprissero ciò che ho fatto e...."
-"Tu mi ami, vero o falso?".
Ormai non potevo più mentire.
-"Vero".
Non feci tempo a finire la frase che le sue labbra erano sulle mie, sapevano di rose e di terra. La sua lingua cercava la mia e con una mano mi teneva da dietro il capo avvicinandomi a sé. Le mie mani intanto avevano perso il controllo, si muovevano sotto la sua maglietta energicamente, toccando ora la clavicola, poi i fianchi.
Oh no, non doveva succedere, non avrei mai dovuto ricambiare il bacio. Ma non riuscivo a smettere. Era più forte di me.
Si mise seduto a cavalcioni sulle mie gambe cercando di spingermi a terra, era fronte a fronte con me, le sue mani scivolarono sul primo bottone della mia camicia, mentre le sue labbra erano ancora premute sulle mie. Me lo slacciò, poi slacciò anche il secondo, il terzo...
-"no, basta". Lo allontanai dalle mie labbra e dal mio corpo con una spinta. Un'onda si infranse sugli scogli, poco distanti da noi. Sentivo il cuore battermi all'impazzata nel petto.
Lui mi guardò perplesso e poi con mio grande stupore sorrise.
-"voi umani, sempre fissati con questa storia del non donare subito il corpo eccetera e eccetera. Nel regno fatato queste cose non contano nemmeno più di tanto, ma rispetterò le tue scelte, perché so che tu per me lo faresti".
A quel punto si sdraiò sulla sabbia, lo feci anche io, eravamo così vicini che i nostri corpi si sfioravano. Mi faceva uno strano effetto, mi dava sollievo, come fosse un gesto che facessi da una vita. Non ci volle molto prima che mi addormentassi.
Mi svegliai la mattina dopo con un mal di testa atroce; stupidi gabbiani casinisti. Lui era sparito, al suo posto era rimasta una foglia, con su scritto un messaggio,a mo di biglietto.

"Scusa se me ne sono andato ma dovevo finire alcuni lavori alla corte Unseelie, sarò di ritorno domani sera verso le 10:30."

In fondo al foglio scorsi la sua firma flessuosa e perfetta.
Stavo per rileggerlo ma il biglietto-foglia prese fuoco. Ci rimasi male.
Decisi quindi di sistemarmi la camicia e i capelli, e tornare all'istituto, avrei detto che ero stato fuori a dormire per degli affari con il Conclave.
Ero sempre stato bravo a mentire, quando tuo padre è morto e ti viene da piangere ti servono spesso scuse tipo "ho qualcosa nell'occhio" "vado un attimo in camera a prendere una cosa" e così via.
Risalii la collinetta che portava all'istituto, ancora mezzo addormento, chissà che ore erano.
L'edificio era silenzioso come al solito, andai in cucina, Alicia era impegnata a cucinare dei pancake. Era di spalle. Diedi una veloce occhiata all'orologio. Segnava le 11:00. Accidenti, non ero certo il tipo da alzarsi alle 5:00 ma di solito mi alzavo molto più presto delle 11:00, e questo probabilmente lei lo sapeva.
-" 'giorno". Dissi in tono disinvolto.
-"dove sei stato?" Chiese in tono brusco.
-"Sono stato all'hotel all'angolo perché il Conclav..."
-"non raccontarmi cazzate" fece una pausa tutt'altro che rassicurante
-"So che sei stato in spiaggia. E so anche che non eri solo."
Il cuore mi si fermò per qualche secondo.

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