La minaccia

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Il giorno seguente mi svegliai tardi, era mezzogiorno passato. Al pub avevo fatto le ore piccole e avevo lavorato male. Troppe emozioni, troppi dubbi, troppe stranezze concentrate in un solo giorno. Era difficile metabolizzare e non pensare a quell'uomo. Mi resi conto di non avergli nemmeno chiesto il nome, non sapevo come identificarlo, nella mia mente era un viso, un paio di occhi che nascondevano l'infinito e tante storie sovrannaturali a cui facevo fatica a credere. Ma soprattutto mi sentivo vuota come una cava dalla quale qualcuno aveva estratto tutti i minerali. Da quando era scomparso nel nulla, il giorno prima, mi sentivo come incompleta. Era una sensazione strana e fastidiosa. Mi sentivo legata a lui ma non volevo dipendere da nessuno. Poi c'era Luca che si affacciava tra i miei pensieri e mi riportava prepotentemente nel mondo reale. Feci il suo numero e lo chiamai sul cellulare. Gli squilli proseguirono per un po', poi dall'altra parte udii la sua voce preoccupata. Parlava sottovoce, probabilmente era in riunione. «Sara come stai? L'ultima volta che ci siamo sentiti mi sei sembrata molto strana» Lo bloccai e risposi: «No è tutto...tutto ok. Sono solo un po' impegnata. Il trasloco, sai...» Mi ero già pentita di aver composto quel numero. «Sara non ti devi preoccupare, anzi, sai che ti dico, che torno domani, anticipo il rientro e ti aiuto. Te lo avevo promesso» Quelle parole mi scossero non poco, soprattutto perché erano arrivate in quel momento, proprio quando mi ero convinta che non mi avrebbe mai amata, proprio quando la mia vita era sottosopra a causa di un...angelo...che credeva fossi la reincarnazione di qualcuno e che voleva proteggermi. Un tempismo invidiabile! Dovevo prendere tempo così gli dissi: «Luca non preoccuparti, non serve che torni prima. Ti aspetto domenica. Sarò molto impegnata in questi giorni. Non...potrei...occuparmi di te come meriti» «Sara, io voglio solo aiutarti» Tagliai corto. «Ti prego Luca, ho bisogno di riorganizzarmi. Ti prometto che domenica staremo insieme e parleremo, ok?» Le mie parole lo ferirono di nuovo, come quando lo mollai al bar e me ne andai. L'intonazione della sua voce non mentiva ma non potevo fare altrimenti, non avevo idea di cosa sarebbe successo nelle ore e nei giorni successivi. E non sapevo nemmeno come affrontare la situazione e la sua presenza. Ero in confusione. Lui chiuse la telefonata un po' bruscamente. Mi salutò frettolosamente dicendomi che era impegnato e che mi avrebbe richiamata al più presto. Ci rimasi male ma io non avevo tempo di rimuginare. Prima di andare al pub dovevo impacchettare i vestiti e le cianfrusaglie di cui era piena casa. Volevo traslocare al più presto.

Passai diverse ore persa tra gli oggetti del mio passato e del mio presente. Non molti in verità. Buttai diversi vestiti vecchi, nascosti nei luoghi più reconditi degli armadi. Feci pulizia di ciò che ritenevo inutile e mi ripromisi di andare a fare compere appena possibile. Sentivo un forte bisogno di rinnovarmi.

Fu poco prima di chiudere l'ultimo scatolone che sentii una folata di vento passarmi vicino. D'istinto mi voltai verso le finestre ma mi accorsi che erano tutte chiuse. Mi si strinse lo stomaco in un morso. Cosa poteva essere stato? Non nego che in quel momento ogni cosa mi spaventava. Sperai di vedere l'angelo ma non vidi nessuno. Una sensazione di gelo profondo si faceva spazio tra le mie ossa. Mi sentivo come se fossi finita in una cella frigorifera. Mi misi addosso un giacchetto rimasto appeso sull'attaccapanni ma quel freddo continuava a fasciarmi il corpo. Un odore pungente di incenso mi pugnalò le narici così capii che qualcosa non andava. Non poteva essere solo la mia immaginazione. Una voce risuonò tra le pareti di casa. Invocava il mio nome. «Saraaa» Un eco lontano arrivava fino a me che tremavo come una foglia. «Chi sei? Che cosa vuoi?» gridai in preda alla disperazione. «Devi dare un messaggio a Zairon» «Io...non conosco nessuno con questo nome, ti stai sbagliando» «L'angelo...» «Cosa?» «Digli che ti ho trovata. Che presto ricorderai tutto e verrai con me» «Ma cosa stai dicendo, chi sei?» «Alyssa, mi chiamo Alyssa» Di colpo il freddo svanì, e mi sentii quasi mancare. La voce se ne andò così come l'odore di incenso che aveva impregnato l'aria per quei lunghi minuti nei quali quella presenza aveva invaso la mia casa.

Ora conoscevo il nome dell'angelo e non ero più sicura di voler sapere altro. Quella voce mi aveva minacciata ed io non avevo la più pallida idea del perché. Stavo perdendo il controllo di tutto, ogni cosa si stava sgretolando. Piansi come non mi capitava da tempo. Quella solitudine che avevo intorno, ora, mi pareva essere più intensa. Non avrei potuto raccontare a nessuno cosa mi stava accadendo, non mi avrebbero mai creduta. Potevo solo andare avanti o decidere di dimenticare. Decisi che, nonostante la curiosità, la seconda opzione sarebbe stata la migliore. Sarei passata l'indomani nella nuova casa e avrei chiesto a Zairon di cancellare ogni traccia di lui, di Alyssa e di questi ultimi giorni. Gli avrei chiesto di ricominciare la mia vecchia, solita vita.

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