Capitolo II

259 28 11
                                    

Dovetti aggrapparmi alla scrivania accanto per non collassare a terra, non riuscivo a distogliere gli occhi da Eledhwen. Lui a sua volta mi fissava, con il suo sguardo quieto.
-"c..co-cosa ci fai qui!?" Sbraitai.
Si mosse verso la mia libreria e iniziò a sfiorare i libri con le sue lunga dita sottili ,venendo verso di me.
-"mi mancavi..." rispose.
Lo guardai stupito.
-"Non dovresti essere qui...gli accordi vietano a fate e shado...". Mi poggiò un dito sulle labbra per zittirmi. Il suo tocco... Mi ricordai delle sue mani tra i miei capelli. Il suo corpo contro il mio. Era stato solo un bacio. Nulla di più.
Ma Mi ricordavo perfettamente tutto.

2 Anni prima
Quel giorno era in corso un colloquio tra delle fate e mio padre, era circa un mese prima della guerra oscura, e ancora abitavo con mio papà e mia sorella al vecchio istituto, nel sud Oregon.
Non ero ancora maggiorenne ma tuttavia mio padre incaricó me quel giorno di accompagnare una delle fate nel cortile a prendere una certa mappa, che si trovava appunto in una delle carrozze con cui erano arrivate. Quella fata era Eledhwen.
Uscimmo dall'istituto e ci dirigemmo insieme verso il cortile principale, mi ricordo che era una giornata ventosa e minacciava di iniziare a piovere. Quando arrivammo lui prese la mappa e iniziammo a parlare del più e del meno. Aveva una voce delicata, tipica del popolo fatato. Mi ricordo che gli stavo esponendo la struttura dell'istituto quando lui mi spinse contro la carrozza ed iniziò a baciarmi intensamente. All'inizio cercai di liberarmi dalla sua presa ma ben presto mi feci travolgere da quel bacio. Le sue mani erano dietro la mia nuca, le mie appoggiate alla carrozza per lo stupore di quel gesto. Fu lui ad interromperlo, con mia grande sorpresa. Mi guardò sorridendo e come se nulla fosse disse -"stavi dicendo?". Dopo quel giorno non ci vedemmo più, ci scambiammo giusto qualche lettera ma ben presto le comunicazioni vennero interrotte a causa della guerra. Ma ricordavo ancora le emozioni che provava solo pensando a lui, e anche quelle che provavo pensando a mio padre; se le prime erano dubbio, affetto e desiderio, le seconde erano vergogna ed infedeltà, il costante senso di colpa quando mio padre diceva che non vedeva l'ora che mi trovassi una ragazza, ignaro del fatto che a me piacevano i ragazzi.
Ricordo anche il giorno in cui mio papà morì. Non piansi ai funerali. Ma sentivo in groppo allo stomaco. Poi una volta terminati, arrivato nella mia camera, mi abbandonai sul letto e delle calde lacrime cominciarono a rigarmi il viso.

Interruppi quei pensieri. E notai che Eledhwen mi stava fissando con quei suoi occhi verde brillante.
-"se ti sono mancato tanto, perché hai smesso di scrivermi e di rispondere alle mie lettere?!". Domandai in tono acido.
-"oh Jasper..." era il mio secondo nome. Solo lui mi chiamava così. La cosa non mi dava più di tanto fastidio, anche perché avevo un nome più brutto dell'altro, a mio parere.
-"Se solo sapessi...". Continuò lui.
-"sto attendendo, voglio sapere".
Non parve turbato dal tono brusco che utilizzai e mi rispose.
-"dopo la Guerra Oscura mi vietarono di scriverti. Io promisi che non l'avrei più fatto, mi frustarono per farmi promettere. E io lo feci. Non ti scrissi più. Ma ti giuro, non c'è stato dì o notte in cui non ti pensassi. Mi mancavi, giorno e giorno sempre di più". Si interruppe per guardarmi e poi riprese -" ma poi mi resi conto di una cosa, avevo promesso di non scriverti, ma non di non cercarti, quindi così feci, scappai dalla corte Seelie senza farmi notare e ti cercai, fu difficile ma alla fine ti ho trovato".
Si interruppe nuovamente e mi guardò, non era cambiato dall'ultima volta che l'avevo visto, del resto nel regno delle fate il tempo scorre diversamente, aveva gli stessi occhi verde abete, gli stessi capelli mori che gli arrivavano sino al mento, leggermente mossi, le stesse labbra soffici di un tempo, le orecchie a punta, tipiche delle fate e conservava ancora l'aspetto di un sedicenne.
-"come sei...sei entrato nell'istituto?" Chiesi rendendomi conto solo allora del fatto di avere una fata in camera da letto.
Lui sorrise astuto, con il sorriso tipico del suo popolo.
-"hai lasciato la finestra aperta, è stato facile arrampicarsi ed entrare da lì". Disse compiaciuto di sé.
Giusto, la finestra...che stupido che sono, avrei dovuto chiuderla!
-"senti, io..." fui interrotto da una voce che proveniva dal corridoio. Entrambi ci girammo in direzione della porta.
-"Ti aspetto sulla spiaggia domani, alle 9:00 di sera" mi sussurró all'orecchio; detto questo corse e si lanciò giù dalla finestra.
-"no aspetta io..." corsi alla finestra ma ormai era già sparito.
Fu in quel momento che la porta si spalancò, andando a schiantarsi contro il muro.
Sulla soglia comparvero Caroline e Ruben, quest'ultimo con un ghigno malefico dipinto in volto.
-"con chi parlavi?" Chiese Ruben
-"con nessuno, perché?"
-"povero Dorian, ha pure le allucinazioni adesso" disse Caroline suscitando il divertimento del gemello.
-"Va beh buona notte picchiatello" aggiunse e insieme uscirono dalla stanza ridendo come due ebeti.
Imprecai sottovoce parole irripetibili e decisi di prepararmi per andare a dormire.
Quella notte feci molta fatica ad addormentarmi, in testa mi frullavano un sacco di domande. Quando finalmente ci riuscii, crollai in un sonno disturbato e pieno di incubi.

Shadowhunters-forbidden loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora