Capitolo 7

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Arthur pov's

Sono passati alcuni giorni da quando ho avuto la risposta dall'altra azienda e ancora non ci credo.
Il fax che avevo inviato, con la firma di Alfred era arrivato in tempo prima della scadenza. La sera stessa ricevo la loro risposta, dicendomi che non era più valido il fax che avevo inviato. Con grande rammarico provai a guardare meglio la scadenza. Nonostante quello che avevano detto, io ero arrivato in tempo. Deve esserci lo zampino di Alfred...
«Buongiorno Arthur!»
«Mh? Oh, buongiorno signorina Amelia...»
Entrai nell'ascensore che mi avrebbe portato al mio piano e prima che si chiudessero le porte, una figura femminile riuscì a bloccare la porta. Quando la vidi non credetti ai miei occhi.
Una volta arrivati al piano nostro, siamo usciti dall'ascensore e prima di andare ognuno per la sua strada, abbiamo chiacchierato un po'...
«Come mai qua signorina?» Chiedo azzardando troppo
«Come? Non lo sai?» Sorride lei «Alfred è tornato da me, chiedendomi di tornare insieme!»
Perdo un battito. Stringo la cartella che ho tra le mani e cerco di sorridere nel migliore dei modi.
«Felicitazioni» sorrido per poi riprendere a camminare verso il mio ufficio.
Lei mi segue a raffica, felice e emozionata di rivedere il suo Alfred dopo giorni. Non smette di saltellare.
Entro nell'ufficio e saluto tutti con un grande sorriso, vado a sedermi al mio posto e appoggio la cartella sulla scrivania.
«Certo che le cose più importanti succedono sempre nel week-end!» Sbuffa Romano.
Volto lo sguardo verso di lui, assumendo una espressione dubbiosa.
«Aspetta, tu come fai a saperlo!?»
«Lo sanno tutti Arthur, come mai tu no?» Chiede Ivan, mentre appoggia una mano sulla mia spalla
Seriamente io sono la ruota di scorta di un carro? Perché lo vengo a sapere solo il lunedì mattina?
«Forse perchè i miei amici non mi hanno detto niente!?» Sbuffo irritato «Se siete ancora arrabbiati per la questione del trasferimento! State tranquilli! Non ci vado più.»
Mi alzo con uno scatto felino dalla sedia, mentre gli occhi dei miei amici mi guardano. Cercano di fermarmi con la voce e con le mani, ma sono più veloce di loro e riesco ad arrivare in bagno in pochi secondi.
Chiudo la porta e appoggio il mio peso contro essa. Le mie gambe cedono e mi ritrovo seduto a terra con ancora la schiena appoggiata alla porta.
Era ovvio fin dall'inizio che questa relazione non poteva funzionare, ma purtroppo mi sono affezionato a lui troppo in fretta e alla fine ho ritrovato in me solo un cuore rotto, spezzato.
Perché non sono riuscito a dirgli quelle due stupide parole. Io lo amavo davvero e sentivo che anche lui era innamorato di me. Ora perché si è rimesso con quella ragazza? L'aveva lasciata... per me.
Mi lascio andare in mare di lacrime, totalmente incosciente di dove sono. Non riesco più a fare il duro, non riesco più a trattenermi, voglio urlare al mondo quello che provo e sento per Alfred... è così complicato?

Alfred pov's
«Allora?Dove andiamo oggi di bello?»
«Lavoro oggi.»
Sistemo i fogli sulla mia scrivania, per dar la sensazione di "ordinato" a questo porcile. La ragazza davanti a me continua a muoversi, alla ricerca della mia attenzione.
È passato un intero week-end dopo la conversazione con Alice.
Non avevo scelta. Mi aveva davvero minacciato e sentir di perdere per sempre Arthur mi avrebbe mandato di nuovo a K.O.
Lo posso osservare dal mio ufficio, posso sentirlo parlare e posso sentire il suo profumo, ma non posso toccarlo.
Alzo lo sguardo verso la ragazza che è intenta a guardare il telefono. Ecco il motivo, lei è la mia condanna a morte. Come aveva detto Alice o mi sarei rimesso insieme a Amelia per far restare Arthur, oppure, lasciar andar Arthur. Non avrei mai scelto l'ultima opzione.
Dentro quella busta erano contenuti tutti i ritardi di Arthur e il lavoro fattomale. Riguardando attentamente i fogli che mi ha dato Alice, con i miei, ho notato ch'è stata cambiata la data. I fogli di Alice sono datati 28 aprile 2017, invece i miei sono datati le 28 aprile 2015. Ha solo scambiato l'ultimo numero.
«Mi stai ascoltando?»
«Certo.»
«Allora raccontami cosa ti ho appena detto!»
«Perché dovrei raccontartelo? Infondo lo sai già quello che hai detto.» Alzo lo sguardo verso di lei, lanciandogli una occhiataccia, come mi è solito fare.«Sei affetta da qualche malattia che non ti ricordi quello che hai detto?»
Colpita in segno.
Prende la borsetta, apre la porta dell'ufficio e esce, sbattendo come sempre la povera porta.
Finalmente solo, non aspettavo altro. Tiro un lungo sospiro e riprendo a guardare i fogli. Ho davvero un'enorme casino qua dentro...
Avevo assunto una donna che sistemasse il mio ufficio quando io ero ai meeting. Scopri in seguito che, la donna in questione, lo faceva solo per scoprire i miei "segreti" così da spifferarli ad un'altra azienda, per cui lavora. Inutile dire che la cacciai immediatamente. Tutto d'un tratto mi viene un'idea. Che io sia ad un meeting o meno, sarà questa persona a pulire il mio ufficio.
Mi lascio andare a peso morto sulla sedia, appoggiando i piedi sulla scrivania. Incrocio le braccia al petto e con tutto il mio fiato in corpo urlo il cognome della persona...
«Kirkland!»








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ALLORA. allora, non trovo nessun commento da dare a questo capitolo. Solo che mi odierete a morte. 
Inoltre, ho fatto un paio di calcoli e credo che i capitoli di questo libro saranno maggiori rispetto a quello di prima. SICCOME I MIEI CALCOLI SONO SEMPRE SBAGLIATI, non basatevi sui miei calcoli e niente, ve l'ho detto così, sa mai che in futuro me lo dimentico.
QUANTE VOLTE HO DETTO CALCOLI, non lo so.

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