Capitolo 4

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E così eccomi qua. Ad aspettare un uomo che mi avrebbe insegnato come muovermi tra le dimensioni. Nella lucida consapevolezza che quello che lui chiamava dono, era la condanna per cui avevo perso Jesse. Ma anche l'unico modo per ritrovarlo.

Mi guardavo intorno, come se dovesse apparirmi davanti da un momento all'altro. Prendendomi ancora di sorpresa alle spalle. Anche se malgrado gli eventi incredibili di questa ultima settimana, sentivo che non dovevo avere paura di lui. Non ora almeno.

Ora dovevo fidarmi. Dovevo prendere tutto ciò che mi avrebbe insegnato come fosse l'ultimo appiglio possibile. E forse lo era.

Un clacson mi distolse da questi pensieri, arrivava da una piccola utilitaria che si era fermata davanti a casa mia. Un'auto un po' malmessa e con qualche evidente ammacco sulla fiancata che potevo vedere.

«Allora? Sali o devo farti una richiesta scritta?» disse Brian sporgendosi dalla parte del finestrino del passeggero. Mi avvicinai e salì sulla macchina con una faccia perplessa.

«Cosa ti aspettavi? Che venissi a prenderti in volo? Che mi materializzassi davanti a te?» sorrise.

Si. In realtà qualcosa del genere. Ma non c'era motivo in effetti. Non era Superman e io non ero...chi? Chi cavolo potevo essere io? C'era un qualche super eroe che si muoveva tra le dimensioni? Beh, se c'era, non ero io.

«Bene Virginia, ci siamo. Oggi andremo in un posto un po' più isolato per cominciare a fare qualche prova con il tuo dono. Ma prima ho bisogno di sapere alcune cose...» iniziò Braian.

«Non sai quante ne voglio sapere io!» risposi subito.

«Io non ho tutte le risposte però. Ci sono cose che non riesco a capire nemmeno io, per esempio...Te.»

Quella frase mi sorprese, speravo invece di avere di fronte il genio della lampada, quello che avrebbe saputo darmi tutte le risposte. Almeno su di me.

«Pensi che io ci capisca qualcosa di me invece?» dissi.

«Cominciamo dal principio. Non ti era mai capitata una situazione simile prima di quella notte?» poi aggiunse vedendo la mia smorfia, «non intendo perdere il tuo ragazzo o simili, dicevo se ti era mai capitato di avere quel tipo di sensazioni. Una vibrazione che ti arrivava da dentro, qualche piccola stranezza intorno a te a cui non avevi dato peso. Insomma qualche segnale che tu possa aver fatto un 'viaggio' anche prima di allora.»

«No, niente di tutto questo. Voglio dire si, forse qualche volta ho sentito qualche fremito dentro di me, ma possono essere mille motivi diversi. Anche le lasagne di mia mamma. E comunque no, non mi è mai capitato di vedere o rendermi conto di qualcosa fuori posto. Prima di quella sera almeno.»

«Eri...vergine, vero?»

Non sono cazzi tuoi, gli avrei risposto. Ma ormai perchè prendersela. Perchè nascondermi. «Si.»

«Si, allora potrebbe essere...» mugugnò Brian «...sentimi bene Jinny, chiariamo un punto. Ai miei occhi la tua situazione è doppiamente particolare. Io sono, o meglio ero, un Guardiano. Per cui non è la prima volta che ho a che fare con dei Traversanti come te. Ma qua la cosa è strana parecchio. Perchè di solito ogni Traversante ha un suo Guardiano. Lo alleva fin da piccolo e gli fa da mentore in tutto il suo percorso di sviluppo. Gli insegna come utilizzare al meglio il suo dono, e soprattutto, qual è il suo compito. Magari più avanti ti spiegherò meglio anche questo, ma la cosa importante ora è...come diavolo è che tu non hai mai avuto nessuno a fianco? Non è mai successa una cosa del genere, non so davvero come comportarmi.»

Lo avevo visto sempre molto sicuro di sé fino a quel momento, quasi beffardo nel suo sorriso costantemente stampato in faccia. Ora però, in quelle frasi leggevo anche una certa preoccupazione, qualcosa che non sapeva o non poteva gestire con la solita leggerezza. Quella cosa, ero Io.

LA TRAVERSANTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora