6° capitolo

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3 anni prima...

Bussano alla porta di casa e così vado ad aprire. Davanti mi compare la figura di Harvey.
Lo guardo negli occhi. Leggo la sua grande distruzione. Gli occhi sono rossi dal pianto. Il padre deve averlo cacciato nuovamente da casa. È da più di un mese che fa sempre su e giù da casa sua a casa nostra.
Mi si avvicina e in un attimo sento le sua braccia avvolgere la mia minuscola vita. Mi manca il respiro. Siamo corpo a corpo. Sento il suo battito accellerato e penso che anche lui senta il mio. Appena realizzo dell'abbraccio, lo stringo anch'io e inizia a piangere. "Non preoccuparti, si sistemerà tutto" gli sussurro nell'orecchio. "Non è così facile!" conclude fra i singhiozzi.
È troppo difficile per lui affrontare la sua condizione famigliare. Io non posso capirlo, né immagino quanto stia soffrendo, ma, per quanto lo possa odiare, vorrei stare accanto a lui ogni volta che ne ha bisogno. Ogni volta che ha bisogno di un'abbraccio o di un po' di attenzione, io vorrei essere li a tenergli la mano e sussurrargli "Sono qui".
Da quando la madre è morta, ha avuto parecchie crisi e cambiamenti d'umore. Il medico ha detto che è normale, ma comunque gli ha dato delle pasticche da prendere ogni giorno. Però lui dice di non averne bisogno, e quindi fa di testa sua. Non le prende e ad ogni crisi che ha, sta sempre peggio. Mio fratello gli ripete sempre che per stare bene e non cadere nuovamente in un buco nero, deve prenderle, ma lui non lo ascolta mai.
Lo faccio entrare nella camera degli ospiti, anche se ormai dovremmo dire "di Harvey" visto che tanto ci viene sempre e solo lui. "Sistemati... Fai con calma. Appena hai finito chiamami e... Si, insomma... Io sono qui. D'accordo?" mi volto per cercare di arrivare alla porta, ma Harvey mi ferma. "Hey Anna aspetta" "Si?". C'è qualche istante di silenzio prima di una sua risposta. "Grazie" sussurra con un gran sorriso. Sorrido a mia volta e annuisco per poi voltarmi di nuovo ed uscire dalla camera, chiudendo la porta alle mie spalle. Così mi butto sul letto e mi rilasso un po' mentre ascolto la musica, ma dopo poco tempo sento dei rumori provenire dalla camera di Harvey. Mi precipito di la e apro la porta. Trovo Harvey intento a buttare giù tutto quello che trova nella stanza. 'Ma no, stai tranquillo. Fai come se fossi a casa tua'. Rimango a guardarlo per qualche secondo. Deve essere un'altra di quelle sue crisi di rabbia. Non so come comportarmi con lui, anche perché siamo anche soli a casa e fuori piove. Mi fa quasi paura.
Mi avvicino a lui "ti prego fermati". Mi avvicino ancora e gli tocco la spalla, mentre è intento a buttare giù la lampada dal comodino. "Hey hai sentito cosa ho detto?!" grido sperando che mi risponda e in quel momento si gira e mi leva la mano dalla sua spalla. Poi mi spintona leggermente e un gemito involontario esce dalla mia bocca, così finalmente si ferma.
"Oh Dio, scusami Anna. Ti ho fatto male?" mi chiede mentre mi si avvicina. La sua espressione è triste. Pensare che per quei pochi istanti non hai il pieno controllo di te, è davvero brutto. Non sembrava neanche lui. "Harvey..." "Si?" "Devi prendere le pasticche". Il suo viso si incupisce ancora di più. Stringe i pugni nella mano. Quasi penso che mi voglia prendere a pugni, per questo faccio un passo indietro. Non si sa mai.
Abbassa lo sguardo e passano svariati minuti di silenzio. "D'accordo" conclude mettendo fine alla conversazione. Così mi giro e me ne torno in camera. Spero per lui che lo faccia davvero. Questo potrebbe aiutarlo molto...

(Spazio autrice)
Ahahahahahahahahahahahah. Alla faccia sua. Il fratello di Anna glielo ha sempre detto di prendere le pasticche ma non lo ha mai ascoltato, invece appena glielo dice Anna acconsente! Che fio de na bona donna! Ah... Ok ora mi sono sfocata!!
Tornando a noi...
Vi sta piacendo la storia? Se si commentate e stellinate. Alla prossima. Sciaooooo
Noemi

"You are my phobia" (Harvey Cantwell)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora