CAPITOLO 28 - SONO FREGATO!

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«Dai, topino, muoviti! Sto diventando vecchio qui ad aspettarti!»

«E allora vedi di morire pure mentre aspetti. Almeno te la pianti di rompere una volta per tutte! Non è colpa mia se voi uomini non siete in grado di organizzarvi per comprare un dannato regalo e poi noi donne dobbiamo risolvere tutto all'ultimo!» mi gridò spazientita dal bagno, per farsi sentire.

Era una cavolata il fatto che ci fossimo ridotti all'ultimo a comprare il regalo di compleanno per Ry. Sapevamo di prendergli una nuova tenuta da basket già da tempo ma, Matt, in accordo con gli altri, mi aveva consigliato di farle credere che non avessimo idea di cosa fargli a solo due giorni dalla festa, di modo da poter passare un po' di tempo in sua compagnia.

Debbo ammettere che il piano aveva funzionato. Ollie per i suoi amici avrebbe fatto di tutto ed infatti, quando mi ero presentato alla porta di casa sua chiedendole una mano perché i ragazzi erano occupati con le lezioni, non si era tirata indietro, anche se aveva espresso apertamente il suo malcontento.

«Per me eri perfetta con il tuo pigiama da giraffa, non capisco davvero perché ti sei dovuta cambiare!»le urlai di rimando seduto al tavolo circolare della cucina, prendendo un sorso d'acqua che mi aveva offerto lei nell'attesa.

«Stupida scimmia infame, te lo faccio venire io un collo da giraffa! Strozzandoti!» bofonchiò, rendendomi difficile capire cosa avesse detto. Ma in fondo avevo centrato il mio obiettivo: mi aveva chiamato nuovamente scimmietta.

Avevo scoperto che se la facevo imbufalire perdeva il controllo di sé e le scappava quel nomignolo, e da allora ogni occasione era buona per provarci. Me la stavo già immaginando davanti allo specchio del bagno a mordersi la lingua e ad inveire contro se stessa per esserselo lasciato scappare; era così carina quando lo faceva.

Dal giorno della scoperta del mio tatuaggio cercava sempre di rimanere un po' sulle sue, ma potevo capirla, erano passati solo due giorni. Purtroppo per me però, io e la pazienza andavamo poco d'accordo, tanto che quel giorno, dopo che quei due coglioni degli istruttori ci avevano interrotti e mi ero trattenuto a stento dallo scaraventarli di sotto, non ero riuscito a resiste in camera mentre fissava quel segno sul mio corpo che rappresentava la perfetta sintesi del nostro amore.

Avevo avuto il bisogno impellente di sentire le sue labbra, avevo avuto una cazzo di voglia di baciarla da scalpitare come un ossesso al solo fissargliele, e quando le avevo fatte scontrare con le mie ed il suo profumo inteso di petali dischiusi sotto tiepidi raggi primaverili mi aveva invaso le narici, avrei voluto fare molto di più. Le mie mani infatti non erano riuscite a rispondere ai miei comandi ed anche solo il percorrerle la schiena, il tornare ad afferrare quella massa vellutata di capelli color cioccolato tra le dita ed il leggero affondo delle sue unghie nelle mie spalle, era stata l'esperienza migliore al mondo dopo anni senza poterlo fare.

D'Annunzio nel Il piacere scriveva che per Elena ed Andrea: Un bacio li prostrava più di un amplesso. E diamine se non aveva ragione. Non l'avevo neppure baciata per davvero, ma mi aveva ridotto ugualmente in ginocchio. Con quelle sua bocca, con solo il suo sapore ed il calore della sua pelle, poteva davvero condurmi all'estasi.

Ma non avevo osato andare oltre. Ero consapevole del turbine emotivo che stava vivendo dopo la morte di sua nonna e certamente le emozioni che stava rivivendo con me non le avrebbe mai volute decifrare in quel momento. Dovevo mantenere la calma e lasciare che tornassimo ad avvicinarci come un tempo poi, quando sarebbe stata pronta, le avrei detto tutto quello che avevo provato in quell'anno lontano da lei, quello che provavo ancora, che la rivolevo al mio fianco.

"Pazienta, Luke, pazienta!" mi redarguii mentalmente, ma mentre ero immerso in quei pensieri, un leggero tremolio del tavolo richiamò la mia attenzione.

RICOMINCIAMO DA NOI (VOL.2 - COMPLETATA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora