Capitolo Dieci

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Grazie a tutti e buona lettura!! 😘😘😘😘

Movimenti concitati.
Grida.
Un rumore forte, assordante.
Uno sparo.
BOOM.

Claudio fissò Mario preoccupato: erano minuti interi che si dimenava sul divano, su cui si erano appisolati, e non riusciva a svegliarlo.
Dopo che il romano gli aveva dato piacere, si erano spostati sul divano, volendosi coccolare ancora e abbracciare a lungo.
Il veronese aveva trascinato Mario su di sè, aveva fatto appoggiare la testa del moro sul suo petto e l'aveva avvolto con le sue braccia muscolose, lasciandogli piccoli baci e accarezzandolo fino a che non si era appisolato.
A differenza del compagno, lui non riusciva a prendere sonno: tutta quella situazione lo rendeva così nervoso e agitato che sentiva quasi il cuore in gola. Aveva il romano tra le braccia, ma poche ore e avrebbe dovuto lasciarlo. Si sentiva diviso in due, una parte di lui impaziente di raggiungere il Commissariato ed indagare sull'identità della talpa il prima possibile, e l'altra che non si sarebbe mai voluta alzare da quel divano, che non sarebbe mai voluta uscire da quell'appartamento.
Mai come in quelle ore aveva capito che Mario Serpa era la sua casa, perché in quel luogo così spoglio e anonimo, avrebbe potuto abitarci tutta la vita, se il romano fosse stato con lui.
E in quel momento realizzò ciò che aveva sempre saputo, perlomeno dalla rottura con Francesco: il moro era l'uomo con cui avrebbe voluto creare una famiglia, e non appena avessero chiuso quel pericoloso capitolo  e lui avesse smascherato la talpa (perché lo avrebbe fatto, non si sarebbe fermato fino a che quel traditore non avesse avuto un volto e un nome) gli avrebbe domandato di andare a vivere insieme.
Subito, appena terminata l'indagine sotto copertura.
Stava ancora sorridendo immaginando la loro vita insieme, quando Mario aveva iniziato ad agitarsi nel sonno e borbottare parole sconnesse; pensando stesse semplicemente sognando si era limitato a stringerlo un po' di più e a lasciargli un bacio sulla tempia, ma non era bastato a tranquillizzarlo.
Anzi, il romano aveva iniziato ad urlare il suo nome e a piangere, ancora addormentato.
Capendo stesse facendo un incubo, il veronese aveva tentato di svegliarlo, dapprima accarezzandogli una spalla e sussurrando il suo nome, poi scuotendolo con leggera forza, ma Mario aveva iniziato a dimenarsi sul divano, con un impeto tale da farlo quasi cadere a terra, continuando a gridare il suo nome in maniera straziante, le guance rigate dalle lacrime.
Claudio iniziò a spaventarsi e prese ad urlare al ragazzo di svegliarsi, prendendogli il viso fra le mani e asciugandogli le lacrime che continuavano a scendere dai suoi occhi ancora chiusi.
Poi, all'improvviso, il verde si scontrò col nero. Mario aprì i suoi carboncini e il veronese ci si perse dentro, ma l'unica cosa che riuscì a vederci fu terrore.
Il romano faticava a respirare, si guardava intorno muovendo la testa di scatto e profondi singhiozzi gli spezzavano il respiro. Si sedette sul divano e Claudio, spaventatissimo, gli prese le mani stringendole forte, cercando di clamarlo: al momento tranquillizzare il moro era la sua priorità, gli avrebbe chiesto in un secondo momento cosa fosse successo.
Non appena percepì il contatto con il corpo del veronese, Mario si calmò, e sussurrando "Cla" continuò a piangere abbandonandosi sul petto del suo compagno.
"Amore sono qui.. " lo abbraccio Claudio, "Sono qui! Cos'hai sognato? Hai fatto un incubo?"
Il romano annuì, staccandosi leggermente dal suo corpo ma non interrompendo mai il contatto con il veronese. Pelle contro pelle. Ne aveva bisogno. E prese a raccontare come avesse sognato ciò che lo aveva sempre spaventato maggiormente: perdere Claudio, per colpa di due membri della gang che erano piombati al suo appartamento e avevano riconosciuto il veronese per un'operazione che aveva condotto anni precedenti.
"Sai che era solo un sogno? Io sto bene. Sono qui con te e sto bene." cercò di calmarlo abbracciandolo nuovamente.
"Grazie a Dio si. Ma adesso tu te ne andrai da qui. Subito" disse il romano con tono sicuro.
"Torno alla vita di tutti i giorni stasera, come avevamo deciso" gli rispose Claudio, intenzionato a trascorrere le ultime ore con lui.
"No Clà, siamo stati fin troppo incoscienti. Entrambi abbiamo lasciato che i nostri sentimenti prevalessero su ogni cosa. Ma in questa circostanza, con me sotto copertura e tu impegnato ad indagare con le mie informazioni, abbiamo sbagliato".
"Amore non fraintendermi" continuò vedendo l'espressione dispiaciuta del veronese "queste ore con te sono state meravigliose. Mi hai ricordato quanto voglia finire al più presto questa indagine per viverti e vivere il nostro amore senza freni. Ma non possiamo adesso. Ora dobbiamo ritrovare lucidità, professionalità..  E risolvere questa situazione. Devi andare subito, capisci amore? Non voglio che ti accada nulla. E so che lo stesso vale per te, quindi impegnamoci così che io possa tornare da te il prima possibile. D'accordo?" gli disse dolcemente, lasciandogli una carezza delicata sulla guancia.
Claudio sospirò, e sapendo che il romano avesse ragione, lo guardò consapevole come Mario che fosse arrivato il momento dei saluti.
Si abracciarono fortissimo, e il moro sentì il corpo del veronese tremare leggermente. "Va tutto bene, non è un addio, ci vedremo prima di quanto tu pensi!" gli sussurrò all'orecchio.
"Promesso?"
"Te lo prometto."
"E quando ci rivedremo io non ti lascio andare più." gli disse il veronese, e allo sguardo interrogativo del romano continuò "Volevo chiedertelo a indagine conclusa, ma non posso più aspettare. Io voglio vivere con te. Voglio sentirti sbuffare per il mio disordine, voglio potermi lamentare della tua cucina, anche se superiore alla mia, solo per darti fastidio, voglio poterti fare scherzi idioti a qualunque ora del giorno e della notte, con te che mi prendi a parole e ti incazzi, ma poi mi guardi e non riesci a restare arrabbiato.. Voglio vivere la quotidianità con te Mario Serpa. Io voglio viverti."
Il romano rimase senza parole, non si aspettava una simile dichiarazione dal veronese, ma era esattamente ciò che voleva anche lui. Perciò, con gli occhi lucidi e un groppo alla gola, alla domanda silenziosa che gli occhi limpidi di Claudio gli stavano rivolgendo rispose con sicurezza "Il mio non é un si, ma.. Mille volte si. Mille volte si Cla!"
Si baciarono e Mario, fuori di sè dalla gioia, sollevò il corpo muscoloso del veronese e lo fece volteggiare in aria, mentre entrambi ridevano, felici ed innamorati.
Si fissarono ancora per minuti interi, non realmente pronti a lasciarsi andare, fino a che non presero coraggio e dopo un ultimo bacio si avvicinarono, mano nella mano, alla porta d'ingresso dell'appartamento.
L'occhio del romano cadde a terra, e vide un foglietto bianco vicino ai loro piedi; memore della volta precedente e con un brutto presentimento si abbassò velocemente e lo raccolse, mentre il veronese capendo al volo di cosa si trattasse spalancò la porta e dopo aver guardato sul pianerottolo e non aver trovato anima viva si lanciò giù per le scale, nel tentativo di poter intercettare il mittente di quei messaggi e quindi la talpa.
Mario rientrò in casa dopo aver socchiuso la porta, biglietto alla mano, e si sedette sul divano per leggerlo.  Ancora una volta, osservando la scrittura gli sembrò incredibilmente familiare, ma non riusciva ad associarla ad un volto, e questo lo mandava letteralmente fuori di testa. In preda alla rabbia e alla frustrazione diede un calcio alla gamba del tavolo e si prese la testa fra le mani, sedendosi sul divano e sbuffando.
Proprio in quel momento Claudio rientrò in casa, col fiatone e senza nessuna novità: purtroppo chiunque avesse scritto quel messaggio era già fuggito senza lasciare traccia. Non appena mise piede nell'appartamento sentì un rumore sordo e raggiungendo il salotto vide il romano accasciarsi frustrato sul divano.
Lo raggiunse immediatamente e gli prese il foglio dalle mani, interessato a scoprirne il contenuto. Non appena lesse quelle parole, rabbia fu l'unica cosa che si impossessò di lui.

Taking Chances (Clario) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora