"Sì, lo so." Danielle cercò di non far trapelare la sua impazienza, anche se non vedeva l'ora di tornare a cambiarsi e raggiungere Peter.
"In cucina ci sono i contenitori del ristorante giamaicano, li hanno consegnati poco fa. Aprili e mettili nei vassoi, prima di uscire." Niente per favore, né grazie.
La tentazione di mandarla al diavolo era più forte che mai, ma Danielle non voleva rischiare ritorsioni proprio quella sera. Così annuì e corse in cucina.
Cercò di fare in fretta ma Sabrina aveva ordinato cibo per un reggimento, come sempre.
Peter la stava aspettando ormai da un quarto d'ora e Danielle fremeva, mortificata di aver fatto così tardi.
Riempito l'ultimo vassoio, si lavò le mani e corse nella sua stanza ad afferrare la borsa, prima di precipitarsi fuori, dimenticando totalmente il proposito di cambiarsi reggiseno, maglia o entrambi.
"Scusami!" Esordì, salendo sull'auto, trafelata e mortificata.
"Tutto bene? Stavo per venirti a cercare."
"Sabrina mi ha fatto sistemare il cibo nei vassoi, nemmeno quello è capace di fare!" Era un tale sollievo potersi confidare con qualcuno, finalmente.
"Quella donna mi sta sempre più simpatica." Ironizzò Peter, mettendo in moto l'auto.
Durante il viaggio, gli raccontò delle follie di Sabrina , facendolo ridere. Finché lui non si fermò davanti ad una villetta a due piani e con un grande giardino.
"Wow, che bella casa!" osservò Danielle, scendendo dall’auto.
"Grazie." La guidò verso la porta d'entrata e Danielle desiderò avere la caviglia ancora molto malandata per potersi appoggiare a lui.
Una volta entrati, Peter accese la luce su un ingresso ampio e arredato con un mobile basso, un attaccapanni in ferro battuto e una felce.
"La tua famiglia non c’è?" Tentò di informarsi Danielle.
"No." Di poche parole, come sempre, quando si entrava in argomento.
"Sei figlio unico?" Ultimo tentativo, sempre più imbarazzata.
Peter si limitò a un cenno affermativo con il capo. "Vuoi darmi la giacca?"
Danielle fece per toglierla, quando ricordò di non essersi più cambiata. Rischiare di essere fraintesa e rovinare il rapporto con Peter era l'ultima cosa che avrebbe desiderato, perciò disse di avere un po' freddo e di volerla tenere.
"Ti prendo una mia felpa, allora. La cucina è la prima porta a destra."
Non poté fare altro che annuire e ringraziare, sia perché in realtà sarebbe morta di caldo con la giacca dentro casa, sia perché l'idea di indossare una sua felpa non le dispiaceva per nulla.
Danielle entrò e accese la luce, rimanendo a bocca aperta: cucinare in quella meraviglia di acciaio e marmo sarebbe stato un sogno, ignorò i piatti sporchi nel lavandino e si guardò attorno con espressione meravigliata.
"Scusa per il disordine." Peter era tornato.
"Sicuro che a tua madre non dia fastidio? Io ne sarei gelosissima se fosse la mia cucina!" Lo guardò sorridendo, ma Peter non sorrideva insieme a lei.
"No, tranquilla. Tieni la felpa."
Danielle la prese e la poggiò su uno sgabello, dando le spalle a Peter: non era molto educato ma se lui avesse visto la sua maglia tutti i suoi sforzi sarebbe stati vani.
Scambiò rapidamente la giacca con la sua felpa, rimboccandosi più volte le maniche troppo lunghe.
"Devi avere proprio freddo!" commentò, sorpreso.
Danielle gli fece un sorriso, perché in realtà stava già iniziando a sentire caldo.
“Io, invece, muoio di caldo. Dev'esserci il termostato in tilt come al solito." Peter rimase in maglietta e Danielle cercò di non guardarlo. Già faceva caldo e indossava due maglie, era meglio evitare nuovi incentivi all’autocombustione.
Mentre faceva bollire l'acqua per gli spaghetti, Danielle si faceva vento di nascosto con uno strofinaccio; il vapore stava rendendo la situazione insostenibile.
"Sicura di non sentire caldo?" Chiese Peter, finendo di apparecchiare.
"Ehm... un po'." Il colorito da gambero che Danielle aveva assunto, con le gote pronte a far concorrenza ad Heidi, non le permetteva di mentire con nonchalance.
"Togli la felpa, allora." Peter la osservava perplesso, mentre Danielle pensava quale delle due opzioni sarebbe stata la peggiore: collassare dal caldo o sperare che Peter non pensasse male della sua maglia.
Scelse di rischiare e si sfilò la felpa, posandola poi su uno sgabello, ben attenta a non guardare verso di lui.
"Nuovo... acquisto?" Peter pronunciò le parole facendo una pausa tra l'una e l'altra.
"Mi sono lasciata convincere dalla commessa." Danielle non accennava ad alzare gli occhi, troppo intenta a sistemare la felpa, come se dovesse riporre un costosissimo vestito di seta.
"Ti sta... davvero bene, molto bene."
"Grazie." Quando si era finalmente decisa a guardarlo, Peter era intento a spostare forchetta e coltello, già perfettamente allineati.
Perfetto, ora lui avrebbe pensato che lei ci volesse provare con lui. Era vestita troppo provocante per una cena con un amico. Danielle sbuffò, mentre si occupava del sugo per la pasta.
Si sentiva attratta da lui, inutile negarlo, ma in quel momento voleva solo conoscerlo meglio, farlo confidare e confidarsi.
"E' pronto." Danielle si schiarì la voce e anche i pensieri, prima di riempire i piatti in silenzio.
Si sedettero e iniziarono a mangiare.
"Buona!"
“Una ricetta di nonna” spiegò lei, sforzandosi di sorridere di nuovo.
La conversazione tornò a fluire tranquilla, come la sera precedente, rimanendo su argomenti leggeri.
Peter dimostrò la sua grande abilità nel servire il gelato, cosa che fece ridere Danielle quasi fino alle lacrime, perché piegò completamente il cucchiaio nella fretta di riempire le coppette.
"Ci penso io dopo, tranquilla!" Peter non voleva lasciarla lavare i piatti della cena, né tantomeno quelli vecchi, accumulati nel lavandino. Forse i suoi genitori erano in viaggio da qualche giorno.
"Se li mettiamo in lavastoviglie?" Cercava un compromesso, non volendo lasciare nel caos quella cucina meravigliosa.
"Si è rotta da settimane.”
"Peter, senti..." Iniziò, con il tono più convincente possibile. "Sei stato così gentile da venirmi a prendere alla fermata e mi hai invitato a casa tua per risparmiarmi il sabba delle streghe..."
L'accenno di un sorriso apparve sul volto del ragazzo.
"... Per non parlare di tutti i favori che mi hai fatto nei giorni scorsi, quindi per favore... lasciami sistemare questa cucina da sogno. Mi sento male a lasciarla così..." Per essere ancora più convincente Danielle sfoderò lo sguardo da cucciolo, quello che da bambina funzionava sempre con suo padre.
"Tu lavi e io asciugo?" Propose allora lui, con un sorriso.
"Affare fatto!"
Danielle non amava particolarmente lavare i piatti ma avrebbe continuato farlo per tutta la notte, solo per ridere e scherzare ancora con Peter.
Ogni scusa era buona per una gomitata lieve o uno spruzzo d'acqua e di schiuma.
"Ah! Non vale!" Si lamentò, ridendo, Danielle.
"Ok, la smetto. Non voglio rovinare la tua maglia nuova." Peter si asciugò le mani nello strofinaccio, continuando a sorridere come un bambino.
L'accenno alla maglia spense l'ilarità di Danielle e lui se ne accorse.
"Ti sta benissimo, credimi. Non pensare di aver sbagliato a lasciarti convincere dalla commessa.” Peter aveva abbassato il tono di voce, in un sussurro.
La presa sul bicchiere si fece scivolosa e Danielle riuscì a stento a posarlo sul fondo del lavandino senza romperlo; era tanto tempo che non si emozionava così per un complimento.
"Peter..." Voleva solo perdersi nel mare verde dei suoi occhi. Si ritrovò a dare voce a un desiderio ormai impossibile da soffocare. "Posso abbracciarti?"
La richiesta inaspettata stupì Peter e fece arrossire Danielle, una volta resasi conto di cosa aveva appena fatto.
Stava per scusarsi per quella richiesta inspiegabile quando lui le rispose. “Certo.”
Danielle prese dalle mani di Peter lo strofinaccio per asciugarsi le mani. Durante quegli interminabili secondi, non abbassò mai lo sguardo continuando a tenerlo fisso in quello di Peter.
Lui rimase immobile e silenzioso, in attesa. Danielle temette che lui avesse accettato solo perché non sapeva come rifiutare, ma era troppo tardi per tirarsi indietro, così avvolse le braccia attorno al suo torace e posò la guancia contro la sua spalla.
Prima che si accorgesse che lui era rimasto completamente immobile passarono alcuni secondi, presa com'era dall’emozione. Si era resa ridicola a sufficienza, era meglio staccarsi prima di peggiorare la situazione.
Fece per allontanarsi ma, proprio in quel momento, lui posò le mani sulla schiena di lei. Lentamente completò l’abbraccio, con un po’ di titubanza. Finché non si ritrovarono stretti l’uno all’altra.
Fu Peter il primo a parlare: "Tutto bene, Danielle?" Accompagnò le sue parole, sussurrate, con una lieve carezza sulla schiena.
Danielle annuì, tornando alla realtà e capendo che era giunto il momento di staccarsi, a malincuore, da lui.
"Quando devi tornare a casa?"
La domanda di Peter la spiazzò. "Quando è… più comodo a te." Rispose, schiarendosi la voce e girandosi per sciacquare il lavandino dalla schiuma rimasta.
"Anche ora, se per te va bene."
La stava gentilmente cacciando dalla propria casa, ma come biasimarlo. Gli aveva chiesto di poterlo abbracciare, senza alcun motivo logico.
Senza contare la maglia troppo scollata e il seno troppo in vista, nemmeno a mettersi d'impegno avrebbe potuto dargli un'immagine meno fedele di se stessa e di quello che cercava.
"Ok. Prendo la giacca e sono pronta."
Non riuscì più a guardarlo negli occhi, tanto era amareggiata.
In due minuti scarsi erano già nell'auto di Peter, non si poteva certo dire che non avesse fretta di liberarsi di lei.
Il silenzio durante il viaggio fu opprimente e insopportabile.
"Grazie per la cena, Peter. Buonanotte." Non voleva essere fredda così fredda nel salutarlo ma si era, ormai, convinta, di aver gettato all’aria tutto quanto.
"Grazie a te per averla cucinata. Notte, Danielle."
Era un addio? Ne aveva tutte le sembianze e Danielle sentì gli occhi inumidirsi, mentre scendeva dall'auto e chiudeva con forza lo sportello.
Un passo zoppicante alla volta verso il vialetto, invaso dalle automobili della congrega delle mogli fallite e approfittatrici.
Ancora due passi alla porta, poi sarebbe sgattaiolata in camera sua, sperando di addormentarsi il prima possibile e dimenticare tutto.
Alla fioca luce del lampione e con gli occhi appannati di lacrime, imprecò piano cercando le chiavi disperse nella borsa troppo piena di cianfrusaglie inutili.
"Dannate chiavi." Era così intenta a prendersela con tutto che non sentì i passi alle sue spalle, perciò quando una mano si posò sulla sua spalla, si spaventò.
"Sono io, Danielle. Volevo scusarmi. Sono stato… scortese.”
Voltandosi, trovò Peter con il cappuccio alzato che nascondeva l’espressione del suo viso.
"Non ti preoccupare, Peter. Grazie comunque per avermi invitata e tenuta lontana da qui per un po'."
"Perché hai voluto abbracciarmi?" Domanda lecita, ma risposta difficile.
"Credevo che mi sarei sentita meglio." Era l'unica spiegazione sincera che avrebbe potuto dargli.
"Ha funzionato?" Gli chiese lui, abbassando improvvisamente il cappuccio.
"Sì... ma mi dispiace averti creato problemi." La prima lacrima stava per fare capolino ma non era il momento assolutamente.
"Oh Danielle, io... scusami se ti ho dato quest'impressione." E prima che lei potesse anche solo pensare di rispondere, si ritrovò di nuovo tra le braccia di Peter.
"Mi sono sentito soffocare." Le confidò, soffiando tra i suoi capelli.
"Da me?" Gli chiese, un po' in ansia.
"No, dalla paura… perché mi sembrava troppo bello abbracciarti."
Fu in quel momento che il cuore di Danielle ricominciò a sperare e una lacrima scivolò sul suo viso. Una lacrima di speranza.
"Stringimi ancora, Peter." Gli domandò, aggrappandosi alla sua felpa.
Un abbraccio quasi disperato, una resa. Peter le lasciò un lieve bacio sulla fronte, strappandole un sospiro.
“Forse sarebbe il caso di scambiarci il numero, ormai. Che dici?” domandò lui, alleggerendo l’atmosfera.
“Decisamente, sì!”Juvia-chan♡
( Se non vi piacciono le bestemmie non leggente lo SPAZIO ME.)
*SPAZIO ME*
un certo ZioSlendyDisagiato mi ha consigliato di concludere con un
GESÙ MANIGLIA.Baci♡
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<Il treno dell'amore>
Lãng mạnUn autobus, una ragazza sola che compie ogni sera lo stesso tragitto ma forse qualcosa sta per cambiare... Poi c'era lui, il ragazzo misterioso. Cappuccio sempre in testa e cuffie nell'orecchio, non si sedeva mai ma saliva e si posizionava accanto a...