Capitolo 14

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Riesco a malapena ad aprire gli occhi. Non so nemmeno dove mi trovo di preciso in questo momento. Riesco solo a vedere vagamente il soffitto, nero.
Sono stanco e indolenzito e desidero solo fare qualcosa. Qualunque cosa. Ho male dappertutto ed é evidente che Edward ha continuato a prendermi a pugni e calci anche dopo che sono svenuto. I ricordi dell'ultimo combattimento sono vaghi. Mi ricordo solo di averne prese tante da Edward, un Erudito. Mi ricordo solo che ho perso il combattimento.
Non sono ancora molto lucido. Ma so che non sono solo. Davanti a me vedo una figura nera muoversi. Sarà un' infermiera?
No, non credo. La figura comincia a diventare piú chiara, meno sfuocata. Riesco a vedere il viso, pallido e ansioso, é Tessa. So bene che é lei. In questi giorni girava voce che non si fosse piú presentata a lavoro, al centro di controllo. Altri dicevano addirittura che fosse scomparsa. Vedo che si avvicina a me. Non so perché ma forse devo scappare é molto probabile che sia uscita di testa. In effetti scappare sarebbe la soluzione migliore in questo momento. Provo ad alzarmi ma comincia subito a girarmi la testa come se il mondo attorno a me non volesse piú fermarsi, e poi provo dolore, soltanto dolore, dappertutto.
Vedo che si avvicina a me. Una volta aveva le labbra rosse e carnose, ora invece sono screpolate e di un rosa violaceo. Ha metà guancia squarciata da un taglio profondo. Vedo ancora tutto sfocato ed é ancora tutto confuso.
Si avvicina al mio orecchio e con un filo di voce sussurra:" Mi uccideranno".

Non so che fare o come reagire.
Vedo solo che cade a terra come se tutto d'un tratto fosse diventata piú pesante.
Entrano delle guardie armate che la alzano da terra e la portano via e poi riesco solo a vedere tanti puntini neri e grigi. É insopportabile vedere tutto quel grigio. Quel colore per me non vuole dire niente, se non odio.
Mi ricorda quando da piccolo andavo a scuola con tutti gli altri bambini candidi. Erano tutti sinceri, tutti sicuri di se, senza porsi il problema di dire le cose sbagliate. Erano solo preoccupati di dire sempre la verità, di dire sempre la loro opinione.
E poi c'ero io, con Drew e Molly. C'ero io che mentivo per ottenere qualsiasi cosa, e ora farei lo stesso. C'ero io che pur di non prendermi responsabilità mentivo, perché non sono mai stato un candido, non sono mai stato sincero.
E nonostante dicessi menzogne ero sempre quello che aveva ragione per Drew e Molly.
Un giorno, quando avevo tredici anni vidi uno di quei viscidi rigidi che stava dando del cibo della mensa a un escluso che si era spinto fino al Centro. Era nascosto dietro un cespuglio ma io lo vidi comunque. Ero infuriato. Non spettava a lui sottrarre a noi il nostro cibo per darlo a ciò che non ci serve. Se davvero meritano di vivere, allora se lo devono trovare da soli il pane gli Esclusi.
Non potevano avere ragione i rigidi, non sempre, non loro. Dovevano capirlo e questa volta con le cattive, io glielo avevo già detto...gli avevo avvertiti tutti quelli della mia classe. Avrebbero dovuto rispettare il nostro sistema, prima di tutto... anche se non so quanta importanza abbia il nostro sistema, di certo non avrà mai tanta importanza quanto il potere.
Quel ragazzo era disteso a terra, dei vestiti non vedevo altro che sangue, di un rosso piú scuro di quelche mi aspettavo.
No, non ci devo pensare a questo. Non devo pensare a quelche ho fatto in passato.
Non so cosa farei per essere un'altra persona. Per non essere Peter il bugiardo, per non essere un ragazzo che non appartiene a nulla, per non dover rifugiarmi sempre nel buio e nella collera.
Questo forse perché c'é una differenza tra chi ha ragione e chi dice la verità. Però c'é un forte legame tra le due cose. Perché chi ha ragione dice anche la verità, ma chi dice la verità non ha sempre ragione. I Candidi sbagliano, i rigidi sbagliano, gli Intrepidi sono solo degli scalmanati, e quanto a me sono solo una persona fra tante, o almeno é quello che vorrei essere.

Perché ho qualcosa di sbagliato? Perché non posso cambiare? Perché non ne sarei capace...

Riesco a malapena ad alzarmi mentre vedo le guardie intrepide che buttano a terra Tessa che era appena riuscita ad alzarsi.
"É Divergente?" chiede un uomo con piú piercing che pelle.
"Si" afferma il soldato al suo fianco.
Non ci fanno neanche caso a me, probabilmente non si sono neanche accorti della mia presenza.
Eppure Tessa sarebbe potuta scappare dappertutto ma perché venire da me? Perlopiù mentre sono in infermeria.
L'uomo pieno di piercing le preme la canna della pistola sulla fronte, come Quattro aveva fatto con me durante gli allenamenti. Ma quella non è un esercitazione. Mi fissa con occhi spenti, forse aspettando che io faccia qualcosa. Dovrei fare qualcosa? Sarebbe stupido e io non lo sono.
"Non mi controllerete mai, non ci controllerete mai, mai." Dice la ragazza con voce strozzata.
Quelle sono le sue ultime parole.
Abbasso lo sguardo quando sento il rumore dello sparo. Si sente anche l'eco, lieve.
Allora perché me lo sento rimbombare in testa incessantemente?

Mentre i soldati raccolgono il corpo, ormai inerte, io sgattaiolo fuori dalla stanza facendo finta di niente.
Il mio corpo é ancora indolenzito ma il dolore fisico lo sento appena.
Ero li davanti a guardare e non ho fatto niente.
Niente.

Divergent: Peter HayesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora