Capitolo Quattro

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Ciao a tutti!! Sono tornata con un nuovo aggiornamento!! Non so quando riuscirò a pubblicare il capitolo 5, ma farò il possibile per essere veloce anche in questo caso!! Ho creato un account su Twitter, se vorrete avere qualche spoiler e news, sono "ovunqueandare". Grazie a tutti e buona lettura!! 😘😘

Claudio si voltò e nel dormiveglia, girò la testa verso  sinistra, dove si aspettava di trovare il suo panda dormiglione, allungando un braccio per accarezzare il suo corpo caldo, ma tutto ciò con cui venne a contatto furono lenzuola appallottolate e fredde.
Con la mente ancora annebbiata dal sonno e i pensieri alla meravigliosa notte appena trascorsa, senza aprire gli occhi sfregò la testa sul cuscino e un lieve sorriso fece capolino sul suo volto bellissimo ma addormentato. Questo fino a che la dura realtà non si manifestò improvvisamente con la forza di un tsunami, e la gioia del veronese fu oscurata dalla consapevolezza che la sua stupenda prima notte d'amore con l'uomo della sua vita, sarebbe stata l'ultima per molto tempo: non voleva infatti nemmeno considerare l'ipotesi che potesse accadere qualcosa a Mario, e che il romano potesse non tornare più da lui.
Si alzò di scatto dal letto quando non udì nemmeno un minimo movimento provenire delle altre stanze, e il sospetto che il moro potesse essere già uscito senza salutarlo lo terrorizzò. Non poteva averlo fatto, lui aveva bisogno di un suo abbraccio, dei suoi baci, delle sue carezze ancora una volta; con le lacrime agli occhi percorse ogni stanza, persino il ripostiglio, uscì sul balcone, ma del ragazzo non c'era traccia.
Con una sofferenza mai provata, tornò in camera e si ributtò sul letto, sul lato di Mario, per poter sentire il suo profumo che era diventato una dipendenza.

Strizzò gli occhi e si lasciò andare ad un pianto disperato, maledicendosi per non essersi svegliato ed averlo lasciato andare solo incontro a quella nuova avventura, senza il suo supporto. "Quanto mi manchi" sussurrò con voce spezzata "Come farò senza di te?"
Poi, d'improvviso, al dolore si affiancò la rabbia. "Sei un dannato stronzo Mario Serpa, un fottuto stronzo" urlò lanciando il cuscino su cui fino a poco prima era sdraiato "Mi hai lasciato senza nemmeno permettermi di salutarti, sei un coglione"; si interruppe quando in mezzo alla stanza vide un fogliettino a terra, e immaginando fosse un messaggio dal romano si precipitò a leggerlo, divorando quelle poche righe scritte con quella grafia piccola e familiare, che gli riscaldarono il cuore, gli strapparono perfino un sorriso tra le lacrime, e lo rinvigorirono. "Sarò forte per te amore. Ti aspetto proprio qui. Non mi muovo."
Dopo aver fatto una doccia, si vestì e decise di passare a casa sua a cambiarsi prima di andare al lavoro: si avvicinò al comodino dove aveva appoggiato le chiavi della sua auto e solo in quel momento notò, lì accanto, il distintivo e la pistola del romano. Lasciandosi cadere sul letto, come se fosse improvvisamente senza forze, accarezzò entrambi con delicatezza, come se fosse la pelle del moro che stesse coccolando, e un sorriso triste comparve sul suo viso. Si riscosse dopo pochi minuti e, afferrando le chiavi di casa di Mario, che il ragazzo aveva lasciato sul comodino, uscì dal suo appartamento pronto ad affrontare una nuova giornata, la prima senza l'uomo più importante della sua vita.


Mario sospirò, passandosi una mano tra il ciuffo di capelli neri che sbucavano da sotto il cappuccio della felpa che indossava. Era il suo primo giorno in quella sorta di realtà parallela che sarebbe diventata la sua vita fino a quando non avrebbero risolto quel caso difficile. Il primo giorno e lui già non ce la faceva più, perché una vita senza Claudio Sona non valeva la pena di essere vissuta. Non più. Non quando la sua presenza era diventata una delle certezze più solide nella quotidianità del romano. Non dopo la notte precedente.
Sospirò nuovamente, tentando di convincersi del fatto che prima avrebbe cominciato, prima avrebbe risolto il caso e sarebbe tornato ad abbracciare quel ragazzo speciale. Quando aveva lasciato il suo appartamento, solamente qualche ora prima, voltargli le spalle era stata la cosa più difficile che avesse mai fatto; ma era quello che doveva fare, era il loro lavoro. E lo avrebbe svolto al meglio delle sue possibilità.
Recatosi nell'appartamento affittato per i mesi successivi, nella periferia della città, nei pressi di uno dei suoi quartieri più malfamati, non aveva potuto fare a meno di notare ancora una volta il divario tra la Verona che frequentava, conosceva e viveva normalmente lui, e quella che avrebbe dovuto considerare casa sua da quel momento in poi. C'era un'atmosfera perennemente cupa, pesante in quelle strade, che metteva i brividi anche ad un agente esperto ed addestrato come Mario.
Quando aveva parcheggiato la macchina ed era sceso con il suo borsone avviandosi a piedi quei pochi metri che lo separavano dal condominio in cui si trovava il suo appartamento, si era sentito osservato, ma entrando subito nella parte, finse di non essersene accorto e salì le scale, raggiungendo il piccolo bilocale affittato con il consiglio del commissario; era estremamente minimal, arredato in modo molto semplice e informale. Appena entrato, si ritrovò subito nella sala, molto modesta e composta da un mobile in legno su cui poggiava un piccolo televisore, un divano che aveva tutta l'aria di essere molto scomodo e un tavolo rettangolare; proprio dal salotto partiva un piccolo corridoio da cui si diramavano le altre stanze: una piccola cucina, un bagno e la camera da letto, arredata con un letto matrimoniale e un armadio a muro.
Certo, non era il suo appartamento ma aveva tutto ciò che gli sarebbe servito, quindi il moro decise di farsi subito una doccia e, infilati i vestiti puliti e disfatto il suo borsone, si recò nel parchetto a una ventina di minuti di distanza, all'appuntamento che aveva preso il giorno prima con il suo informatore.

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