Pov Arthur
Non ho mai visto le strade di New York così tranquille, forse deve essere per l'orario.
Cammino verso il mio appartamento, mentre mi guardo attorno.
Ho finito prima il lavoro, ma sono rimasto fino a tardi per accertarmi che tutto sia pronto per Alfred. Deve essere stanco dopo una giornata impegnativa come la sua. Nonostante tutto, penso ancora alla sua salute. Mi preoccupo quando alla mattina arriva tardi a lavoro. Non dovrei, ma mi viene naturale.
Arrivo davanti al condominio. Metto una mano dentro la tasca destra, del mio giacchetto, per cercar il mio mazzo di chiavi. Introvabili. Provo con la tasca sinistra. Niente. Provo, per l'ultima volta, in quella di destra, rendendomi conto solo dopo di averci messo la mano qualche secondo fa. In preda al panico, controllo pure le tasche dei miei pantaloni. Neanche lì.
Cerco di ricordare l'ultima tappa delle mie chiavi. Mi sforzo. Ma l'unica cosa che mi viene in mente è che potrei averle lasciate sulla mia scrivania, mentre cercavo il mio telefono.
Tiro un lungo sospiro e ritorno indietro, percorrendo gli stessi passi di prima, con una piccola differenza: accelero il passo.Dopo essermi fatto un'altra passeggiata di trenta minuti, arrivo all'edificio giornalistico. Cammino verso l'entrata e, appena entrato, intravedo due figure maschili scendere le scale.
«Forza! Che ti costa? Vieni a casa mia!»
«Vi ho già detto di no, domani avete una riunione, andate a dormire presto»
Il tono delle voci di entrambi è diverso. La prima è esaltata, molto sicura di sé. La seconda, invece, è molto più calma, tranquilla.
Mi sistemo gli occhiali e metto le mani dentro il giacchetto. Provo ad andare verso le scale, senza essere notato per evitare che interrompessero il mio discorso per salutarmi. Tutto inutile.
«Buona sera Kirkland»
«Ciao Arthur!»
Con un chino di capo, saluto sia Roderich che il signor Beilschmidt. Escono sempre allo stesso orario e escono sempre insieme. Roderich obbliga il signor Beilschmidt a lavorare sodo, mentre quest'ultimo pensa solo a divertirsi con i suoi amici (tra la quale in mezzo c'è anche Antonio). Molto spesso si sente la risata di Beilschmidt per tutto l'edificio (quando lascia il microfono accesso, spesso lo fa di proposito).
Salgo le scale di corsa, due a due, per permettermi di andare più veloce e riprendermi il tempo che sto perdendo per le chiavi.
Arrivo al mio piano e mi avvio per il corridoio. Passo per la reception e mi avvio verso il nostro ufficio.
Non essendoci ormai nessuno, le luci sono spente. Visto che non sono poi così tanto cieco, riesco a muovermi tranquillamente per il buio e ad andare nell'ufficio senza rompere qualcosa.
Entro nell'ufficio e la prima cosa che noto è che i fogli sulle nostre scrivanie, sono scomparsi. Deve essere passato. Mi avvio verso la mia scrivania per cercare il mazzo di chiavi. Senza rendermene conto, calcio contro una penna che è caduta a terra.
«Chi c'è!?»
Una voce a me familiare mi fa perdere battiti al cuore. Mi fermo come se fossi una statua.
La porta dell'ufficio si apre piano piano, mentre lascia intravedere poco a poco la figura che spinge la porta. È Alfred.
«Ancora qua Kirkland!?»
«Scusate, sono venuto a riprendermi il mazzo di chiavi...»
Faccio il giro della scrivania e prendo il famoso mazzo di chiavi che avevo perso.
Mi sento osservato, come sempre del resto. Stringo il mazzo di chiavi e rimango immobile. Non riesco a muovermi.
Tutto d'un tratto sento delle mani sulle mie spalle, una sensazione piacevole e calda.
Rimango immobile, non ho il coraggio di muovermi.
Le mani premono sulle mie scapole, un respiro regolare si posiziona sul mio collo. È caldo, come tutto il resto. Non vorrei mai muovermi.
«Hai il solito profumo...»
«N-Non metto... p-profumi da uomo...» Riesco a balbettare tra un respiro irregolare e l'altro
«Allora è la tua pelle che emana questo profumo...»
Deglutisco il grosso nodo alla gola che mi sta opprimendo. I miei occhiali si appannano, quasi in contemporanea con le mie guance, che diventano rosse.
Sento una mano che passa per la mia intera spina dorsale. È un attimo che rabbrividisco.
Il mio intero corpo inizia a tremare, i miei occhi si socchiudono. Era da troppo tempo che non sentivo una sensazione del genere.
«Senti...» Le sue labbra si socchiudono sull'orecchio, mentre i suoi denti mordicchiano il lobo «non è che...»
La sua voce sensuale mi sta sciogliendo. Sto di nuovo cadendo in tentazione.
Una mano oltre passa il limite che la mia maglietta crea, si nasconde sotto essa, mentre con due dita stuzzica i miei capezzoli.
«Potresti correggere tutti quei articoli per me?»
La sua voce così bassa e profonda, mi lascia spiazzato. Continua a giocherellare con il mio punto debole, mentre dalle mie labbra escono solo piccoli gemiti di piacere.
«Lo prendo come un sì.»
Toglie la mano da sotto la maglietta, si allontana dal mio corpo e mi lascia spiazzato ad osservare il vuoto.
Mi ha ingannato? Voleva stuzzicarmi per farmi "dire" di sì alla sua proposta!? Voglio andarmene da qua, il prima possibile.
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Non voglio finire in una cantina, con un paio di gambe rotte e un coltello puntato alla gola (modi Killing Stalking) QUINDI cercherò di aggiornare il più presto possibile, così non potete neanche trasformarvi in titani pronti a mangiarmi le budella. ANYWAY! Vi piace questo capitoli? A me si- (tra lasciando il fatto di come l'ho finito)
P.S: Vi amo anche io <3
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Il Capo Che Odio Con Amore 2
Fanfiction[Sequel de "Il capo che odio con amore"] Arthur Kirkland, un ragazzo di 23 anni che si ritrova ad essere cambiato per colpa di uno stupido gioco d'amore, ora è costretto a tornare alla sua vita normale. Era un gioco o una relazione amorosa trop...