Capitolo Due

1.8K 112 27
                                    

Ciao a tutti!! Rieccomi con un nuovo Capitolo, spero possa piacervi! Buona lettura! 😗

Mario parcheggiò la macchina davanti al commissariato, e dopo aver salutato i colleghi più mattinieri che chiacchieravano prima dell'inizio del turno, entrò nell'ufficio che condivideva con gli altri agenti... e con Claudio. Ripensò al loro primo incontro, ormai un anno prima quando al romano, in seguito ad una promozione, era stato offerto il trasferimento in una nuova città, Verona. A Mario le sfide piacevano molto, quindi aveva accettato con entusiasmo questa nuova vita, in un luogo lontano dai suoi affetti, dalla sua famiglia e dagli amici storici.
Ricordò con un sorriso la prima volta che i suoi occhi neri si erano posati su quelli verde-azzurri come il mare di Claudio; non riusciva a smettere di fissarlo, e quando lui gli si era presentato, con un enorme sorriso e quel marcato accento veronese, il suo cuore aveva iniziato a battere così forte che aveva avuto paura lo potessero sentire tutti i presenti. Ricordava ancora la sua stretta di mano, così sicura, forte, e la sua solarità che lo aveva subito messo a suo agio: dopo un colloquio con il commissario aveva scoperto che proprio quel ragazzo così bello sarebbe stato il suo partner, ma di certo non avrebbe mai immaginato tutti i bellissimi momenti che avrebbe trascorso con lui, che piano piano, da semplice collega gli si era insinuato sotto la pelle. Con il suo carattere taciturno ed impulsivo, essere di pattuglia con Claudio, estremamente chiacchierone e riflessivo si era rivelato complicato, almeno all'inizio. Quanti battibecchi avevano avuto! Avevano anche modalità opposte nel gestire il loro lavoro, ma una volta imparato a conciliare le loro personalità così diverse, insieme erano una forza: avevano risolto così tanti casi da essere premiati come migliori agenti del commissariato. E con l'intesa professionale, contemporaneamente era nata un'amicizia molto stretta, che li aveva portati a frequentarsi oltre gli orari di lavoro. Non ci volle molto prima che Mario capisse di essere innamorato del suo partner, ma sfortunatamente sapeva che Claudio in quel periodo frequentava un assicuratore di Milano, Francesco. Lo aveva conosciuto e aveva provato un'istantanea antipatia per quell'uomo, sempre così formale e con la tendenza a ripetere le parole "nel senso" in continuazione, ogni volta che esprimeva un concetto o una qualunque frase. L'ispettore spesso si domandava cosa una persona interessante e sempre dinamica ed attiva come Claudio, con tantissimi interessi, ci trovasse in quel tipo, ma ogni volta che ne parlavano mentre erano di pattuglia finivano per innervosirsi, quindi non toccarono più l'argomento, fino a quando tempo prima il veronese gli aveva comunicato che aveva rotto con il damerino (come lo soprannominava scherzando Mario) dopo una discussione particolarmente accesa. Claudio aveva capito che il milanese non fosse la persona giusta per lui e aveva interrotto la loro frequentazione senza starci particolarmente male (l'unica cosa che interessava davvero a Mario era che il veronese non soffrisse.)
Da quel momento però il loro rapporto aveva iniziato a cambiare: quando erano insieme ad effettuare indagini e interrogatori c'era una sorta di tensione tra loro, che non era mai comparsa prima; il romano ancora non aveva idea di cosa provasse Claudio per lui, ma sapeva quanto fossero profondi i suoi sentimenti per quel ragazzo. Ogni volta che effettuavano un inseguimento o un sopralluogo l'ispettore si sentiva in ansia per il partner, e questo lo terrorizzava più di ogni altra cosa. Perchè, come veniva insegnato alle accademie, quando questo accade, si perde la lucidità e la concentrazione, fondamentali nel loro lavoro. Nonostante questo, non poteva impedirsi di fargli da scudo durante scontri a fuoco, o di pensare sempre prima a lui che a se stesso.
E poi c'era stata LA fatidica giornata. Quella che aveva cambiato tutto il loro rapporto. Un mese e mezzo prima, Mario aveva capito che anche il suo partner provava qualcosa per lui mentre stavano sventando una rapina. Uno dei malviventi aveva sparato e il proiettile aveva colpito Mario, che stava proteggendo Una civile terrorizzata.

*"Andrà tutto bene, stia accanto a me, andrà tutto bene" disse Mario alla signora spaventata, che continuava a fissare l'arma del malvivente puntata verso di loro tremando incontrollabilmente. L'ispettore lanciò un'occhiata al suo partner, che, metri indietro rispetto a lui, al riparo dietro la portiera aperta della loro automobile, pistola alla mano, teneva d'occhio la situazione e aspettava l'arrivo dei rinforzi dal commissariato. Sentì la donna accanto a lui tremare maggiormente, e si apprestò a tentare di tranquillizzarla ancora una volta, distogliendo lo sguardo da quegli occhi che erano diventati il suo porto sicuro. Il rapinatore, sicuramente alle prime esperienze perchè estremamente agitato, aveva percepito quel loro scambio di occhiate e pensando stessero comunicando silenziosamente, si lasciò prendere dal panico e premette il grilletto, d'improvviso, urlando. Mario fece d'istinto ciò che era stato istruito a fare: notando che il proiettile avrebbe colpito la donna, le si parò davanti, gettandola a terra.
Non avrebbe mai dimenticato l'urlo che aveva lanciato Claudio, nonostante sapesse che il romano indossava il giubbotto antiproiettile; cadendo a terra, con la famigliare sensazione di mancanza di respiro data dall'urto del proiettile, vide il suo partner sparare al malvivente ad una gamba, rapidamente ammanettarlo e urlare al collega sulla scena di chiamare un'ambulanza e tenerlo d'occhio, mentre correva a perdifiato verso di lui.
"Mario.. Mario come stai? Sei ferito?" Urlò quando lo raggiunse, inginocchiandosi al suo fianco e toccandolo ovunque le sue mani potessero raggiungere per sincerarsi lui stesso delle sue condizioni, che stesse bene. Il romano ancora non riusciva a parlare ed annaspava per la mancanza di ossigeno, quindi si limitò a stringergli forte una mano e negare, mentre il veronese si sedeva dietro di lui permettendogli di appoggiarsi al suo petto e gli accarezzava la testa sussurandogli "Shhh... va tutto bene, tu stai bene, stai bene.." come un mantra per rassicurare se stesso. Mario si abbandonò a lui, lasciandosi stringere e respirando piano, sentendosi al sicuro tra quelle braccia come mai era stato in vita sua.
Certo, non aveva messo in conto che una volta appurato il romano fosse in ottima salute, Claudio gli aveva urlato addosso per il suo gesto sconsiderato per un'ora, nello spogliatoio che condividevano con gli altri agenti. Lo aveva guardato così a lungo senza parlare che era stato il romano, sospirando, a chiedergli di sfogarsi; non l'avesse mai fatto. Il veronese era arrabbiatissimo, come non l'aveva mai visto, e spingendolo contro gli armadietti:
"Che cazzo ti è saltato in mente?! Eh?!"
"C-che vuoi dire?"
"Che voglio dire?! Mario avrebbe potuto ammazzarti!! Ti ha sparato! Questo è il tuo problema.. Tu non pensi mai! MAI! Agisci e basta, ti metti in pericolo e non pensi alle conseguenze!
"Cosa avrei dovuto fare? Lasciare che uccidesse una civile? Eh? " anche Mario alzò la voce.
Claudio si calmò all'istante, sussurrando "Se ti fosse successo qualcosa.. COME avrei fatto io?" Avvicinandosi a lui, lo guardò con quei suoi occhi ora lucidi, che assomigliavano ad un mare in tempesta, e "Senza di te io come faccio?" Domandò di nuovo, alzando lo sguardo verso di lui. Mario avrebbe voluto tranquillizzarlo, ma non ne ebbe il tempo: Claudio lo spinse contro al muro e lo baciò. Fu un bacio che Mario non avrebbe mai dimenticato. Il primo di molti, urgente, appassionato, ma anche dolce e sentito; il veronese chiese accesso alla sua bocca e il romano non esitò un attimo, concedendoglielo immediatamente. Il suo partner continuò a divorarlo e stringerlo tra le braccia fortissimo, come se potesse scappare da un momento all'altro, e lui ricambiò con la stessa forza. D'improvviso però Claudio si staccò da lui, e tutto ciò che Mario sentì fu freddo. Ghiaccio. Il veronese lo fissò sconvolto di ciò che aveva fatto, e dopo avergli detto "Dimentica tutto" corse via, lontano da lui.*
Quel bacio non era stato un episodio isolato, se ne erano verificati molti, rubati dall'uno o dall'altro durante le pause, le indagini, nei momenti più impensati. Non riuscivano a restare lontani, anche nel mezzo di un litigio le loro labbra non potevano fare a meno di incontrarsi, di assaggiarsi: avevano sempre fame l'uno dell'altro. Sempre. Ma Claudio ogni volta si staccava da lui all'improvviso, come se dopo essersi isolato dal mondo, dopo aver chiuso tutto e tutti fuori, tranne Mario, la realtà si ripresentasse alla sua porta e lui non potesse fare altro che accoglierla. Scappava Sempre, dopo. Ogni volta.
Quell'ultimo mese era trascorso in questo modo, e quella mattina, dopo aver fatto colazione da Giovanni, il romano aveva deciso che era giunto il momento per il suo partner di aprirsi con lui e confidargli ciò che lo tormentava così tanto, a tal punto da privarsi dal vivere un sentimento forte come, ormai lo sapeva, quello che provavano entrambi. Per questo, quella sera a fine turno gli avrebbe chiesto spiegazioni.
Entrato in ufficio, si guardò intorno e notò subito il veronese chino sulla sua scrivania a rileggere il verbale del giorno prima, e non potè trattenere un sorriso: quel ragazzo era la sua pillola del buonumore, anche quando lo faceva arrabbiare non riusciva ad essere incazzato con lui per molto; "Buongiorno!" esclamò, ed anche se il suo saluto era rivolto a tutti i presenti , i suoi occhi rimasero fissi sul suo partner, che alzò lo sguardo e gli sorrise come solo lui poteva fare: illuminando la stanza.
Il romano non fece nemmeno in tempo a sedersi alla sua scrivania, che l'ispettore capo chiamò lui e Claudio, affindando loro un nuovo caso; il ritrovamento di pochi minuti prima di un ragazzo di 25 anni, senza vita nel parco della città. Si recarono subito sul posto, con Mario al volante e il veronese che come al solito di lamentava per la sua guida spericolata; "non ti lamenti così tanto però quando negli inseguimenti li prendiamo tutti, con la mia "guida spericolata" come la chiami tu" sbuffò il romano, fingendosi irritato e lanciando un'occhiata di sottecchi al bellissimo ragazzo al suo fianco. Claudio sorrise, non trovando nulla da ribattere alla sua affermazione.
Arrivarono al parco in una decina di minuti, incontrandosi con il medico legale che faceva le prime supposizioni sulla causa della morte, e non appena si trovarono abbastanza vicini per poter osservare il corpo, notarono la presenza accanto all'uomo di una siringa usata. Intuendo immediatamente lo scenario che si trovavano davanti, tesi rafforzata dal ritrovamento di una dose nella tasca del morto, portarono a far analizzare la droga in attesa del responso dell'autopsia. Che non tardò ad arrivare, confermando ciò che entrambi già pensavano: il ragazzo era morto per overdose da eroina, probabilmente proveniente da una partita tagliata male. Si aprì quindi un'indagine per arrivare ai pusher che spacciavano le sostanze, con elevate probabilità sostenendo la loro "bontà", per guadagnare di più nonostante questo causasse più morti: entrambi gli agenti sospettavano infatti che quello non sarebbe stato l'unico caso di morte per droga che avrebbero seguito in quei giorni.

Mario rientrò in casa dopo ore dedicate alla risoluzione del caso che ormai li teneva occupati da settimane. Le morti come avevano previsto erano aumentate e nonostante i loro sforzi le indagini non riuscivano a raggiungere un punto di svolta. Si fece una doccia con la mente ancora concentrata sul caso, e su come fare per risolverlo. Erano stati tutti così impegnati che non aveva avuto modo di parlare con Claudio e affrontare quell'argomento, anche se non erano mancate le effusioni tra loro, causate da un'attrazione ormai incontenibile per entrambi. Decise che l'indomani gli avrebbe parlato, volendo con tutto se stesso sbloccare quella situazione che anche se non dava a vedere spesso, lo feriva: vedere il veronese scappare da lui ogni volta era come una coltellata al cuore. Una volta deciso a volergli parlare, lasciò la mente libera di concentrarsi nuovamente sul caso. Doveva trovare una soluzione, tutte le morti di quei giovani di pochi anni meno di lui lo facevano Stare male, si sentiva incompetente, come se non meritasse quella promozione tanto sudata. Si impose di trovare una soluzione al più presto, prima di ricevere la notizia del ritrovamento di un nuovo cadavere.
D'improvviso fu folgorato da un'idea, e si sorprese di non averci pensato prima: se seguendo i metodi d'indagine tradizionale non erano giunti a nessun risultato significava che si trovavano di fronte a gente esperta, che non si sarebbe mai fatta scoprire e non avrebbe mai fatto passi falsi. Anche perché sembrava quasi che queste persone, chiunque fossero, stessero sempre un passo avanti a loro. C'era quindi bisogno di un intervento dall'interno, qualcuno avrebbe dovuto tentare di infiltrarsi in quelle bande, partendo dai pesci piccoli di cui erano a conoscenza ed effettuare una scalata della piramide, tentando di raggiungere i piani alti. Solo in quel modo sarebbero riusciti a stanare quei criminali senza scrupoli. Più ci rifletteva, più quella gli sembrava l'idea migliore: decise quindi di parlare al commissario l'indomani, proponendogli la sua idea e confrontandosi con lui.
La mattina dopo si alzò prima del solito, volendo avere un lungo colloquio con il suo superiore, e si recò presto al commissariato. Incrociò soltanto un ispettore, Andrea, con cui aveva scambiato poche parole dal suo arrivo, perché a pelle non aveva mai provato simpatia nei suoi confronti; lo trovava eccessivamente misterioso ed enigmatico, e preferiva le persone trasparenti. Dopo un veloce saluto, si diresse subito nell'ufficio del commissario, sempre pronto ad accogliere le idee dei suoi sottoposti, e gli espose la sua teoria: fu entusiasta dell'idea, concordando sul fatto che fosse la loro ultima possibilità, se volevano dare una svolta al caso. Gli domandò se avesse pensato anche alla persona che avrebbe ricoperto il ruolo da infiltrato, e lui assentì, riferendogli ogni dettaglio su cui aveva riflettuto nella notte.

Uscì dall'ufficio del superiore proprio quando il suo partner stava entrando in quello che condividevano, e lo salutò perplesso di trovarlo già a lavoro. "Un panda dormiglione come te che impiega ore ad alzarsi dal letto già sorridente e così attivo di prima mattina. Non me la racconti giusta Serpa, che combini?!" Gli chiese infatti estremamente sospettoso. Mario lo guardò sorridendo, "Oh Scimmietta, mi conosci proprio bene eh? Si, sono stato a colloquio con il commissario, gli ho esposto una soluzione per risolvere l'indagine a cui sono arrivato ieri sera!"
Claudio, curiosissimo, lo guardò e "Cos'hai in mente?"
Mario tirò un profondo respiro, e sapendo che stava per arrivare la parte più difficile in assoluto, "ho pensato che per arrivare a mettere un punto a questa storia dobbiamo approcciarla in maniera diversa.. dall'interno! Qualcuno di noi deve andare sotto copertura partendo dalle basi della piramide, dai piccoli spacciatori locali.. e poi arrivare più in alto! Solo così avremo qualche possibilità!"
Il suo partner riflettè "In effetti sembra l'unica opzione rimasta! È una buona idea Mario! E chi lo farà? Il commissario ha deciso?"
Il romano lo guardò in quegli occhi verdi, forse parzialmente consapevoli e "Si. Ci andrò io. Lo farò io".


Eccomi quaaaa!! Spero di averci incuriosito un pochino!!! È che vi sia piaciuto il Capitolo!! Grazie mille e alla prossima!!! 😗

Taking Chances (Clario) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora