Mi guarda con i suoi soliti occhi provocanti e insiste tirandomi per il braccio.
"Dai Giuliè, entriamo!"
"Smettila, sembri un bambino di due anni!" rispondo picchiettandolo sul petto.
"Che hai mai sentito un pischello de du'anni parla' bene come parlo io forse?" insiste prendendomi in giro.
"Avanti, vieni." dice trascinandomi a forza dentro il negozio.
All'ingresso sono accolta da due ragazzoni in smoking dalle spalle larghe che ci osservano minacciosi, mentre le signore di alta borghesia palesano occhiatacce per poi riprendere ad osservare i capi d'haute-couture che le circondano.
"Perché siamo qua dentro?" sussurro a Damiano che è perso a guardare ogni particolare dell'atelier.
"Perché volevamo entrare" mi sussurra indietro.
"No, tu volevi entrare" dico questa volta con un tono più alto.
"Sei venuta a Roma con me.." si interrompe "..Roma è anche questo".
Passeggiamo cautamente e scrutiamo ogni modello di abito e accessorio marcato che ci sia nella boutique, quando il silenzio viene interrotto da un'assistente, anch'essa in smoking nero.
"Posso aiutarvi?" ci chiede cortesemente e con le mani dietro alla schiena.
"No n.." rispondiamo all'unisono, ma la voce di lui mi sovrasta. "Sí, la signorina stava giusto guardando questo" e indica un vestito dai dettagli floreali che ha accanto. "Stavamo inoltre cercando di capire quale fosse la tecnica di tessitura che lo rende così delicato al tatto." continua soddisfatto e compiaciuto.
La ragazza comincia allora a parlare di metodologie e aneddoti che non lo interessano affatto, ma che al momento, sembra non potrebbero renderlo più felice.
Come riesca a passare dall'essere una persona all'altra in pochi secondi mi affascina: un immaturo, un saggio, uno spericolato, un erudito, lui è tutto questo, e molto altro di più.
"La signorina forse gradirebbe provarlo?" chiede d'improvviso la commessa distraendomi dalla riflessione.
Cerco di evitare a tutti i costi, ma ancora una volta non faccio in tempo ad aprir bocca. "Oh, le assicuro che non mi parla d'altro da settimane! Gradirebbe moltissimo indossarlo, è per una cerimonia di classe sà? Siamo alla ricerca dell'outfit perfetto, e questo ha proprio la stoffa di esserlo." continua imperterrito sogghignando con l'assistente per la sua stessa battuta.
"La accompagno ai salotti di prova, seguitemi pure" dice lei indicando uno spazio in fondo alla stanza. Le faccio il verso di nascosto e Damiano mi punzecchia sorridendo, prova occhiali scuri da donna e li toglie appena nota che qualcuno lo sta fissando.
Mentre sono dentro al camerino le luci a neon mi abbagliano, goffamente poi tolgo tutti i vestiti dal mio corpo che rimane seminudo e un po' timido, ed infine indosso l'indumento, che nella solitudine della mia cabina posso finalmente ammettere essere splendido.
Chiamo dall'interno per farmi allacciare i fiocchi sulla parte posteriore, ma l'aiutante sembra essere andata altrove.
"Ci sono io qui." mi urla Damiano da fuori.
"Non urlare!" rispondo sottovoce.
"Ci sono io qui." ridice questa volta sussurrando.
"No, tu non vai bene, vai a cercare una ragazza."
Dieci secondi di silenzio incombono prima di risentire ancora la voce maschile .
"Non le ho trovate donzella, dovrai accontentarti di me." esclama aprendo la porta del camerino.
"Non le hai neanche cercate!" rispondo facendolo entrare.
"Dentro, dentro le cercavo." mi dice toccandosi il petto con fare drammatico.
"Chiudi quest'affare e vattene" replico acida.
Si posiziona dietro di me in modo da essere entrambi davanti allo specchio e quando mi tocca con le sue mani fredde rabbrividisco appena.
"Non ti sopporto quando fai così." affermo mentre mi annoda il primo laccio.
"Però so come farmi perdonare." mi dice piano all'orecchio avvicinandosi.
"Come San Pietro.." dico ridendo.
"Sí, come San Pietro" ripete chiudendo anche l'ultimo fiocco e accarezzandomi le braccia gelide.
Guardo l'immagine riflessa, mi sento quasi una principessa mentre faccio un giro su me stessa.
"Sembro proprio di serie A" dico esterrefatta.
"Lo sei anche senza questo addosso." risponde lui guardandomi nell'immagine dello specchio.
Alzo le sopracciglia, pensando ad ogni volta che ho dubitato della mia figura, il mio aspetto o il mio viso.
"Dai, mi cambio e andiamo via." enuncio dopo un po'.
"Però si sta bene qua dentro" dice guardandosi attorno.
"Mi cambio e andiamo via." ripeto, questa volta più decisa e guardandolo negli occhi.
Subito esce, e nel giro di pochi minuti siamo fuori e nel bel mezzo di Via Condotti, intasata di persone ferme davanti alle vetrine o alla meraviglia che è la Trinità dei Monti.
Noi due non parliamo tanto, lui mi racconta qualche dettaglio sulla Piazza mentre saliamo gli scalini, poi niente altro.
"Cosa ti è preso? Lì dentro intendo." domanda rompendo il ghiaccio una volta sistemati sulle gradinate.
"Niente" rispondo.
"Cosa ti è preso lì dentro?" mi ripropone.
"Niente, t'assicuro" ribadisco.
"Lì fanno lo zucchero filato, ne prendo due?" mi chiede sviando l'argomento.
"Ok".
Damiano s'alza, si sgranchisce un po' le gambe e io rimango ferma e vuota.
Penso, forse mi avrebbe fatto piacere confidarmi con qualcuno su tutte queste cose. Ma come esprimere quell'inafferrabile malessere che muta d'aspetto come le nuvole, che turbina come il vento? Mi mancavano le parole, e l'occasione, e l'ardire, ma in fondo in fondo, nessuno dei tre.
"Ehi! Torna qui un attimo!" grido sperando si volti.
Si volta, faccio cenno di tornare indietro.
Appena mi raggiunge ci rimettiamo seduti vicino come prima.
"Non ho mai avuto l'opportunità di sentirmi bella, come mi guardavi e mi dicevi che la ero, io non ci ho mai creduto di essere bella, è questo il problema." sputo tutto d'un fiato.
Guarda un po' i miei occhi, si alza e riprende la direzione dello zucchero filato, lasciandomi allibita e sola senza nessuna risposta.
Torna dopo poco, mentre riluttante afferro lo stecco di zucchero rosa e lo guardo confusa.
"Non ci hai capito un cazzo" esclama ad un certo punto.
"Come hai detto?" chiedo suscettibile.
"Ho detto che non ci hai capito un cazzo" si rivolge addentando la nuvola soffice che ha davanti con noncuranza.
"Di me, di noi, di tutto.." continua "..perché se ci avessi capito qualcosa, sapresti che sei tutto tranne che bella."
Le mie guance si stanno colorando di rosso, stringo i pugni e i denti, trattengo le lacrime che inevitabilmente stanno straripando dalle pupille. Annuisco, perché a volte è più semplice dire che non importa piuttosto che spiegare tutti i motivi per cui in realtà accade il contrario.
"Ok" dico soltanto.
"Non sei bella, non ti ho mai detto che sei bella, e mai te lo dirò" continua.
"Adesso smettila, va bene?" chiedo quasi supplicandolo con voce ben spezzata.
"Non ti dirò mai che sei bella perché bella significa niente.." si volta verso di me "..e te l'ho già spiegato."
"Sei intelligente, solare e un po' timida a volte. Ti spazzoli i denti per troppo tempo e copri sempre le tue imperfezioni.
I tuoi capelli sono di seta morbida e il tuo viso incanta chiunque incontri.
Leggi troppo e fai delle foto mozzafiato.
Mi fai ridere e a me non fa ridere quasi nessuno, canti malissimo quando sei sotto la doccia e sbuffi ad alta voce quando ti annoi. Pensi tanto e forse ogni tanto dovresti lasciarti andare di più, però pensi tanto e quando pensi citi i tuoi libri preferiti, il che mi piace da impazzire.
Mi fai impazzire, eh sì mi fai proprio impazzire.
Quando mi svegli presto, non pulisci la tua parte di casa.
Ma mi fai impazzire anche quando sei in pigiama e hai le occhiaie, perché sei dolce, piccola e splendida. Allo stesso tempo fuori di testa: sei scappata di casa su un treno di notte affidando la tua vita nelle mie mani.
Pensaci, visto che lo fai spesso, tutto questo è straordinario, sicuramente non bello."
Fisso in terra, non rispondo e lascio che il silenzio ci culli.
"Quando sarò famoso tornerò qui e comprerò tutto quello che c'è in questa strada" ricomincia a parlare cambiando ragionamento. "Partirò dall'inizio della via, arriverò fino a questo gradino e comprerò qualcosa in ogni negozio."
Sono più a mio agio, la tensione si è stemperata e ricominciamo a chiacchierare insieme.
"Quanto famoso vuoi essere per comprarti tutta questa roba?" domando curiosa.
"Voglio una stella sulla Walk Of Fame, statue negli aeroporti, miliardi di ragazze ai miei piedi.."
"Sei troppo esigente" gli rispondo ridendo.
"Non si deve mai essere troppo poco esigenti.
Quando sei al massimo, quello è il momento di lottare di più, sai?"
"Ora lo so." ammiro la sua convinzione ascoltandolo attentamente.
Guardiamo la folla sotto di noi, i clacson che suonano e un vociare distinto che galleggia per tutta la piazza.
"Cerca per avere di più, non accontentarti donzella, le persone straordinarie non si accontentano mai."
STAI LEGGENDO
take me out | måneskin
Fanfictiondove roma è dannata e spettacolare quasi come damiano