Lo guardavo sempre troppo intensamente, ogni volta che mi appariva davanti era per me un'illuminazione, un sentiero nuovo nonostante lo avessi attraversato spesso. Camminava fiero e disinvolto solcando l'aria tenue di quel pomeriggio. Gli sguardi non lo infastidivano affatto, era abituato ad essere al centro del mondo. Se qualcuno avesse notato come lo fissavo avrebbe immaginato chi dei due tesseva i fili di quella pseudo storia.
Il bar era gremito di ragazzi e ragazze che non avevano alcuna remora nell'alzare la voce ben oltre ciò che potrebbe essere definito un limite socialmente accettabile. I tavolini tondi in vetro con le gambe di ferro battuto regalavano una visione molto vintage nettamente in contrasto con gli smartphone che troneggiavano sui tavoli e tra le mani dei presenti.
Si avvicinava guardandosi intorno, con un sorriso ammiccante senza incrociare i miei occhi puntati su di lui come fari accecanti. Una volta arrivato toccò il bordo tondeggiante della sedia in plastica nera con le sue mani curate e finalmente mi guardò e io mi persi nell'azzurro di quegli occhi. Tutto intorno divenne un fermo immagine e gli schiamazzi un lontano brusio. Esisteva lui ed io per lui. Quello era l'attimo che preferivo, quel lieve dolore allo stomaco, quella confusione, quello stordimento di una leggera sbronza dei sensi, quel camminare in equilibrio tra la realtà e l'amore. Ma non era così per lui, lo sapevo. Almeno non così intenso come era per me.
«Scusa il ritardo, ero ad una riunione importante di lavoro, sai quel progetto di cui ti ho parlato?»
«Si, si, non preoccuparti, anche io sono arrivata da poco» mentii spudoratamente per mantenere un minimo di dignità. La verità era che aspettavo da mezz'ora e avevo mandato via i camerieri già tre volte sentendomi addosso il loro sguardo scocciato. Ma tenni per me questo particolare, ormai era passato, lui era davanti a me.
Ordinammo un aperitivo, io optai per l'alcolico come lui, avevo bisogno di trovare un po' di coraggio, quello che di fronte a Luca mi sfuggiva dalle mani. Dovevo dirgli qualcosa di importante ma non sapevo come l'avrebbe presa. Erano due anni che ci frequentavamo anche se non ci vedevamo spesso. Lui era sempre in viaggio tra Roma e Londra, seguiva gli affari di una società di Made in Italy che esportava all'estero prodotti italiani. Ora aveva deciso di creare un ponte anche tra artisti romani e londinesi e viceversa, uno scambio culturale nel quale credeva fermamente, sia per il tornaconto economico che ne sarebbe derivato sia per il valore profondo dell'iniziativa. Era un uomo completo e affascinante ma spesso sfuggente e misterioso, non parlava spesso di sé e questo mi metteva in una posizione di insicurezza perenne che mi logorava.
Mi parlò della riunione con il suo capo, raccontandomi che aveva accolto con entusiasmo questa nuova idea e mi disse che sarebbe partito a breve per discutere i dettagli con il referente estero a Londra.
Mi aspettavo di essere coinvolta nei suoi discorsi, di sentirmi parte della sua vita, ma più le parole scorrevano via dalla sua bocca, più il suo entusiasmo cresceva, più mi sentivo un banale accessorio della sua splendente vita.
Così, finito di bere il cocktail buttai lì quasi goffamente la mia idea.
«Luca sai quel progetto di cui ti avevo accennato la scorsa settimana? Ecco...ho trovato una casa che potrebbe fare al caso mio, è qui vicino, e, mi chiedevo, se vuoi vederla»
«Certo Sara, ti accompagno volentieri, così magari se vuoi ti do qualche consiglio, ho fatto tanti traslochi nella vita, ho una certa esperienza nel settore» sorrise ingenuamente, e io mi sentii sprofondare. Era una risposta gentile, da copione, ma non era ciò che mi aspettavo. Nessuna partecipazione, nessun accenno al voler condividere con me l'appartamento: "Certo Sara, ti accompagno volentieri", avrebbe potuto dirlo chiunque, un amico, un conoscente, persino un collega di lavoro, ma non era quello che mi aspettavo da colui che mi faceva mancare il respiro.
Non sapevo cosa rispondere, come comportarmi, potevo ignorarlo e andare avanti così, sperando in un suo cambiamento che magari sarebbe potuto sopraggiungere con il tempo, oppure avrei potuto dirgli apertamente quello che pensavo ma avrei così bloccato la sua naturalezza o peggio ancora saremmo entrati in contrasto. Ma cosa volevo veramente? Non riuscivo a capirlo, era troppo confusa la mia mente. Così mi limitai a rispondere cautamente «Si grazie. Sicuramente mi sarà utile il tuo parere» bevvi un altro sorso, mi sentii venire meno e spostai lo sguardo sui tavolini del bar. Intorno qualche sorriso, qualche alzata di voce dei vicini, qualche bacio appassionato, tutto girava come un vortice lasciandomi sola e spaesata.
«Qualcosa non va? Ti vedo pallida»
«No va...va tutto bene ho solo bevuto troppo velocemente. Ora ti prego di scusarmi ma devo fare dei giri prima di stasera» mi alzai. Si lo feci. Mi alzai per la prima volta lasciando Luca seduto al tavolo con l'aria interrogativa. Non era abituato ad essere mollato da solo, gli si leggeva negli occhi. Eppure percepii una sorta di euforia che mi fece sentire forte. Non mi era capitata mai una cosa del genere, soprattutto con Luca. Lui riusciva a far emergere sempre il peggio di me.
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Il segreto
FantasyUna giovane donna innamorata incontra un misterioso ragazzo nel giardino della sua casa appena affittata. Una fontana al centro del giardino farà da cornice ad un mistero che a poco a poco la introdurrà in un mondo che aveva solo sognato e che pensa...