Mi diressi verso quella che sarebbe stata la mia nuova casa, ci andai da sola e man mano che i passi si susseguivano la sensazione inebriante provata pochi minuti prima svaniva, si vaporizzava e lasciava spazio alla delusione, alla tristezza e alla solitudine. Ma cosa ci trovavo in un uomo così asettico? In un uomo molto più grande di me che con i miei 20 anni avevo ancora le idee confuse sull'amore e soprattutto sul mio futuro? Di studiare non avevo alcuna intenzione. Leggevo, mi informavo, sapevo sempre intrattenere una conversazione ma il richiamo dell'indipendenza mi aveva impedito di restare a casa con mamma e papà oltre i 18 anni. Così trovai tramite un'amica un lavoro in un pub come cameriera, niente di esaltante ma mi bastava per pagare l'affitto di un monolocale e viverci da sola.
Ora che avevo da parte un piccolo gruzzolo avevo pensato di cambiare casa e di sceglierne una più vicina a quello che era il mio ideale. La grandezza era ancora molto ridotta ma aveva un bel giardino e persino una fontana al centro che pareva fosse stata fatta costruire anni prima dal padre del proprietario. Lui mi aveva detto di odiarla ma non aveva mai specificato il motivo. A me era sembrata da subito molto romantica, era piccola, aveva la forma di una barchetta e al centro si avvolgevano due corpi in un abbraccio, quello di un uomo e quello di una sirena. Le teste erano appoggiate ognuna sulla spalla dell'altro, gli occhi erano serrati e dalla bocca semi-chiusa fuoriuscivano due esili getti d'acqua. Si vedeva che nessuno la curava da tempo. Il bianco del suo rivestimento si era annerito e tutt'intorno l'edera aveva ricoperto gran parte della superficie coprendo quasi tutta la base e parte dei corpi.
Mi affacciai timidamente al cancello di ingresso del giardinetto che trovai semi-aperto. 'Strano' pensai, ma forse c'era il proprietario che stava raccogliendo le ultime cose da portare via. Entrai silenziosamente e accostai di nuovo il cancello alle mie spalle, un brivido mi percorse la schiena: al tramonto quella fontana era inquietante in effetti, ma nonostante questo non perdeva affatto il suo fascino. «C'è nessuno?» chiesi senza alzare troppo la voce per non sembrare scortese. Non rispose nessuno, avevo il cuore in gola, sentivo il battito netto e chiaro come un tamburo. Riprovai restando nel giardino ad alzare un po' il tono così da essere udita: «C'è qualcuno?» Avevo paura che qualche estraneo si fosse introdotto per rubare. La porta si aprì violentemente e si affacciò un ragazzo dall'aria trasandata che mi fissò con due occhi scuri e indagatori che mi fermarono il fiato. D'istinto tentai di fuggire ma prima di toccare il cancello fui raggiunta da due mani che mi cinsero il corpo da dietro e mi bloccarono le braccia. «Cosa vuoi farmi, lasciami subito» iniziai a farneticare in preda al timore nel tentativo di divincolarmi. Sentivo il suo alito sul collo e la sua stretta mi provocava un dolore pungente alle spalle. «Chi sei?» mi chiese senza mollare la sua presa. Non ottenendo risposta mi ripeté la domanda a voce alta: «Chi sei?». Aveva una voce dai toni bassi, leggermente roca che rimbombava in quel silenzio. Balbettando risposi: «S-sono la n-nuova affittuaria, Sara, mi chiamo Sara» sentivo il suo petto caldo sulla mia schiena e tra i nervi e la paura c'era una strana sensazione che mi pervadeva, quasi una sorta di piacere nell'avere il suo corpo addosso al mio, in quel giardino, con la luce che stava lasciando il posto all'oscurità e la fontana che rifletteva i primi raggi argentei che la luna piena iniziava a proiettarci sopra. Allentò la morsa lasciandomi voltare e mi trovai faccia a faccia con uno sconosciuto che mi stava aggredendo senza avere la minima idea di cosa mi sarebbe accaduto di lì a poco. Stavo tremando, ma l'uomo non aveva ancora intenzione di lasciarmi, mi fissava così intensamente da farmi sentire nuda. «Sono il figlio di Marco, il proprietario» disse poi sciogliendo la stretta e lasciandomi cadere a terra stremata e impaurita. «Mi dispiace non volevo spaventarti credevo fossi un ladro» aggiunse con voce inespressiva e inquietante. Mi ripresi un po' quando realizzai che non mi avrebbe uccisa e tentai di recuperare quel poco di dignità che mi era rimasta dopo lo spavento. «E ti sembra il modo di trattare una persona di cui hai solo un sospetto? Potevi uccidermi!» gridai facendo uscire le parole come un fiume. «Non ti scaldare, sei viva e vegeta mi pare» Non riuscivo a trattenere la rabbia, era una persona irritante, se solo avessi avuto più forza nelle braccia lo avrei picchiato, soprattutto in una giornata lunga e impegnativa come quella. Ma non ne avevo la forza così mi alzai lentamente e chiesi all'uomo cosa ci facesse lì. Lui si voltò senza rispondermi, e si avviò verso il cancello di uscita. Lo chiamai e provai a inseguirlo gridando: «Cosa ci fai qui? Perché sei entrato?» Ma il silenzio fu l'unica risposta che ottenni. Chiuse la porticina alle sue spalle, io la aprii per rincorrerlo ma non lo vidi più, era scomparso. Istintivamente presi il cellulare e chiamai Marco, il proprietario, per avere una spiegazione, la volevo a tutti i costi, ero fuori di me. Qualcuno doveva dirmi cosa ci faceva lì quell'uomo. Aggredii Marco non appena sentii la sua voce distratta dire: «Pronto». «Cosa diavolo ci faceva suo figlio qui nella mia casa?» chiesi sottolineando il fatto che ora quella casa fosse 'mia'. Attesi qualche secondo e nemmeno lui mi rispose così continuai: «Allora, qualcuno vuole rispondermi oggi?» Ancora silenzio. Poi una voce fioca e stridula all'altro capo del telefono mi disse: «Mio figlio è morto diversi anni fa» Rimasi impietrita mentre la telefonata veniva chiusa.

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Il segreto
FantasyUna giovane donna innamorata incontra un misterioso ragazzo nel giardino della sua casa appena affittata. Una fontana al centro del giardino farà da cornice ad un mistero che a poco a poco la introdurrà in un mondo che aveva solo sognato e che pensa...