La foto con Greta e Alice, alla destra del letto,
la foto di New York al buio,
la foto di me e mia sorella a sei anni,
la foto della prima volta a Firenze,
la foto di un borghetto ligure,
Parigi, il mare della Sicilia,
la foto del mio primo concerto, nella parete di fronte al comodino,
la foto con il mio migliore amico mentre dividiamo una pizza nella notte più calda di tutta l'estate.
Stacco una foto, ne stacco un'altra.
Stacco la foto del tramonto più bella che ho,
la foto di classe,
un paesaggio di montagna,
le foto con i vecchi amici, chissà ora che fanno
la foto di un natale,
la neve,
qualche museo,
ed infine, Roma dall'alto.
Stacco tutto, facendo attenzione a mettere ogni singola foto dentro ad una busta trasparente, in modo che nessuna si rovini, all'ultima presto particolare attenzione.
Roma, perdo un attimo a fissare l'immagine scattata da mia sorella, che mi portò una volta tornata dal viaggio, insieme ad una miniatura del Colosseo. Al pensiero l'emozione e la paura mi pervadono.
Accartoccio gli ultimi vestiti dentro la valigia e chiudo lo zaino contenente la Canon, cerco di non fare rumore, di non svegliare nessuno.
Guardo fuori dalla finestra di camera mia un'ultima volta, sorrido già nostalgica, e in fondo piango anche un po'.
Penso
scappo, se mi si lascia andare
piango, se penso troppo
muoio, se mi si stringe forte nelle mani senza farmi respirare,
sono fragile.
All'alba dei miei diciassette anni scappavo sempre, spesso piangevo e qualche volta mi capitava anche di morire, certamente cercavo di far coincidere tutto con i miei pretenziosi orari dell'autobus e, ammetto, non sempre ci riuscivo.
Mi piaceva camminare verso la fermata del bus solo se ero ben coperta e la riproduzione casuale mi concedeva la canzone più bella di tutta la playlist, diversamente succedeva se la notte non avevo dormito, il che capitava spesso, allora i miei occhi si curvavano più in basso e meno in alto per guardare il cielo mattutino del mio paese.
Il mio paese era nero di inverno e grigio in estate, la gente non cambiava, cambiava solo la sfumatura. Quei piccoli posti dove ci si conosce tutti e dove negli occhi delle persone c'è sempre confusione, rabbia e felicità di rado.
Ero sicura che questa volta sarei scappata in cerca di qualcosa di più grande, ancora non lo sapevo cosa: in cerca di me, o dell'amore, o della felicità, o chissà, magari di tutti e tre.
Scuoto la testa, asciugo con un fazzoletto il viso bagnato e torno a pensare al presente.
Lascio una lettera sul tavolo, una foto di famiglia di qualche anno fa e un I-Pod con le mie canzoni preferite.
Respiro lentamente, chiudo gli occhi, e poi la porta di casa.
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take me out | måneskin
Fanfictiondove roma è dannata e spettacolare quasi come damiano