Capitolo 12.1 - Giove

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"Lucio, ti posso dare una mano io a chiudere, tranquillo!", si propose Agata. L'uomo era sul retro, in cucina per l'esattezza, intento a finire di sistemare le ultime scorte.
"Non angustiarti, cara, puoi andare; io ho quasi finito", rispose lui, alzando il tono di voce per farsi sentire, mentre stava chiudendo il frigo.

Trasalì trovandosi la ragazza là dove prima c'era l'anta a coprirne la visuale.
"Cavolo, non pensavo fossi così vicina!", esclamò, portando una mano sul petto, lì dove il cuore palpitava frenetico per lo spavento, coperto da una maglietta grigia a girocollo.
Si domandava come Agata avesse fatto ad arrivare sullo stipite della porta in così breve tempo, ma pensò si trattasse dei suoi soliti sbalzi temporali e di non essersi accorto dello scorrere dei secondi. Era certo infatti di essersi imbambolato per l'ennesima volta, così come accadeva sovente dal giorno in cui la figlia era partita.

Erano passati ormai quattro giorni da quando se n'era andata e a lui sembrava un'eternità. Sapeva che quel giorno sarebbero finalmente partiti alla volta di New York, anzi, dando un'occhiata all'orologio da polso, constatò che quasi sicuramente erano già in volo. Aveva sentito i ragazzi quella mattina e lo avevano minuziosamente aggiornato sugli ultimi avvenimenti, incluse le capacità di sua figlia, che anche per lui sembravano ancor meglio di quelle ipotizzate; era entusiasta che Terra e Venere fossero già con loro, ancor di più che si stessero recando da Luchman.
Gli era sempre piaciuto quell'uomo, così intelligente e di animo nobile, una di quelle persone di cui ci si poteva fidare ciecamente. Sapere la sua bambina sotto la sua ala protettiva, lo rasserenava; Luchman era a conoscenza della profezia e delle ultime scoperte, ancor più di quanto non fosse lui stesso, e avrebbe senz'ombra di dubbio saputo incanalare Stella verso il corretto utilizzo dei suoi poteri, oltre al fatto, non meno importante, che avrebbe controllato i due avvenenti ragazzi in preda agli ormoni, così da intervenire in caso di necessità e salvaguardare quindi il piano.
Lei era destinata a Sunguard e nulla avrebbe potuto cambiare le cose o sarebbe saltata l'unica possibilità di vivere in un mondo privo di quegli esseri senza scrupoli.

"Non era mia intenzione metterti paura, capo, volevo solo darti una mano", lo riscosse Agata con un tono tanto melodioso, da poter incantare chiunque. Si era ulteriormente avvicinata, accarezzando poi il suo braccio con estrema delicatezza. Era la sua specialità, la sua dote sopraffina. Ogni demone ne possedeva dieci, dalle scariche elettriche, alla possibilità di fermare il tempo per alcuni minuti, dal comandare le emozioni altrui, allo scagliare palle di fuoco, dal prendere sembianze diverse, alla gestione degli eventi atmosferici. Sapevano ovviamente anche rimarginare le proprie ferite, ecco perché uccidere un demone puro non era cosa da tutti.

Lei invece ne aveva solo una; essere mezzodemone significava debolezza ai suoi occhi. Quanto avrebbe voluto possedere pieni poteri.
Almeno io ne ho, pensava tra sé e sé quando il rammarico l'attanagliava; ricordava a sé stessa infatti che quell'incapace di Clelia non stava meglio di lei. La bionda non ne aveva nessuno, se non quel suo aspetto celestiale, neutralizzato dall'orrore che le copriva il capo, per cui poter almeno influenzare gli stati d'animo non era poi tanto male.

"Ti ringrazio, Agata. Da quando Stella è partita, è molto più difficile gestire tutto. Per fortuna almeno il locale riusciamo a tenerlo in ordine, per quel che riguarda casa mia, non posso dire lo stesso. Se qualcuno ci mettesse piede ora, penserebbe senz'altro che vi si sia abbattuto un ciclone", le confessò lui, non capendo il motivo della sua apertura con quella ragazza della quale non aveva una grande stima.

Lei emise una falsa risata, puntando gli occhi in quelli di Lucio.
"Sai, capo, mi dispiace tanto! Se me lo permettessi, potrei darle una riordinata io".
Lucio era ormai in stato catatonico e non esitò ad acconsentire. Quando ella interruppe il contatto, egli scosse la testa, sentendosi frastornato; non sapeva che, ogni qual volta si perdeva in attimi di stordimento, non era per il senso di solitudine che lo portava a smarrirsi nei meandri della sua mente, bensì era la demone che lo manovrava senza ch'egli si accorgesse di nulla.

Sun and Moon - TRILOGIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora