Capitolo 3.

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-D'accordo, vuoi sapere perché ho ucciso due persone?-

Anche quel pomeriggio mi ritrovai a dover affrontare la presunzione e la sfacciataggine di Michael Clifford che, proprio come la prima volta, si stava dimostrando essere esattamente come l'avevo descritto nella mia mente. Dopo una giornata estenuante, però, questo non era affatto ciò di cui avevo bisogno.


3 ORE PRIMA.

Quella mattina all'università, pur non avendo lezione col professor Brown, mi recai verso la sua aula più svelta che mai. Inutile negare che un accenno -enorme- di ansia e frustrazione mi impedivano di camminare con disinvoltura e tranquillità, nonostante ciò neanche la paura di affrontare quell'uomo mi avrebbe fermata. È vero, il primo incontro con il suo cliente non avrebbe potuto andare peggio di quanto non fosse effettivamente andato e per questo, pur sapendo quanto Brown sarebbe stato contrario, avevo stabilito la notte precedente che non sarei andata avanti con il progetto. O perlomeno non in quelle condizioni, non se Clifford avrebbe continuato a mettermi i piedi in testa come aveva fatto durante quella penosa ora di colloquio.

Quindi, con il cuore che quasi andava all'impazzata, bussai alla porta già aperta dell'insegnante e, non trovandovi fortunatamente nessuno studente all'interno, mi feci strada verso la figura possente dell'uomo. Brown, che se ne stava in piedi a sistemare chi sa quale tipo di scartoffie, raddrizzò immediatamente la schiena al mio ingresso in aula per poi salutarmi con il solito saluto cordiale tipico di chi ha avuto un'educazione con i fiocchi.

-Buongiorno, professor Brown.- Ricambiai, mettendo in mostra un bel sorriso che di certo non rispettava il mio attuale stato d'animo. -Sono qui per parlarle del compito che mi ha affidato.- Proseguii poi con un tono decisamente impaurito.

D'altronde, avrei potuto benissimo prevedere la reazione che l'uomo avrebbe avuto di lì a poco al solo ascoltare le mie parole.

-Oh, certo. Come è andato il primo appuntamento?- Domandò però semplicemente lui che, leggermente sorpreso, spalancò gli occhi con fare interessato e si avvicinò ulteriormente a me.

-Non bene, a dire la verità.- Ammisi a quel punto io, pur mettendoci un bel po' di fatica nel far uscire quelle poche parole dalla mia bocca.

Brown, come se si aspettasse già una risposta simile da parte mia, -Come biasimarlo.- disse, sfregò velocemente le mani per poi portarsele in tasca, così da apparire addirittura più serio del solito. -Non c'è da stupirsi, mi aspettavo una reazione del genere da parte sua, signorina. Ma la risposta è no.- Affermò dopo, come se fosse tranquillamente in grado di leggermi nella mente.

No. Beh, me lo sarei tranquillamente aspettato, per questo non mi feci cogliere alla sprovvista ed insistessi ancora un po'.

-Signore, il suo cliente si è mostrato irrimediabilmente irrispettoso nei miei confronti, perché dovrei continuare a vederlo?- Domandai infatti all'uomo che, quasi incollato a me data la poca distanza che ci separava, parve perdere improvvisamente la pazienza.

Nonostante ciò mantenne vivo il suo tono autoritario ma al tempo stesso calmo, semplicemente dicendo -Perché glie lo sto dicendo io, naturalmente.-

Gli bastò una sola, minuscola frase per sminuirmi del tutto. D'altronde era chiaro che io, come tutti gli altri studenti, non contavo nulla.

-Perlomeno potrebbe parlargli e dissuaderlo dal concepire i nostri colloqui come qualcosa di... negativo? Dissuaderlo dall'usare quel suo atteggiamento con gli altri?- Chiesi dunque io, ormai arresa all'idea di dover continuare il progetto per un altro mese intero. Nessuna via di scampo parve infatti aprirsi ai miei occhi, adesso più spenti e rassegnati di poco prima.

Snuff | Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora