Arthur pov's
Accartoccio uno dopo l'altro fogli ormai di anni fa, mentre ogni volta che mi giro verso Alfred lo vedo intento a guardare il suo telefono. Cerco di rimanere calmo e di non fare una sceneggiata, ma la mia pazienza ha un limite. Riprendo in mano il panno sporco di polvere e lo passo più e più volte su uno scaffale vuoto.
«Non far troppa polvere.»
«Si signore» sospiro, accelerando il movimento di mano.
A quest'ora dovrei essere in ufficio per scrivere o correggere articoli, invece no.
Appena uscito dal bagno, sentii le urla di Alfred provenire dal suo ufficio. Quando mi accorsi che stava urlando il mio cognome, corsi verso il suo ufficio. Preoccupato che gli fosse successo qualcosa, entrai come un uragano, facendo cadere qualche foglio a terra. Lui mi guardò sorridendo e mi ordinò di pulire tutto il suo ufficio.
Non so da quanti minuti sono qua, ma inizio a sentire un forte dolore alla schiena.
«Devo assentarmi un attimo, tu continua pure.»
Alfred si alza dalla sedia, mentre ha ancora gli occhi puntati sul telefono. Apre la porta dell'ufficio e esce, andando chissà dove. Ne approfitto per prendermi un momento di pausa.
Mi alzo da terra, lasciando a metà il lavoro assegnatomi. Appoggio la mia schiena alla sedia, insieme al mio fondo schiena. Mi lascio andare ad un sospiro di piacere, sentendo finalmente che la mia schiena riposa.
Non inarco la schiena per guardare il soffitto, ma rimango a guardare la sedia davanti la mia vista.
Ne abbiamo passate davvero tante in questo ufficio e pensando che ora faccio fatica ad entrarci, la mia gola si annoda da sola e mi è impossibile respirare.
Credo che uno dei ricordi più belli che ho in questo ufficio sia il giorno il cui siamo tornati dal meeting, fidanzati. Continuava a chiamarmi anche per cose inutili, ma ne ero felice.
Lui era seduto sulla sedia, con un dolce sorriso sulle labbra, io, davanti la sogliola della porta, ad aspettare un suo comando. Mi invitava molto spesso a sedermi sulle sue gambe e lasciarmi coccolare. Sapeva che il lavoro più stressante è revisionare tutto prima di mandare alla stampa gli articoli finiti. Lo sapeva, ma non poteva farci nulla. Continuava a dirmi che forse era colpa sua e io lo rassicuravo, ribattendo con un no.
Erano davvero bei tempi, ma chissà se anche per lui lo erano...
Scrollo la testa per cacciare via i brutti pensieri e i ricordi che tornano. Mi alzo dalla sedia. Prendendo un panno inizio a pulire la scrivania di Alfred, in modo che non possa vicinarmi più di tanto ad Alfred se torna. Prendo alcuni fogli tra le mani e li leggo nella mia mente, per riuscir a capire in quale delle cartelle devono andare. Li leggo, ma non riesco a trovare la cartella esatta. Ormai stanco e sfinito, decido di aprire un cassetto della scrivania e di lasciarli lì, dove Alfred potrebbe trovarli con facilità. Sono stanco e non ho voglia di cercare in mezzo a quel casino una cartella. Mentre sposto gli oggetti dentro il cassetto, la mia attenzione viene presa da un cofanetto rosso. Appoggio i fogli sulla scrivania e prendo il cofanetto.
Apro l'oggetto e il mio cuore smette di battere. Una forte fitta al petto mi fa capire di essere ancora vivo, ma in un incubo senza fine.
«Brangisky, lavora.»
Sento a mala pena la voce di Alfred, ma riesco a ritirare il cofanetto prima che entra nell'ufficio. Inserisco i fogli nel cassetto e lo chiudo. Prendo il panno che avevo prima in mano per poi inginocchiarmi a terra e riprendere a pulire.
«Allora, Kirkland, hai finito?»
Apre la porta dell'ufficio con un gesto rapido, che mi ha quasi spaventato essendo a terra vicino alla porta, poteva arrivarmi contro la mia povera schiena dolorante!
«Si, ho praticamente pulito la scrivania e questi scaffali, ora mi rimane solo rimettere le cartelle in ordine alfabetico sugli scaffali.»
Mentre parlo sposto il mio sguardo ovunque pur di non vederlo. Mi ha fatto davvero male quel che ho visto. Vorrei riuscir a mascherare la mia espressione, ma più parlo più vorrei scappare via da qua. Più capisco che lo sto per perdere per sempre, più vorrei piangere lontano da tutti.
«Ottimo, puoi andare. L'orario lavorativo è finito.»
Continua a squadrami dalla testa ai piedi, mentre io cerco di evitare il suo sguardo. Vorrei tanto urlargli che cosa rappresenta quel cofanetto, chiederlo e avere una risposta negativa o positiva, quel che sia.
«Arthur...»
Le mie palpebre si dilatano e rimango a fissare il vuoto. Mi ha chiamato per nome, dopo tanto tempo che non lo diceva. Non voglio guardarlo, ma qualcosa dentro di me vorrebbe girare la mia testa e osservare dopo mesi quei bellissimi occhi azzurri risplendere.
Due dita di appoggiano sotto il mio mento, facendomi girare la testa verso di lui. Dopo giorni di pianti, settimane di agonia, mesi di sofferenza, finalmente riesco a guardare quei suoi bellissimi occhi azzurri. Sono più splendenti dell'ultima volta, tra i suoi occhi posso vedere un briciolo di speranza. Non l'ho perso del tutto, ne sono sicuro.
La sua espressione è la stessa di quel giorno in hotel. Vuole essere amato e coccolato dalla persona che ama davvero. Il suo viso si avvicina al mio. Con la mano libera mi sfila gli occhiali, sussurrandomi una dolce frase.
«Sei stupendo senza occhiali...»
Le mie guance iniziano a pizzicare e diventare sempre più di un color rosso accesso. Mancano pochi centimetri dai nostri volti. Azzero la distanza fra noi due, unendo le nostri labbra in un lungo bacio passionale...---------------------
Dopo avervi lasciato con l'amaro in bocca per fin troppi capitoli, ECCOLO CHE ARRIVA! IL TANTO AGOGNATO CAPITOLO! Felici? eue
Eh già, Arthur e Alfred si sono baciati! Dai commenti che leggevo in tanti lo speravano ed eccolo!
Ma non tutto quel ch'è oro, luccica, QUIIIIINDIIII! Non mettete via i forconi! Non vorrei mai che si arrugginiscono! Aspettatevi molto, ma molto, da questo libro. Infondo Alfred è fidanzato con Amelia...Spero che la cantina sia un luogo pello dopo tutto.
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Il Capo Che Odio Con Amore 2
Fanfiction[Sequel de "Il capo che odio con amore"] Arthur Kirkland, un ragazzo di 23 anni che si ritrova ad essere cambiato per colpa di uno stupido gioco d'amore, ora è costretto a tornare alla sua vita normale. Era un gioco o una relazione amorosa trop...