Capitolo 2

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SASUKE

Ero fisicamente e mentalmente distrutto, i tempi di lavoro erano estenuanti e i turni extra per arrotondare non aiutavano la mia psiche. Ripensai alla giornata trascorsa, ed a come nell'arco di quattro anni le cose fossero cambiate. Prima della morte di mio padre, io e mio fratello frequentavamo le scuole più prestigiose di Washington essendo una famiglia molto facoltosa.

Oltre a possedere la fabbrica di armi, mio padre era un azionario a Wall Street, ma quando nel 29 ci fu il crollo, tutte le azioni in nostro possesso divennero nulle, ipotecando anche la fabbrica. Mio padre per la disperazione e per il fallimento si suicidò, non riusciva a sopportare il peso del fallimento. Era uomo estremante orgoglioso, soprattutto dopo che tornò dalla guerra. E dopo la sua morte io e mio fratello rimanemmo soli, ci rimaneva solo un pezzo di carta del diploma.

Odiavo rivangare il passato, anche perché tali pensieri mi rendevano cupo, quindi decisi di farmi una doccia per scacciare i pensieri. Dai pensieri del passato tornai a cosa era successo a lavoro ai miei colleghi che mi stavano tutti altamente sul cazzo, a cosa avevo mangiato oggi e tante altre sciocchezze, ma il punto predominante era sempre lei. Non so perché ma non riuscivo a non pensarla, i suoi occhi magnetici mi avevano catturato e quei capelli rosa mi incuriosivano, voleva sapere tutto di lei ma era impossibile, era comunque la figlia del capo.

Entrai nella doccia, l'acqua era gelida, come piace a me o meglio quel contatto freddo sulla pelle mi distraeva da tutto e da tutti. Pensai a noi due sotto la doccia, le mie labbra che le baciavano la pelle morbida, i capelli attaccati al volto, il suo continuo sussultare al mio tocco. Ritornai subito in me;

" Cazzo non posso fare pensieri del genere!" non era da me fantasticare.

Uscito dalla doccia avvolsi un asciugamano attorno al ventre e mi buttai a capofitto sul letto ancora con i capelli bagnati. Ormai era diventati così lunghi da copiarmi parte del lato sinistro del volto, ma non avevo voglia di tagliarli. Passai il resto della sera a tormentarmi finché non mi addormentai.

SAKURA

Erano giorni che tormentavo mio padre per riportami alla fabbrica.

"-Sakura non capisco tutto questo tuo desiderio di ritornare in fabbrica..."

-"Padre solamente mi sono interessata all'attività di famiglia..."

In realtà era una bugia, volevo solamente tornare in quella fabbrica per rincontrarlo.

Dopo tante richieste mio padre accettò di portami con lui in fabbrica, a condizione di aiutarlo con le scartoffie e i vari affari interni. Ero quasi emozionata il primo giorno di "lavoro" ma dovevo concentrarmi per non dare nell'occhio. Anche se mio padre aveva notato questo mio entusiasmo soprattutto quando mi preparavo la mattina.

"Sakura non c'è bisogno che ti trucchi o altro, devi venire solo in fabbrica "

Ed in effetti aveva ragione, ma volevo essere il più carina possibile.

Come di routine raccolsi i miei folti capelli rosa in un semi raccolto, mi piaceva portarli legati solamente avanti con due traccia laterali che si congiungono sulla nuca. Indossai un vestito turchese lungo poco più delle ginocchia e la mia immancabile collana, un rombo fucsia.

Ma i giorni passarono e di lui nessuna traccia, avevo cercato in ogni reparto ma era come se fosse volatilizzato. Ero demoralizzata, come se mi fossi sognata il nostro incontro, ma mio padre interruppe il mio monologo interiore.

"-Sakura recati nel reparto magazzino per prendermi un modello di fucile."

Mi chiese

"-Certo padre...chi mi ha fatto lavorare qua dentro, se odio profondamente le armi..."

Sospirai con aria afflitta. Ormai avevo perso le speranze ma neppure il tempo di terminare la frase che caddi a te terra.

-" cazzo, possibile che devo sempre cadere in questa fabbrica"

Non elaborai subito su cosa fossi caduta, fino a quando non sentii;

"-Possibile che dobbiamo incontrarci sempre in questo modo?"

Riconobbi subito quella voce. Il mio viso era diventato bordeaux per la vergogna, ma riprendendo il controllo di me stessa risposi;

"-Non è colpa mia se non guardi dove cammini!"

Anche se in quel momento non avevo un minimo di controllo.

"-Colpa mia? Se non fosse stato per me , il tuo sontuoso vestivo si sarebbe sporcato toccando il pavimento!"

"-Non credo proprio."

E mi avvicinai per diminuire la distanza fisica tra di noi. Non mi resi conto di cosa stavo facendo, non sono mai stata un tipo sfacciato. I nostri visi erano a meno di cinque centimetri di distanza, eravamo vicini, molto vicini. Le nostre labbra erano poco distanti l'uno dall'altra, riuscivo a percepire il suo respiro, i suoi occhi neri che mi guardavano dell'alto.

Fino a quando non fummo interrotti da una voce

"-Signorina Haruno suo padre la sta cercando."

Maledetto, pensai nella mia mente. Ci scambiammo un ultimo sguardo.

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