cap 20 Firenze

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LUCE

Milano, 27 maggio

Preparo la valigia ripensando a ieri sera, è stato bello vedere Tayler e Andrea insieme, il mio amico è entrato subito in sintonia con Savieri e la cosa non può che farmi piacere.

Insieme quei due sono incontenibili mi hanno fatto ridere senza sosta, solo con Jeremy e Giovanni ho visto Tay altrettanto rilassato, e in quanto allo stilista non pensavo che dietro la sua prestanza e la sua professionalità nascondesse anche un lato divertente.

Andrea si è rivelato una boccata d'ossigeno e sono felice che ci raggiungerà a Firenze, con lui accanto sopportare la vicinanza di Manuel sarà meno ardua come impresa.

Pronta ad andare in aeroporto, raggiungo Tay nella hall.

Il viaggio in auto è silenzioso, il corpo del mio amico tradisce tutta la sua ansia. Non è solo lui ad aver imparato a riconoscere il mio umore, ma anch'io il suo. Aspetto che decida di parlarmi, di mettermi al corrente di ciò che lo turba, ma quando vedo che si ostina a rimanere muto come un pesce, lo metto sotto torchio.

Gli rifilo una domanda dietro l'altra, facendo ipotesi e osservando le espressioni del suo volto fin quando non trovo il tasto dolente.

"Se non riguarda te allora è di me che si tratta, vero? L'ultima volta che ti ho visto quell'espressione in volto è stato per il processo."

Sospira Tayler, colto in flagrante cerca di convincermi ad aspettare di essere a casa per parlarne, ma io voglio sapere subito e insisto.

"Nicolò mi ha avvertito solo per precauzione, vuole essere lui a spiegarti tutto, non insistere per favore."

Prendo il telefono dalla borsa quando ormai siamo arrivati a Malpensa, faccio il numero del mio migliore amico stavolta intenzionata a tagliargli la testa, omissioni e bugie stanno diventando il suo pane quotidiano quando si tratta di me.

Risponde al secondo squillo: "Vedo che mio cognato non sa tenere la bocca chiusa." Esclama saltando i convenevoli.

"E tu invece non hai ancora capito quanto mi fai arrabbiare quando mi nascondi le cose." Rispondo a tono.

"Tra un paio d'ore sei qui, ne parliamo quando arrivi, ti aspetto in aeroporto."

"Tu mi dici tutto adesso, altrimenti conviene che non ti fai proprio trovare."

Resta zitto, credo stia soppesando le sue alternative, alla fine mentre sto già facendo la fila per il check-in  sputa il rospo: "A Sofia sono stati concessi dei permessi lavorativi fuori dalla struttura detentiva, verrà sorvegliata per i primi tempi e non potrà restare lontana dal centro per più di quattro ore. Vogliono dimostrare che è guarita e iniziare un processo di reinserimento nella società."

Sono io a non saper più che dire quando finisce di parlare, non riesco neanche a realizzare le implicazioni di quanto mi ha appena comunicato, so solo che lo saluto e ripongo il telefono nella borsa. Mi volto a cercare Tayler e lo scorgo vicino ad Andrea, non riesco a raggiungerli perché ancora una volta le sensazioni hanno preso il sopravvento. L'ansia, la paura e il senso d'impotenza anticipano il panico, la vista si offusca e cuore e respiro accelerano, capisco che sono sul punto di svenire, ma non faccio in tempo a chiamare aiuto.

Quando riapro gli occhi, mi ritrovo stretta tra le braccia di Andrea, Tayler è di fronte a me con il telefono in mano, lo sento salutare Nico e lo vedo rivolgere a me tutta la sua attenzione.

"Sto bene." Gli dico per rassicurarlo e poi mi volto a guardare il tabellone per le partenze, con ancora qualche difficoltà a mettere a fuoco ciò che mi circonda, non riesco a capire se il nostro volo è già partito o no.

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