Cicatrici

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"Non voglio farti perdere tempo." Danielle frugò nella borsa, cercando un fazzoletto.
"Vuoi dirmi che è successo?" incalzò, con voce gentile.
"Ero in fila per scendere e c'era quell'ubriaco che..." non riuscì a continuare.
"Che ha fatto?" Scattò Peter, facendo sobbalzare anche lei.
Si accorse di averla spaventata e riprese il tono di voce basso, pur se nervoso e preoccupato. "Raccontami."
Danielle continuò a guardare la borsa, per non incontrare gli occhi di lui.
"Mi ha colta... di sorpresa, volevo reagire ma mi si è bloccato il respiro... però non è successo nulla." Parlò in modo discontinuo e concitato, gesticolando con la mano che teneva il fazzoletto già bagnato dalle sue lacrime.
"Danielle, cosa ti ha fatto?" Peter sembrava impaziente.
"Mi è piombato addosso, alle spalle, si è appoggiato contro la mia schiena... più volte e..." Il fazzoletto di carta stretto nel pugno era ormai un minuscolo bozzolo informe e bagnato.
"Poi?" Le sembrò che lui facesse fatica a parlare, da come aveva pronunciato quell'unica parola.
"Mi ha detto che non era colpa sua... che era l'effetto che gli facevano le belle donne. Era eccitato e mi si stava strusciando addosso." Trattenne un singhiozzo, sentendosi sempre più nauseata.
Peter imprecò, sbattendo il pugno contro la sua stessa gamba. Il rumore fece sobbalzare Danielle.
"Scusami ma certi dementi non dovrebbero girare a piede libero. Facile dare la colpa all'alcol." scosse il capo, pensieroso. Poi tornò a parlarle: "Promettimi che se dovesse mai ricapitare, chiederai subito aiuto." Le toccò lievemente un braccio.
"Mi sento stupida perché non sono riuscita a reagire e..."
Peter la interruppe: "Non dirlo nemmeno per scherzo, non potevi immaginare di subire una molestia di mattina su un autobus pieno di persone. Avrei dovuto accorgermene, scusami."
Fu in quel momento che Danielle trovò il coraggio per alzare il viso e guardare di nuovo Peter.
"Hai fatto tanto, preoccupandoti per me. Ti sto anche facendo perdere tempo!"
"Non sono in ritardo. Sei sicura di stare bene? Ti ho vista zoppicare prima." Danielle si sentì lusingata dall'attenzione che Peter le aveva riservato, al punto da notare perfino la sua andatura zoppicante.
"Devo solo arrivare alla biblioteca" lo rassicurò, con un sorriso.
"Fammi vedere se riesci a camminare normalmente." La esortò lui, con premura.
Danielle si alzò e fece qualche passo, sentendole cedere la caviglia ma strinse i denti con orgoglio cercando di camminare come se niente fosse.
"Sicura di farcela?" La interrogò, poco convinto.
"Certo, grazie mille comunque." Si sforzò di sorridergli, per dimostrargli la sua gratitudine.
"Buona giornata Danielle." Con un ultimo sorriso si girò, con il cappuccio alzato e lo zaino sulla spalla, allontanandosi da lei.
Quando salì di nuovo sull'autobus, poche ore dopo, Danielle era stravolta; la caviglia le si era gonfiata e ormai non riusciva più a poggiare il piede senza vedere le stelle.
Aveva resistito fino a quell'ora sia per poter rivedere Peter sia per non rientrare prima che Sabrina fosse uscita per il corso di feng-shui o per l'amante del venerdì sera.
La stanchezza della notte precedente, lo spavento di quella mattina e il male sopportato per ore l'avevano debilitata così tanto che si appoggiò al finestrino chiudendo gli occhi.
Li riaprì di scatto sentendo qualcuno sedersi accanto a lei.
"Come stai?" Peter aveva un tono preoccupato.
"Bene, grazie." Danielle non era brava a mentire e il suo viso stravolto non aiutò.
"Ti fa male la caviglia, vero?" Di fronte alla domanda diretta di Peter non riuscì a mentire ancora, si limitò ad annuire, con un sospiro.
"C'è molta strada dalla fermata a casa?"
"Un po'..." minimizzò.
"E se ti accompagnassi io?" si offrì, con naturalezza.
A Danielle non rimase che sussurrare un flebile "grazie".
Poi calò il silenzio ma lei lo avvertì come un'oasi di pace, non di tensione, tanto che chiuse gli occhi, addormentandosi come mai aveva fatto. Lo aveva sempre evitato, sia perché pericoloso in sé, sia perché avrebbe rischiato di non scendere alla fermata giusta.
"Danielle?" Un leggero tocco alla sua spalla la svegliò.
"Siamo arrivati." Intontita da un sonno a cui non avrebbe mai creduto di poter cedere si alzò, sostenendosi ai sedili per evitare di poggiare il piede di peso.
Fu costretta a farlo per poter scendere dall'autobus e il dolore le fece sfuggire un gemito. Peter, prontamente, la sostenne per un braccio e la condusse alla panchina a pochi passi. "Vado a prendere la macchina, aspettami qui."
Ancora mezza addormentata, Danielle si limitò ad annuire e lo vide allontanarsi a passo spedito.
Cercò di controllare la caviglia e la vide spaventosamente gonfia, non osò immaginare come sarebbe diventata quando avrebbe tolto la scarpa.
Pochi minuti dopo, un'auto scura si fermò e Danielle si irrigidì, non riconoscendone il guidatore; ma fu Peter a scendere.
"Hai cambiato macchina?" Gli domandò, stupita, mentre lui le apriva la portiera e lei saltellava fino al posto del passeggero.
"E' in prestito."
Il silenziò che calò tra loro non fu come quello sull'autobus: era tornato l'imbarazzo. Non poteva essere colpa dell'automobile in prestito, o forse sì?
"Se non mi indichi la strada, non so come proseguire." Le fece notare.
Un po' confusa dal suo tono rigido, si limitò ad indicargli dove svoltare man a mano, fin davanti a casa sua. "Siamo arrivati, grazie."
Peter accostò e spense il motore, scendendo dall'auto per aiutarla: le porse un braccio al quale sostenersi, saltellando sul piede sano.
"Vuoi entrare?" gli domandò, sorprendendo perfino se stessa, mentre inseriva la chiave nella serratura.
Lui fece solo un cenno affermativo e la seguì all'interno. "Vediamo in che condizioni è la tua caviglia."
Danielle saltellò fino al divano e si sedette, sfilandosi la scarpa da ginnastica. Peter si chinò davanti a lei per esaminarla, facendole sfuggire un gemito al contatto con le sue dita fredde.
"Devi andare al Pronto soccorso!"
Lei ritrasse la gamba, come scottata. Non sopportava più di sentirsi dare ordini.
Peter si accorse del suo risentimento e si alzò, allontanandosi da lei. "Fatti accompagnare appena rientra qualcuno della tua famiglia."
"Grazie per l'aiuto" sussurrò, congedandolo per evitare l'argomento scottante.
"C'è qualcuno che ti può accompagnare, vero?"
"Vivo con la moglie di mio padre, non abito da sola." Spiegò, pentendosi subito per il tono troppo freddo che aveva usato.
"Va bene. Allora, io vado."
Danielle tentò di alzarsi ma come poggiò il piede la gamba cedette, costringendola ad aggrapparsi involontariamente alla felpa di lui. Peter si girò, d'istinto, per aiutarla a non cadere e il movimento, unito allo strattone alla sua maglia, fece scendere il cappuccio.
Peter si irrigidì, rialzando subito il cappuccio. "Devo andare."
Prima che lei realizzasse cosa era accaduto, lui era già uscito.
Era rimasto a capo scoperto solo pochi secondi ma erano stati sufficienti a svelare il motivo per cui non abbassava mai il cappuccio.
Danielle si lasciò cadere sul divano, con un sospiro: non voleva compartirlo ma si sentiva comunque addolorata per lui. Le si strinse il cuore e maledisse la sua caviglia malridotta, che li avrebbe tenuti separati proprio dopo quella rivelazione.

Sofy-chan♡

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