La sera è scura ma brilla sulle luci di Trastevere, mille stradine si incontrano nella loro umidità e piante verdi incorniciano perfettamente il piccolo quadro.
Io e Damiano siamo quasi a sfiorarci le mani, toccando un po' ognuno la tensione dell'altro mentre camminiamo, perché le anime hanno un loro particolar modo d'intendersi, d'entrare in intimità, fino a darsi del tu, mentre le nostre persone sono tuttavia impacciate nel commercio delle parole comuni, nella schiavitù delle esigenze sociali.
Questa sera gli ho chiesto di portarmi fuori.
Ha indossato dei vestiti eleganti ma allo stesso tempo casual e adesso ci stiamo dirigendo verso uno dei suoi locali preferiti.
Lo stomaco è capovolto dall'agitazione e impacciata sui tacchi vertiginosi mi rendo conto di aver raggiunto l'altezza di lui accanto a me, quindi divertita lo prendo in giro spingendolo appena. Prego non faccia la stessa cosa mentre squadro il pavimento di sassi per prepararmi all'evenienza della caduta, ma di buon cuore vedo che decide di limitare la sua azione ad un sorriso.
"È la prima volta che usciamo di sera" affermo subito dopo.
"Di solito ho da fare" risponde glaciale con lo sguardo lontano dal mio.
L'aria si congela e annuisco silenziosa.
"Vuoi la giacca?" chiede qualche passo dopo come per scusarsi.
"No." replico ferma.
"Ok."
Passeggiamo ancora nella fredda notte e la ruga sul mio volto si infittisce sempre di più, cercando di capire cosa gli sia successo e tentando di frenare i brividi che mi fanno così tremare.
Rabbia, paura, confusione e altre emozioni si amplificano nella mia testa disordinata, fino a quando improvvisamente percepisco della calda stoffa abbracciarmi da dietro.
"Non farla ghiacciare, questa piccola anima.." sussurra al mio orecchio passandomi avanti privato della giacca che ora ho io sulle spalle.
Scuoto la testa, mentre mi lascio cullare dal tepore del cappotto oversize e lo raggiungo.
"Eccoci qua!" esclama indicando l'insegna del locale.
La musica ad alto volume si sente da fuori riportandomi indietro alla prima volta in discoteca, qualche anno fa trascinata dalle mie amiche.
Assieme a loro, riaffiorano anche i timpani spaccati, le gonne corte, qualche risata insieme e il profumo attraente di gioventù e spensieratezza, che adesso -ammetto a me stessa- non mi piace più come allora.
La mia adolescenza è rimasta ferma alla stazione dalla quale sono partita, sono arrivata a Roma dove tutto era grande e sono diventata grande anche io.
Avrò saltato qualche scalino, ma poco mi tange.
Ho scoperto che invece di non potercela fare, invece di morire, potevo vivere.
Vivere un sacco, vivere forte, confrontarmi con questi palazzi giganti e avere il potere dentro me di distruggerli e ricostruirli: la vita da adulta mi emoziona, e la notizia che da qualche giorno mi sto tenendo dentro anche più.
Così, una volta riavuta, prima di entrare, chiedo a Damiano di aspettarmi al bancone d'entrata.
Smarrito tace e in piedi si interrompe sull'uscio.
Domando senza che mi veda, una bottiglia di champagne con due bicchieri e un tavolo, il quale pago orgogliosamente dal mio portafoglio sfoggiando il più felice dei sorrisi al barista che gentile, ricambia.
"E questi dove li hai presi?" chiede il biondo arrivando verso di me con aria stupita.
"Stasera offro io" replico entusiasta.
Mi guarda interrogativo ed estrae dalla sua tasca il portafoglio maschile.
"Quanto li hai pagati?" chiede nervoso.
"Ho detto che stasera offro io!" rispondo trascinandolo al tavolo riservato.
Sono raggiante, ma Damiano sembra non condividere la mia emozione e continua a guardarsi intorno in cerca di una spiegazione plausibile.
"Non puoi permetterti questa roba." afferma qualche secondo dopo.
"E tu cosa ne sai di cosa posso o non posso permettermi?" controbatto alterata sistemando la sedia sulla quale sono seduta.
"Hai speso tutti i tuoi soldi per quegli stupidi souvenir che ti avevo detto di non comprare." continua abbassando il volume della voce.
Attimi di vuoto echeggiano tra di noi e il mio entusiasmo a poco a poco riesce a toccar terra.
"Ho un lavoro, Damiano."
All'improvviso sgrana gli occhi, appoggia i gomiti sul legno e mi fissa per un numero specifico di tempo che a me pare l'infinito.
"Cosa hai detto?" dice sbigottito.
Mi maledico per non aver aspettato il momento giusto e tento di mettere insieme qualche parola.
"Ho detto che ho un lavoro, faccio la fotografa agli eventi" mi fermo per guardare la sua espressione, che non cambia.
"Un paio di settimane fa mentre eri fuori chissà dove a fare chissà che cosa, ho trovato un annuncio nella bacheca del parco e tanto per tentare ho telefonato.." continuo "..e, ancora una volta, mentre tu eri fuori chissà dove a fare chissà che cosa, il telefono ha squillato, e dopo la richiesta d'applicazione e un colloquio mi hanno presa."
Lo sguardo incredulo del ragazzo a tratti mi terrorizza, non sono capace di percepire le sue prossime mosse e nemmeno di intuire cosa stia pensando.
"Volevo dirtelo tra qualche giorno, quando sarebbe arrivata la fine del mese e con lei anche la prima occasione di pagarti l'affitto, ma non ho davvero saputo resist.." metto la mano sulla sua.
"L'affitto?" mi interrompe fermando immediatamente il contatto delle nostre dita e mostrando finalmente un segno, anche se non positivo, di vitalità.
"Tu non mi pagherai nessun affitto" prosegue.
"Certo che te lo pagherò, questo era il patto." dico dopo di lui.
Si alza di scatto e si dirige al bancone, lascio passare un po' e lo raggiungo.
I minuti scorrono nell'imbarazzo e mentre la musica comincia ad alzarsi il barista gli porta del whisky senza ghiaccio che beve tutto d'un fiato senza vergogna.
Al quinto drink, i suoi occhi sono come sbarrati da una corazza violenta, che fissa un po' me, un po' il niente, e di nuovo me.
"Io non sono un fallito, tu non puoi non aver più bisogno di me, scaricarmi!" esclama ad un certo punto.
"Non ho mai detto che sei un fallito." rispondo subito avvicinandomi, sperando non si chiuda di nuovo nel silenzio come appena prima.
Continuando a buttare giù alcolici, non dice più una sola parola.
"Smettila di bere, Damiano.." affermo mentre gli prendo il bicchiere dalle mani "..parla con me!" continuo a voce troppo alta per i gusti di chi ci sta intorno.
Con gli occhi carichi di sangue salta dalla sedia e poi ci sale in piedi.
"É nel mio silenzio che varco mondi inesistenti ad occhio nudo dove nessuno può vedere ciò che nascondo nel mio Io più profondo. Danzo fra i pensieri più oscuri della mia mente fino ad estraniarmi dalla realtà, non c'è più nulla di cui ho bisogno. Mi nutro di pensieri autodistruttivi e li inseguo fino ad amarli!" recita urlando e ridendo mettendomi sempre più a disagio.
"Sei ubriaco, te ne prego, scendi da quella sedia.." sussurro desiderando che mi ascolti.
"Io sono Damiano, e tu, puttana, ridammi il bicchiere e ricordati che non sono un fallito!"
Un senso di rabbia mi pervade e non riesco a mantenere più la mia bocca chiusa.
"Puttana?" grido spingendolo e facendo traballare la seggiola.
"Oh si, sei una puttana, e io non sono un fallito!" esclama nuovamente.
"Guardati! Sembri una tutta equilibrata, ma in realtà sei emotivamente disturbata!" continua citando la frase di un autore tedesco.
Mi alzo in piedi e lo prendo per la manica costringendolo a scendere, guardandolo dritto nelle pupille e versandogli il resto della sua bevanda fredda in faccia.
"Bukowski, eh?" chiedo ironica.
"Non c'è niente di meglio che tu possa fare? No, Damiano? Niente?" continuo.
Mi guarda attonito.
"Bene, se non c'è niente di meglio che tu possa fare, e dato che tutti ci stanno guardando già da un bel pezzo, mi sembra corretto mettere le cose in chiaro." dico mai mollando la presa e mantenendo il contatto visivo.
"Bukowski era un po' come te, sai? Un grande artista, un gran maledetto e affascinante artista, pieno di vizi, di cose proibite. Ed era meravigliosamente attraente, mi sbaglio?" pongo la domanda in maniera retorica e mi rispondo "Non mi sbaglio! non mi sbaglio affatto, sai? E tu sei come lui, un grande artista, fascinoso e dalle parole pungenti."
Sorride, inconsapevole e sbronzo.
"Bukowski però era un fallito, un alcolista e circondato da puttane." continuo squadrando la sua figura.
"Tu sei come lui anche se non vuoi, sei un fallito, ma io non sono la tua puttana." termino scuotendo la testa e lasciando che mi guardi il tempo necessario per realizzare di aver terminato le parole.
"Sai difenderti bene, piccola.." si avvicina come per stamparmi un bacio.
L'odore di alcol mi sprofonda nelle narici e mi fa venire la nausea, lo respingo immediatamente e me ne vado.
Mi chiudo nella toilette come fossi fatta di vetro fragile, camminando piano, distrutta e confusa.***
hi there,
fatemi ASSOLUTAMENTE sapere che cosa ne pensate del capitolo e di questa strana versione nascosta di Damiano!
è una parte della storia che personalmente odio, perché non ritrae la verità sul conto del nostro bel frontman, ma che purtroppo era necessaria per il seguito del racconto, presto si scopriranno tante tante cose, quindi stay tuned. X