La notte è scura e il freddo appesantisce le mie guance, l'orologio segna le 2 e la stazione è deserta,
io pure.
Il padiglione degli arrivi indica che il mio treno sarà sul binario tra quindici minuti e così ammazzo il tempo: gioco con il fumo che esce dalla bocca, mordo le mie unghie innocenti, cambio canzone e poi ricomincio da capo, così fino a che non sento da lontano il fischio di una locomotiva.
Non c'è nessuno attorno a me e sono disorientata quanto emozionata, prego di aver messo abbastanza calzini pesanti dentro la valigia e con loro anche qualche sciarpa per sopravvivere al gelo notturno di Roma, ma le mie domande vengono bruscamente interrotte dalla voce registrata del binario, che inconsapevole di parlare solo per me, ripete l'avviso dell'arrivo del treno.
Il locomotore che mi si presenta davanti ha due piani: il più alto avente gli scompartimenti per la notte tenta la mia irrefrenabile voglia di dormire, ma scelgo comunque di rimanere in basso e mi siedo in un posto per quattro persone, nel quale faccio accomodare tutti i miei sensi di colpa che piano stanno arrivando nella parte destra del mio cervello, ma giusto il tempo di pensare troppo che il treno parte ed io con lui.
Non mi fermo mai ad osservare il mondo quando è buio, così mi appoggio al finestrino e lascio scorrere i pensieri. La notte è un megafono di emozioni: amplifica tutto ciò che c'è di vero, mi dicevano da bambina.
Lascio cullare questa immagine dalla riproduzione casuale e decido di far cantare per primo Frah Quintale con Nei Treni La Notte, adatta alla situazione.
Il mio bagaglio è sistemato a lato e lo zaino mi è di fianco: finalmente sono rilassata e i miei occhi lucidi riescono anche a chiudersi per qualche istante.
abbiamo visto i quartieri, i locali, i bicchieri spaccati e l'eroina sopra le stagnole
intono la melodia della canzone nella mia testa
camminavamo nei treni la notte per scrivere il nostro nome ed aggiungere un po' di colore
continuo senza fiatare
"perché quando guardo in cielo.." senza accorgermene la strofa mi esce dalla bocca e mi rendo conto di aver spezzato la quiete, mi maledico almeno quaranta volte e poi mi sfilo la cuffia per sentire il rumore del silenzio che nel frattempo è tornato esattamente come prima che io lo disturbassi.
"..non vedo più l'arcobaleno" mentre faccio per ritornare alla mia musica mi rendo conto che questa volta il suono non proviene da me e atterrita mi elevo il necessario dal sedile per controllare chi ci sia nel vagone che fino a dieci secondi fa credevo totalmente vuoto, ma rimango delusa: non vedo nessuno.
"Ma solo il fumo delle fabbriche!" la voce maschile diventa più graffiante e calca sulla b dell'ultima parola pronunciata, comincio ad agitarmi e credermi impazzita: continuo a non capire e per non sbagliare canto piano l'ultima frase del brano: "..vorrei sentirmi più leggero".
La figura misteriosa, recidiva mi segue e mescola la sua voce profonda alla mia debole, creando una melodia quasi dolce, intima.
Mi alzo in piedi del tutto, una sagoma appena due posti dietro il mio fa lo stesso, e i miei ricordi si fermano a quell'attimo.
Il ragazzo che ho di fronte non supera il metro e ottanta, ha i capelli disordinati e biondi, gli occhi profondi e le mani rovinate.
"Credevo di essere da sola" dico timidamente.
"Anch'io credevo che tu lo credessi" mi risponde subito, cerco di interpretare la sua frase e nel farlo perdo qualche secondo di lucidità.
"Comunque non è per spaventarte, ascoltavamo solo la stessa canzone" continua "e semo sullo stesso treno" fa una pausa "de notte", il suo accento mi fa sorridere.
Mi sorride indietro.
"Me sembrano requisiti sufficienti perché tu te venga a sedere accanto a me" dice infine.
Arrossisco visibilmente e prima di muovermi anche solo di un passo chiedo il suo nome.
"Damiano, me chiamo Damiano" e tende la mano verso la mia,
"Giulia" e ricambio la stretta.
Damiano mi aiuta a spostare le mie cose nel suo sedile e, con le gote ancora accese e la tensione a fior di pelle, mi siedo davanti a lui
con solo un tavolino che ci divide.
"Cosa ce fa una donzella come lei a bordo di uno sporco treno a quest'ora?" mi domanda con fare giocoso "se me posso permettere.." prosegue facendomi l'occhiolino.
"Le cose migliori succedono a quest'ora, Damiano" mi guarda e stupito fa per rispondermi, ma lo precedo "..e tu cosa ci fai qui?"
"Prima non lo sapevo bene, adesso credo perché le cose migliori succedono a quest'ora" replica sussurrando, soffia via una ciocca da davanti alle palpebre e appena dopo se le strofina, facendomi notare le occhiaie che ha sotto ad esse, ma i denti sono bianchi e le mascelle pronunciate.
"Di dove sei?" domando per non far morire la conversazione. "Trento" esclama ridendo.
Lo guardo e lui mi guarda
"Sono de Roma" dice tornando serio.
Avevo già capito, mi fermo a pensare per un attimo alla sua città. "E tu de dove?" mi chiede indietro.
"Fuori Bergamo".
Passata la vergogna iniziale e con lei anche un'ora di tempo, mi spoglio dell'incertezza e lui della sua felpa, rimanendo in t-shirt e legandosi poi i capelli in una coda alta e scombinata almeno quanto tutto il suo resto. Ha una personalità forte, mi spiega che ama se stesso ma che gli piacciono molte cose oltre lui stesso, così intanto mentre fuori le stazioni passano e l'orologio che ho al polso segna le quattro e mezza noi parliamo di Bergamo,
di Roma,
di me che voglio vedere Roma,
di posti lontani,
di poesie e di canzoni.
Mi racconta dei suoi,
di una festa,
della sua camicia preferita,
di una cicatrice a forma di medusa che ha grazie ad una medusa.
Il cellulare mi vibra in continuazione ma lo giro di faccia sul sedile per non sentirne la responsabilità addosso, e perché Damiano è più interessante.
Io gli dico che sto uscendo di testa,
che faccio le foto alle cose belle.
Lui prende la macchina e mentre sono distratta mi fa una foto.
Poi gli dico che parla troppo,
che mi sto annoiando perché sono due ore che sono seduta e allora prende il telefono e cerca la canzone di prima, alza il volume e si alza pure lui non curandosi della gente sopra che riposa, mi tende la mano e comincia a ballare scoordinato mentre ride di un riso sano e felice.
Lo seguo e, mente rido anche io, balliamo insieme sulle note di Quintale,
ti ho vista illuminarti all'alba
eri bella pure quando si son spenti i lampioni
rallentiamo cantando le parole
da qua c'è sempre chi scappa
alla mia età chi l'ha già fatto non ritorna mai
sposta i capelli dal mio viso,
guardo in basso e poi ricomincio a stonare tutte le note del pezzo, lasciando cantare lui che è molto meglio di me.
La luce del sole finalmente si materializza sui nostri volti e, mente faccio una giravolta, sento che tutto sta ricominciando ad iniziare.
Ci incrociamo gli occhi e ci fermiamo di scatto.
"Donzella, ma questa Roma ce la vuoi vedere con me?" mi chiede all'orecchio con la musica di sottofondo quasi terminata.
"Tu devi essere pazzo" rispondo allontanandomi.
"Ma tu puoi seguirmi finché non mi catturano e mi fanno fuori."
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take me out | måneskin
Fiksi Penggemardove roma è dannata e spettacolare quasi come damiano