Capitolo Undici

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Ciao a tuttiii!! Chiedo scusa per il ritardo ma impegni di lavoro e personali mi hanno portato a pubblicare soli oggi!! Buona lettura e grazieee!! 😘😘😘😘

*Sconosciuto*

Quegli ultimi giorni erano stati un tormento per lui.
La costante paura che un agente in gamba come Mario potesse intralciare i suoi affari e scoprire la sua identità lo lasciava in uno stato perenne d'ansia che anche al Commissariato faceva fatica a mascherare.
Sapeva di non poter andare avanti a lungo in quel modo, perché qualcuno avrebbe notato il suo perenne nervosismo e si sarebbe insospettito.
In particolar modo Claudio, che aveva sorpreso più volte a guardarsi intorno con aria attenta, sempre in cerca di indizi da poter riferire al suo partner sotto copertura.
Avrebbe voluto poter leggere ciò che si scrivevano lui e il romano, perché tutti sapevano del profondo rapporto che li univa, e nessuno, nemmeno il Commissario, si era opposto al fatto che proprio il veronese fosse il principale referente di Mario, la persona a cui l'ispettore avrebbe avuto il dovere di comunicare ogni piccola scoperta, ogni nome che sentiva e ogni persona con cui entrava in contatto.
Per questo, e per il profondo legame che li univa, era certo del fatto che il moro avesse messo al corrente il veronese dei suoi messaggi di avvertimento. Delle sue minacce.
Inizialmente non ci avrebbe messo la mano sul fuoco, ma era stato anche lui sotto copertura, più volte nella sua carriera in polizia, prima di intraprendere quella strada che aveva da tempo scelto come unica, e sapeva che la solitudine che si provava in certe giornate e che non risparmiava nessuno, colpiva chiunque indistintamente, indipendentemente dall'esperienza sul campo, o dal carattere dell'agente.
Mario era una persona molto forte, ma aveva anche tante fragilità, che riusciva a mascherare sul lavoro quasi sempre, conservando la lucidità necessaria per risolvere i casi, pur essendo anche estremamente istintivo. Quando però si viene privati del proprio ambiente di lavoro, e soprattutto dei propri colleghi, che diventano più che amici, quasi una famiglia, chiunque crolla. Ci si sente soli. E ci si confida.
E la conferma del suo pensiero gli era arrivata quando dopo un giorno di permesso il veronese era rientrato a lavoro completamente diverso: non sorrideva, se non in modo tirato, quasi finto, era perennemente molto nervoso e sulle spine e si guardava intorno sospettoso in ogni momento. Pesava perfino le parole, come se volesse fare attenzione a cosa si lasciava sfuggire.
E quello non era un comportamento da Claudio Sona, sempre estremamente chiacchierone, spontaneo e con un sorriso vero che non poteva che rallegrare chiunque ne fosse testimone.
Il fatto che anche lui fosse a conoscenza della sua esistenza, di una talpa in Commissariato, lo rendeva doppiamente nervoso, si sentiva perennemente in gabbia, si sentiva soffocare, prigioniero tra due fuochi, uno per ogni sua realtà, e temeva che la scoperta della sua identità fosse imminente.
Perciò, quella mattina aveva deciso che avrebbe attuato il suo piano, che non aveva ancora spiegato al suo collaboratore nella gang, Ruggero. 
Lo avrebbe chiamato da lì a poco, spiegandogli nei dettagli come aveva intenzione di procedere con il "problema" Mario Serpa.
E poi sarebbe andato al Commissariato, dove avrebbe ri-indossato i panni di agente, anche se ormai gli stavano davvero molto stretti. Ma doveva, se non voleva destare sospetti. Perché Mario non era l'unico agente in gamba. Claudio Sona era estremamente intelligente, e a differenza del moro molto razionale.  Insieme al romano erano davvero una macchina, avevano risolto così tanti casi e sbattuto in galera così tanti criminali che nemmeno riusciva a contarli.
Per questo doveva agire subito, cogliendoli di sorpresa. E eliminando il suo principale problema: con Mario fuori dai giochi, infatti, i suoi affari non avrebbero più corso rischi e lui avrebbe potuto attuare il suo piano; avrebbe lasciato l'Italia e il suo lavoro in Commissariato, e con i soldi guadagnati con la sue seconda vita sarebbe andato a vivere in un'isola tropicale, dove aveva già comprato una casa usando un'identità fittizia.
I suoi affari avrebbe potuto gestirli anche telefonicamente, nominando Ruggero come suo vice. Lavorava davvero molto bene con quel ragazzo, e si fidava ciecamente di lui.
Non volendo più perdere tempo, gli telefonò, e lui rispose come sempre quasi al volo.
"Pronto Capo?"
"Ciao Ruggero. Come stanno andando le cose? Mario ti sta dando problemi?"
"Al contrario Capo, efficiente e meticoloso, se non avessi saputo da Lei la sua vera identità lo avrei considerato uno dei migliori uomini che abbiamo mai avuto!"
"Lo immaginavo, lo conosco molto bene. Sapevo si sarebbe impegnato al massimo delle sue possibilità."
proseguì l'uomo. "Ascolta. Hai fatto parola con qualcuno degli altri di questa faccenda?"
"No Capo, assolutamente! Ne ho parlato solo ad Andy che è rimasto stupito quanto me!"
"Perfetto, bravo. E a Federico? Che hai detto? So che si è molto affezionato al nostro caro Mario"
"Capo, penso sia normale Mario gli ha salvato la vita!" il ragazzo difese subito il fratello.
"Ruggero." L'uomo sospirò. "Tuo fratello è nuovo del giro, è molto giovane e ha un carattere meno forte del tuo, del nostro. Parliamoci chiaro, per fare il nostro lavoro ci vogliono due coglioni così. Credi che sarebbe intenzionato a continuare a lavorare per noi, nella gang, dopo che verrà a conoscenza della fine che faremo fare al suo amichetto?"
Il ragazzo all'altro capo del filo si zittì. Pensandoci, non poteva essere sicuro della permanenza di Federico all'interno della gang, a prescindere da quello che il Capo aveva in serbo per l'ispettore.
In cuor suo sapeva che l'unico membro della famiglia che gli era rimasto non era fatto per quella vita. E ad essere sincero, una parte di lui non aveva mai voluto che lui ne fosse invischiato: quando lo aveva soccorso insieme all'agente, dopo la loro aggressione, vederlo a terra sanguinante lo aveva traumatizzato, e ogni giorno viveva con la paura che gli sarebbe potuto accadere qualcosa; non se lo sarebbe mai perdonato, e non poteva permettere che accadesse.
Per questo si era ripromesso di non lasciarlo più da solo e di proteggerlo sempre, ma nonostante questo, quella parte di lui avrebbe voluto di meglio per il fratello piu piccolo. Una vita felice, magari l'iscrizione all'università, lontano dalla malavita.
Ma per loro quello sarebbe stato sempre e solo un sogno. A lui piaceva il suo lavoro, era nato per farlo, ed era così in gamba che, lo decise in quell'esatto istante, avrebbe insegnato tutto ciò che sapeva a Federico.
Perciò, riscuotendosi dai suoi pensieri, con tono più sicuro e deciso di quanto in realtà si sentisse, "Garantisco io per lui, Capo. Gli insegnerò tutto ciò che so, diventerà un grande gangster!" gli disse. Poi prese fiato e domandò, incerto "Cos'ha in mente per l'ispettore?"
"Ti chiamo proprio per questo, Ruggero. Per spiegarti il mio piano. Ma anche per dirti una cosa."
"Certo Capo, mi dica pure".
"Noi lavoriamo insieme da molto tempo ormai, e io ti conosco molto bene. So che sei uno dei miei uomini migliori, il più fidato. Ma so anche che hai un punto debole. Tuo fratello."
"Capo io-"
"Non mi interrompere, per favore. Fammi finire, poi parlerai tu" disse, severo, e con voce dura continuò "So che il fatto che Mario abbia salvato la vita a Federico ti tocca più di ogni cosa, anche più del fatto di essere stato raggirato e preso in giro da uno sbirro. E so che per questo vorresti evitargli la morte. Ma per chi intralcia me e i miei affari questa è l'unica punizione che contemplo".
"Capo, so che ci ha traditi tutti, e quando me lo ha comunicato ero così arrabbiato che l'avrei eliminato con le mie stesse mani, in quell'esatto momento. Ma riflettendoci, lui-"
"Ha salvato tuo fratello, lo so. Lo capisco. Ma come ben sai io conosco Mario da tempo. E credimi, se ti dico che quell'uomo è un grande agente. Il migliore. Che farebbe di tutto per risolvere un caso: anche buttarsi in una rissa rischiando la vita, pur di conquistare la fiducia di uno dei membri della gang.
Ruggero sarò diretto. A Mario Serpa non interessava  salvare la vita di tuo fratello quando si è gettato nella rissa, ma soltanto la risoluzione del caso.
Lui è tanto un agente perfetto, quanto un uomo discutibile. Se l'aggressione non avesse portato all'amicizia con tuo fratello, e di conseguenza con te ed Andy, sarebbe passato accanto a quel vicolo, avrebbe visto i cinque farabutti accerchiare e massacrare Federico, e sarebbe rimasto impassibile, tornandosene verso casa come se nulla fosse accaduto.
E tu avresti ritrovato tuo fratello morto. Per le percosse subite, anche per la sua indifferenza."
Ruggero rimase in silenzio, ma strinse così forte il cellulare che le nocche divennero bianche, mentre nei suoi occhi, se qualcuno fosse stato accanto a lui, ci avrebbe letto solo rabbia cieca. Una furia senza precedenti. E d'improvviso liberarsi dello sbirro divenne una necessità per lui.
Così, con tono estremamente aggressivo "In questo caso Capo.. siamo pronti. Mi dica il suo piano."
L'uomo sorrise tra sè, sapendo di aver detto ua bugia enorme solo per motivare Ruggero ad appoggiarlo anche in questo caso. E l'unico modo era stato quello di sfruttare l'unico punto debole del ragazzo che aveva scoperto in tutti quegli anni di collaborazione: per suo fratello avrebbe fatto di tutto, e lui sapeva che utilizzare il gesto estremamente altruistico di Mario contro di lui sarebbe stata la molla che avrebbe spinto Ruggero ad agire. Ed era stato esattamente così.
Conosceva il  romano da quando era arrivato al Commissariato, ed aveva subito percepito la sua bontà; lui sapeva che il moro sarebbe intervenuto in difesa di Federico indipendentemente da tutto, ma Ruggero no. E si fidava della parola del suo 'Capo'.
Forte di questa consapevolezza "Gli facciamo un'imboscata. Fingiamo di avere un incontro d'affari con clienti dall'estero, con l'arrivo di una partita consistente di droga. Ma in realtà non ci saranno altre persone ad aspettarlo. Solo la maggior parte della gang, tu ed Andy.. E io e Igor."
Ruggero sentì l'eccitazione invaderlo "Lei e Igor? I massimi Capi della gang?"
L'uomo rise "Certo. Sia io che il mio Socio russo vogliamo vedere faccia a faccia chi ha rischiato di mandare in galera tutti noi, e mandare a puttane i nostri affari e milioni di euro."
"D'accordo Capo, informo io lo sbirro?"
"Si, fingiti suo amico ancora per un po'."
"Arrivedeci Capo."
"Ciao Ruggero."

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