Ricordi

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Quando provai ad aprire gli occhi non ero più nella foresta, sotto di me sentivo la soffice morbidezza di un materasso, un profumo di incenso pungente e fruttato mi penetrava nelle narici con forza. Mi sollevai di scatto e quando aprii gli occhi mi trovai immersa nella penombra, confusa e stordita.

«Dove sono? Chi c'è? Lucas!» iniziai a gridare agitandomi un po'. Mi tornò alla mente il ghigno di Alyssa che soddisfatta scompariva nel nulla e la siringa con il liquido blu che mi ero iniettata nelle vene. D'improvviso tirai su la coperta e mi toccai le gambe con il terrore di trovarci delle pinne ma accarezzai le caviglie e i piedi. Tutto era ancora in ordine, nemmeno la mia mente era stata intaccata da strani ricordi del mio passato e pensai che il mio nome era ancora Sara e non Dalia. Per ora almeno.

Alle pareti erano appesi dei quadri astratti dai colori tenui, di donne in meditazione o di balli tribali attorno a fuochi vivi e gioiosi. Sulla destra un grande cartellone esponeva almeno una ventina di foto di foglie, accanto alle quali, dei riquadri ben curati ne descrivevano le proprietà benefiche e le possibili applicazioni. L'odore d'incenso era nauseabondo e mi provocava quasi dei conati di vomito che a stento riuscivo a trattenere. Non potevo che essere in una stanza della serra delle streghe. Ma ignoravo come fossi riuscita a finire lì.

Sentii dei passi avvicinarsi a gran velocità; presi tra le mani il primo oggetto contundente che mi capitò di trovare nelle vicinanze. Era sul comodino, un porta candele di metallo, l'unico inutilizzato. Mi sentii pronta a colpire con tutta la forza se fosse stato necessario.

I passi erano subito fuori dalla porta, vidi la tenda di lino scostarsi e serrai tra le mani il porta candela. Ma quando vidi di fronte a me il volto di Zairon lasciai cadere l'oggetto e scoppiai a piangere mentre il suo corpo si stringeva al mio in un abbraccio carico di emozione. Desideravo la sua presenza come si desidera l'aria dopo un minuto di apnea. Era tanto che non lo abbracciavo, che il suo profumo fresco e inebriante non si diffondeva attorno a me, cercai le sue labbra e lo baciai come se fosse l'ultimo saluto, come se non dovessi più assaporare la sua dolce carne.

«Non farlo mai più» ringhiò fra i denti l'angelo. Si riferiva al mio intento di fuggire, era chiaro. Lo disse con passione e terrore, con la voce tremante di chi ha patito una lontananza difficile da gestire. Forse credeva di avermi persa per sempre così come lo pensai io di lui quando giaceva quasi inerme a terra dopo aver salvato il suo amico David. Conoscevo il dolore che si provava, il senso di impotenza contro il quale ogni lotta sembrava impari e impossibile.

«Non fuggivo da te...» dissi sussurrando perdendomi nei suoi occhi, cercando una giustificazione che fosse per lui accettabile.

«Lo so...ma...tu non farlo mai più. Promettimelo. Qualsiasi cosa succeda, non scappare da me» attese un momento poi ripetè con la pretesa di una risposta: «Promettimelo»

Annuii sicura anche se avevo agito così perché volevo salvarlo, volevo salvare tutti dalla furia di Alyssa. Ero fuggita per loro, per difenderli, per essere l'unica a dover subire una sofferenza senza fine.

Dopo poco continuò ad incalzarmi con le domande.

«Cosa è successo Sara? Come sei riuscita a farla fuggire?» mi chiese Zairon non appena smisi di piangere.

Abbassai un pò lo sguardo e gli dissi intimorita ma per nulla pentita: «Non ti piacerà»

Zairon sciolse l'abbraccio e mise le sue calde mani sulle mie spalle, lo sguardo inquieto che lo rendeva particolarmente sensuale. «Raccontami tutto, ti prego».

Eravamo soli, l'uno di fronte all'altra, sopravvissuti e ancora insieme, uniti come forse lo eravamo sempre stati in un passato lontano che di li a poco avrei ricordato.

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