Capitolo 10

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Romano pov's
«Affrettatevi a finire il vostro lavoro! Non vorrei mai che pensino anche loro che siete degli scansa fatica!» protesta il capo passeggiando davanti le nostre scrivanie.
Oggi è quel fatidico giorno di ogni anno che la pausa pranzo va farsi benedire e che le nostre dita non riposano un secondo. Come ogni anno, appunto, passa un gruppo di uomini per tutto l'edificio e assegna una coccarda all'ufficio più ordinato, tranquillo e con più persone lavorative. Certo, è una cazzata, ma sembra che al capo interessi e anche molto.
Continuo a premere tasti sulla tastiera aumentando il ritmo ogni qual volta che me la sento.
È una settimana abbastanza complicata la mia.
Dopo l'ultimo incontro con mio fratello, avvenuto mesi fa, ho sempre pensato come potessimo io e Antonio stare ancora insieme... Insomma, una coppia normale come quella di mio fratello ha già in piano di sposarsi e di adottare figli, invece io e Antonio? A cosa pensiamo entrambi?
Al sol pensiero che questo bastardo spagnolo non pensa un futuro insieme a me mi manda in panico e inizio a lavorare più velocemente, dovuto al nervoso. Antonio, ch'è affianco a me, se ne accorge e non solo non fa niente, ma si alza e se ne va pure! Che razza di stronzo che mi sono preso come ragazzo!
Con lo sguardo lo seguo fino a che non scompare dietro il muro dell'ufficio. Tiro un lungo sospiro prima di far riposare le mie dita.
«Qualcosa non va Romano?»
Ivan, nonostante i continui rimproveri del capo, si ferma per guardarmi e appoggiarmi una mano sulla spalla. Scrollo la testa per far scacciare via i pensieri e automaticamente rispondo a Ivan.
«No, tranquillo, è colpa del capo. Non ci lascia un attimo in pace!» sbuffo io
Dopo un piccolo ghigno di Ivan, ci rimettiamo a lavorare.
«Dov'è andato Carriedo?» chiede il capo fermandosi davanti la scrivania di Antonio.
Sono quasi contento che si prende una bella inculata appena torna.
«Carriedo è andato a prendere il vostro caffè.» risponde quasi d'istinto Arthur, senza togliere gli occhi dal capo.
Eppure non ho sentito il capo urlare di portargli il caffè, almeno che sto diventando sordo. Rimango quasi a fissarlo con sguardo maligno. Non devono guardarsi e tanto meno il capo deve parlare con Arthur.
Dopo la rottura con il capo, Arthur, è stato in pena per molte settimane e durante queste settimane si era pure attaccato alle sigarette. Troppo indifeso per iniziare una relazione con un tipo considerato da lui stesso "american psycho".
«Pensavo che eri tu il mio addetto per il caffè» continua il capo.
Se lo sta facendo per stuzzicarmi, beh, ci sta riuscendo!
«Mi dispiace capo, la prossima volta ve lo porto io.»
Questa è il colmo, sembra di tornare a qualche mese fa, quando tutta la loro relazione doveva iniziare e poi morire dopo qualche settimana. Sbuffo, ma non sonoramente, il capo mi sentirebbe essendo a pochi passi da me.
Antonio torna quasi di fretta e porta un bicchierino di caffè al capo, che dopo averlo preso tra le mani si rinchiude nel suo ufficio.
«Ne ho preso uno anche per te, ho visto che sei nervoso!» sorride Antonio.
Mi porge il bicchierino di caffè e mi guarda con il suo dolce sorriso. Lo prendo tra le mani e abbozzo un sorriso. Mi sono scelto il miglior spagnolo bastardo di tutta la Spagna.

Alfred pov's

Sistemo i fogli sulla mia scrivania, stranamente assai ordinata. Sorseggio il caffè e noto solo dopo che non ha senso bere del caffè che non mi ha portato il mio Arthur. Sospiro e appoggio il bicchierino del caffè sulla scrivania. Non riesco a non pensare alla notte trascorsa con Arthur. Penso ancora che sia un sogno, un sogno dalla quale non mi sono ancora svegliato, invece no, è lì, in carne ed ossa e lo abbiamo fatto per davvero. Risentire il calore del suo corpo e i suoi baci è stato il più bel regalo che mi ha dato la vita.
Senza rendermene conto le mie guance diventano un filino rosse ripensando a tutti i dettagli della notte di passione passata con Arthur. Scrollo la testa prima di farmi venire certe voglie.
Dopo qualche minuto sento il mio telefono squillare e senza vedere chi fosse, rispondo, mettendo il vivavoce.
«Pronto?»
«Hallo Alfred! Sono Gilbert! Ti ricorderai di sicuro che giorno è oggi!» ghigna come sempre il mio interlocutore.
«Come dimenticarselo? Forza, per cosa mi hai chiamato?»
«Ho pensato di accoglierli presentandoci tutti ai piedi dell'edificio! Ci stai? Ci stai? Ci stai?» chiede incalzante Gilbert.
«Certo, perché no? Quando dobbiamo andare giù?»
«Subito, manca solo il tuo ufficio!»
È questo che odio di lui, mi chiama all'ultimo minuto e devo fare le cose di fretta e furia. Senza pensarci due volte riattacco al telefono e mi alzo dalla sedia facendola quasi cadere. Esco dall'ufficio e riunisco tutti, per poi andare verso le scale.
«Perché tutta sta fretta!?» chiede Romano mentre viene quasi spinto giù dalle scale.
«Quando saremo giù lo saprai.»
Faccio passare tutti, lasciando Arthur per ultimo. Non vorrei mai che qualcuno lo spingesse e lo facesse cadere giù dalle scale.
«Grazie...»
Mi risponde con un filino di voce tipico di un piccolo cucciolo tutto timido. Non riesco a resistergli e prima di farlo andar giù gli rubo un piccolo bacio a stampo.
«Di niente» rispondo io mentre lo seguo giù per le scale.

Ci sistemiamo tutti in fila. I capi affiancati dai propri dipendenti saranno sempre primi a partire da destra verso sinistra. Affianco a me ho deciso di tenere Arthur, non vorrei mai che qualcuno sospettaste, ma dopo tutto quello che abbiamo passato lo voglio affianco a me più che mai.
Il gruppo di uomini in giacca e cravatta entrano nell'edificio e con un piccoloinchino li salutiamo.
Sposto di poco lo sguardo verso Arthur, notandolo preso da tutto questo. Glifioro con le dita il fianco sinistro, lasciando con un piccolo sussulto chenessuno avrà notato. Proseguo per istigarlo un pochino. Con lo sguardoperlustro la zona per evitare che sguardi non appropriati ci guardiano. Passola mano sull'altro fianco, avvolgendolo in una specie di abbraccio. Infilo lamano nell'apertura dei suoi pantaloni. Ecco un altro sussulto, più visibile stavolta,lo pervade per tutto il corpo.
È questa la persona che voglio stuzzicare per il resto della mia vita, non piùdonne che vogliono solo una notte di sesso con me.
Continuo per poco, siccome dopo ci saremo divisi e ognuno sarebbe tornato perle sue scrivanie.
Stuzzicherei Arthur per il resto della mia vita se solo non ci fossero malelingue in questo ufficio. 
















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E TORNANO I DOPPI POV IN UN CAPITOLO! WOWO!
Devo ammetterlo, non avevo molta ispirazione per scrivere questo capitolo, siccome sono appena uscita da una influenza che mi ha sbattuto a terra come pochi e niente... sono una che si influenza raramente, ma quando è influenzata... si salvi chi può. 
ANYWAY! Con la scusa dell'influenza non ho più capitolo a disposizione- RIMEDIO A TUTTO LO PROMETTOH. Tanti bacini ai miei koali, ciauuuu~

Il Capo Che Odio Con Amore 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora